Ogni anno, da quasi quarant’anni, dal 10 al 14 agosto (date fisse) in un paesino del Salento di 1.500 abitanti va in scena un evento che è addirittura oggetto di studio socio-economico da parte dell’Università La Sapienza di Roma. A metterlo su, non un’agenzia di organizzazione di grandi eventi, ma una semplice Pro.Loco (Cerceto). La Festa della Municeddha (lumaca, in salentino) che si tiene a Cannole (Lecce), registra numeri impressionanti sia in fatto di partecipazioni – in media 100mila presenze in soli cinque giorni che nemmeno lo stadio San Siro di Milano o l’Olimpico a Roma riescono a contenere – sia in fatto di quantità di cibo erogate: 40 quintali di municeddhe, 25 quintali circa di ortaggi, 120 chili di alici sotto sale; 80 chili di ricotta forte; 15 quintali di farina; 40 quintali di pane di grano e panini – sia in fatto di volontari che lavorano fra preparazione delle pietanze e servizio: almeno 250 persone.
La festa nasce nel 1985: «Da un’idea di un gruppo di amici di dare vita a una Pro.Loco e promuovere il territorio dandogli visibilità con qualcosa che avesse un forte legame identitario», spiega lo staff organizzativo della festa. A quel punto, gli amici si mettono a tavolino e scelgono un prodotto rappresentativo di Cannole e dei suoi abitanti: le lumache. La preferenza ricade su un prodotto più nobile rispetto alle specie comune di molluschi, ossia municeddhe (nome tecnico, Helix aperta), chiamate così per via dell’opercolo, quella patina bianca che si forma sull’apertura del guscio e che serve per proteggersi durante il letargo, un po’ come il copricapo indossato dalle monache.
«L’appellativo è rappresentativo degli abitanti di Cannole, chiamati cuzzari, ossia raccoglitori di lumache», spiegano dallo staff della festa. In effetti, una leggenda racconta che durante la processione di San Vincenzo, patrono di Cannole, i religiosi che accompagnavano la statua del santo, colti da un’improvvisa pioggia e impediti nel prosieguo della cerimonia, approfittano del clima umido per andare a raccogliere lumache, che usano uscire allo scoperto proprio quando il clima è umido per andare a cercare cibo.
Le protagoniste della festa sono le municeddhe che vengono preparate in tre varianti: «Alla cannolese, con cipolla e sfumate con vino rosso; poi con il sugo e infine arrostite», spiega lo staff della festa. In quest’ultima versione, il processo è certosino: «Si selezionano quelle di dimensioni più grandi, vengono lavate e arrostite senza che venga tolto l’opercolo. A quel punto vengono servite nel piatto con un pugnetto di pepe, uno di sale e uno stuzzicadenti».
La maniera per mangiarle è un atto di pazienza: si elimina l’opercolo con le dita, si tira fuori il mollusco con lo stuzzicadenti, si fa un piccolo passaggio prima sul sale e poi sul pepe, e si degusta. Oltre alle municeddhe, la festa è l’occasione per mangiare altre specialità tipiche salentine come i tradizionali pezzetti di cavallo, carne equina servita con sugo; pitta rustica, antipasto del contadino con melanzane grigliate, peperoni con mollica di pane; arrosti misti con capocollo, fettina di cavallo, salsiccia e pane di grano con alici e ricotta forte.
Dai tempi dei vecchi cuzzari cannolesi a oggi, i tempi sono cambiati e quando la festa è diventata di grossa portata, si è messa in moto una macchina perfetta di produzione delle lumache. C’è un folto gruppo di contadini che alleva municeddhe durante l’anno in vista dell’evento estivo: «Vengono raccolte nei carciofeti del territorio e messa ad allevare a terra coperte. Loro, poi, vanno in letargo e in questa stagione vengono tirate via per la festa», racconta lo staff.
Sono circa 250 i volontari che partecipano al servizio della festa. Si va da donne a uomini, da bambini ad anziani, fino ai giovani fuorisede che tornano per l’estate nel paese di origine. E li vedi tutti impegnati in qualche attività: chi alla cassa, chi a sbarazzare i tavoli, chi a servire piatti. «È una vera e propria festa di comunità, tutti si sentono coinvolti nel progetto e tutti vogliono dare un contributo e, pur se non vengono retribuiti con denaro, la Pro.Loco offre comunque un riconoscimento a chi ha lavorato alla festa, gratificandolo con un grande viaggio, siamo stati in crociera nel Mediterraneo, in Grecia. Il viaggio diventa un altro momento comunitario», spiega lo staff.
Eppure, la Festa della Municeddha è sempre così utile negli anni, che grazie ai proventi, si finanziano ristrutturazioni o lavori per la comunità di paese: «Abbiamo restaurato la chiesetta Madonna di Costantinopoli, e un lavoro fatto su tela della chiesa patronale». La festa ha ottenuto proprio quest’anno il riconoscimento come sagra di qualità dall’Unpli (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia). Oltre al cibo, la festa è anche intrattenimento. Su un grande palco si esibiscono varie band, spesso di musica tipica salentina e la novità di quest’anno è il cocktail bar con il dj set: «Per coinvolgere i giovani, abbiamo deciso di coprire la fascia notturna dalle 23 all’1 che possono ascoltare musica e chiacchierare davanti a un drink», spiega lo staff. Una festa diventata talmente grande – e pensare che si è partiti da una distribuzione di cento chili di lumache per arrivare a quaranta quintali consumati in cinque giorni – che alcuni turisti scelgono il Salento come meta, solo per partecipare a questo grande piccolo evento.
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