Storie agricole

L'insospettabile borgo lucano che sfida Bronte con il suo pistacchio

Una storia di famiglia, trent’anni di coltivazioni e un frutto che sta conquistando gelaterie e chef in tutta Italia

  • 08 Settembre, 2025

Dici pistacchio e la geolocalizzazione è immediata: Bronte. Eppure, c’è un piccolo paese della Basilicata che potrebbe insidiare la notorietà della cittadina siciliana. Parliamo di Stigliano, in provincia di Matera. Attualmente, dopo Bronte, è la località con la maggiore produzione di pistacchio in Italia, anche se i volumi siciliani rimangono difficili da raggiungere.

A onor del vero, anche in Puglia, Toscana e Calabria esistono piantagioni di pistacchio, ma sono ancora poco produttive a causa della recente coltivazione. Come spiega Vincenzo Ricciuti dell’azienda agricola Vincenzo Maria Ricciuti di Stigliano: «La pianta è molto lenta. Dieci anni sono i tempi minimi per avere una produzione economicamente sostenibile». Sulla pianta, già dal quarto o quinto anno dalla coltivazione, è possibile ottenere i primi frutti, ma la quantità non compensa ancora i costi di produzione. Ricciuti è oggi il capostipite di una famiglia che ha introdotto il pistacchio in Basilicata per la prima volta.

Pistacchio lucano: una storia di famiglia

Negli anni Novanta, i fratelli Innocenzo e Nicola Colangelo decisero di piantare alberi di pistacchio nella tenuta agricola di famiglia. Partirono per la Grecia per incontrare un grande esperto di agronomia, il rettore dell’Università di Atene, che approvò la coltivazione in Italia. I giovani alberi di pistacchio arrivarono al porto di Brindisi e furono trasportati in Contrada Sauro-Capalbi, nel territorio di Stigliano, a 350 metri sul livello del mare. Qui ebbe inizio la nuova avventura agricola della famiglia Colangelo.

«Si è partiti con 5 ettari e oggi siamo arrivati a 30 ettari di pistacchieto», racconta Vincenzo Ricciuti, agronomo e cugino dei Colangelo, che ha preso le redini dell’azienda familiare, oggi estesa su 400 ettari di coltivazioni varie. Ricciuti porta avanti il nome del pistacchio di Stigliano, implementando la produzione con nuovi impianti fino al 2017, anno dell’ultimo reimpianto.

Il pistacchio di Stigliano

A Stigliano operano altre aziende che sperimentano la coltivazione del pistacchio, ma con produzioni ancora molto basse e impianti recenti (2016-2017). L’azienda Ricciuti, invece, raggiunge circa 300 tonnellate all’anno. Qui si predilige la varietà greca, Egina, distinta dalla varietà bianca napoletana coltivata in Sicilia. La varietà egina è più grande, dal sapore meno intenso e si presta al consumo diretto, mentre la versione siciliana ha un gusto più marcato e una maggiore quantità di oli, entrambe ottime per la trasformazione.

La raccolta avviene a settembre e viene effettuata meccanicamente con scuotitori. Come per le mandorle, i pistacchi si trovano all’interno del mallo e, dopo la raccolta, si procede alla smallatura e all’essiccazione con guscio. Successivamente sono pronti per la commercializzazione, mentre alcune aziende dispongono di macchine per lo sgusciamento.

Al momento, il pistacchio di Stigliano non ha ancora la stessa fama di quello di Bronte. Come sottolinea Ricciuti: «Non esiste ancora un consorzio e la produzione è concentrata principalmente sulla mia azienda e su altre realtà di piccole dimensioni». Nonostante ciò, il pistacchio lucano sta guadagnando terreno: molte gelaterie e aziende del nord Italia – Milano, Torino, Firenze – lo hanno scelto per le sue proprietà. Va ricordato, però, che non tutto il pistacchio presente in supermercati o gelaterie è italiano: Turchia, Iran e California sono anch’essi grandi produttori. In Italia, le realtà principali si concentrano in Sicilia, Basilicata e alcune altre regioni. E non c’è nulla di male nel dichiarare l’utilizzo di pistacchio estero: la trasparenza fa parte del rispetto per il consumatore e per il prodotto.

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