Umbria, «Cuore verde d’Italia». Ma anche tanto gusto, quello di una cucina sincera, “genuina”, fatta di sapori decisi che raccontano tradizioni dalle radici povere e contadine. Una cultura culinaria da cui derivano un’infinità di ricette diventate patrimonio nazionale, a partire dai piatti di terra strutturati a base di legumi, cereali, tartufo e selvaggina. Per non trascurare poi la lunga storia di norcini. Un’identità artigiana sulla quale si è edificata la narrazione di una cittadina — Norcia — e di marchi e produzioni a essa riconducibili, come il prosciutto crudo. Vogliamo parlare invece della qualità dell’olio Evo o delle generazioni di piccoli viticultori? Insomma, un repertorio robusto e corposo, cui ci si affeziona facilmente. E proprio da questo profondo substrato enogastronomico origina una specialità che sembra ormai depennata dalla rubrica dei classici del territorio, gli umbricelli col rancetto, una specie di amatriciana antispreco di cui si hanno sempre meno tracce. Ad oggi si trova giusto con Google. Questo è quanto hanno lasciato intendere alcuni ristoratori. Ma è davvero così?
Nell’alveo delle paste acqua e farina, stese a mano da nonne, madri, figlie e nipoti umbre, un tempo c’erano pure gli umbricelli da fare col rancetto, sostituiti progressivamente nel formato (spaghetti o altra tipologia, industriale e non), fino a essere soppiantati in toto dagli altri primi del Centro Italia. Può darsi che negli anni il condimento sia stato ritenuto obsoleto. In effetti, non è che sia aderente al gusto e all’esigenza di salubrità contemporanei: il rancetto, la pancetta cioè “invecchiata”, con quella sensazione di rancido che assale il palato, dovuta all’eccessiva maturazione della carne, oggi sarebbe in grado di mettere a disagio molti. E talvolta non basta nemmeno la previa pulizia del salume (l’asportazione delle parti ossidate), contromisura risultato di uno sguardo più moderno e consapevole rispetto alla materia prima. Indicativo il feedback di un cliente riportatoci da Cristina Rastelli, tra i familiari a capo della trattoria spoletina Il Capanno: «Mi è capitato che qualcuno avesse da ridire. Mi ha riferito che la pasta sapeva di rancido. Ho provato a spiegargli che la pancetta “saltata”, per quanto pulita prima della cottura, conserva sempre questo sentore, riconducibile alla pezzatura più grande della parte dell’animale che richiede una stagionatura più lunga. Purtroppo adesso non è facile far capire alle persone che tale caratteristica in realtà è identitaria. Tant’è che qualche ristoratore della vecchia leva la considera un pregio. Eppure non è raro che si faccia passare per incuranza del locale».
Cristina Rastelli, cuoca de Il Capanno
Storicamente, si tratta di una preparazione derivante dalla necessità di non sprecare il poco cibo che si aveva. La ratio era quella del recupero, in linea con il detto popolare «del maiale non si butta via niente». Soprattutto perché prima l’abbondanza non era contemplata. Di certo, non in contesti rurali di ristrettezza economica in cui ciò che si mangiava era frutto del proprio raccolto o allevamento. A sentire il cuoco della locanda Stella di Perugia, Nicola Passarelli, non ci si allontana molto dallo scenario di una ricetta “fantasma”: «Faccio questo lavoro da più di quarant’anni e non mi è mai capitato di vederla sui menu. Anche se so che in tempi recenti la preparava a Torgiano lo chef del resort Le Tre Vaselle, struttura ricettiva di proprietà della cantina Lungarotti. Per una sorta di cannibalismo — sopravvive il più forte — altrove è stata scalzata dall’amatriciana. Che poi, delle volte in cui ne ho sentito parlare a livello locale, veniva fuori come un’amatriciana più profumata. Gli ingredienti, tutti poveri e nella disponibilità dei contadini, sono praticamente gli stessi. La differenza principale sta nella pancetta irrancidita al posto del guanciale». A guardare sul web il modo in cui la si cucina sarebbe codificato: insieme al taglio suino finiscono in padella anche cipolla, pomodoro e maggiorana fresca. A chiudere una dose generosa di pecorino grattugiato. La ricetta tipo è sempre questa qui, versione dominante che forse non tiene conto della stagionalità e del contesto vissuto dai mezzadri, che utilizzavano gli ortaggi che c’erano e non solo il pomodoro.
umbricello col rancetto @numerozero
Come spesso avviene, internet offre una rappresentazione che cozza con la realtà. In tal senso, a navigare in rete, Col rancetto pare un solido caposaldo della tradizione umbra univocamente riconosciuto. Cosa che nei fatti si fatica a riscontrare. Non può essere una statistica irrilevante se ci sono ristoranti con piatti del territorio nei quali della ricetta non vi è neppure l’ombra. Per non parlare del fatto che di luogo in luogo le differenze possano risultano significative, dal formato di pasta scelto agli ingredienti che si decidono di utilizzare insieme alla pancetta. Il panorama attuale ci dice questo. Di pari passo, non possiamo ragionare in termini assoluti e affermare che sia venuta meno; non del tutto, non ovunque. A Spoleto e dintorni, area da cui si crede provenga, continua a essere riproposta tanto nella cucina casalinga di tutti i giorni quanto nelle trattorie. Magari avrà perso i suoi tratti originari e se ne fa un’interpretazione diversa da quella che si trova online. Tuttavia «non è vero che è scomparsa», ci tiene a chiarire Rastelli. «Da noi, per esempio, è un fuori carta. La facciamo in bianco, con strangozzi e asparagi. Oppure, in base alla stagione, la rivisitiamo con spaghetti alla chitarra, pomodori di collina e guanciale. Proviamo a smussare gli eccessi di quei piatti tradizionali considerati da molti superati, ripresentandoli con una maggiore digeribilità, senza sacrificarne però la succulenza. Ormai non c’è altro modo: le pietanze vanno alleggerite. Poi, se me la chiedono come si faceva una volta, la preparo più che volentieri».
© Gambero Rosso SPA 2025
P.lva 06051141007 Codice SDI: RWB54P8 Gambero Rosso registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati