In collaborazione con Cantele
«Non siamo nati viticoltori, ma abbiamo imparato a esserlo osservando chi, da sempre, coltiva la vigna in Salento con rispetto e passione familiare. Insieme a questi viticoltori facciamo squadra, cresciamo e guardiamo al futuro con un obiettivo chiaro: rendere la nostra produzione sempre più sostenibile, unendo rispetto per la tradizione, progresso tecnologico e impegno verso l’ambiente». A parlare è Gianni Cantele, winemaker e responsabile della produzione dell’azienda di famiglia con sede a Guagnano in provincia di Lecce, regno incontrastato di negroamaro, primitivo, verdeca e susumaniello.
Una storia che inizia con una migrazione al contrario quando nel 1950 Giovanni Battista Cantele, commerciante di vino di origini venete, si trasferisce con la moglie Teresa Manara in Salento, terra che aveva irresistibilmente conquistato la giovane coppia in occasione di un viaggio di lavoro. Oggi l’azienda, fondata nel 1979 dai figli Augusto e Domenico, è guidata da quattro cugini, terza generazione della famiglia: Gianni e Paolo, figli di Augusto, e Umberto e Luisa, figli di Domenico. Sotto la direzione dell’agronomo salentino Cataldo Ferrari, dal 2004 Cantele avvia un programma di gestione agronomica dei vigneti, con l’obiettivo di ottenere produzioni di qualità superiore, minimizzando l’impatto sull’ambiente e la presenza di residui fitosanitari nel vino.
«Nei nostri vigneti – racconta Gianni Cantele – è stato bandito il diserbo chimico, sostituito da lavorazioni meccaniche e zappettature manuali. Per fronteggiare i problemi connessi al riscaldamento globale è stato implementato un sistema di monitoraggio costante dei parametri delle condizioni ambientali e del terreno. I dati ottenuti vengono utilizzati in modelli previsionali per la determinazione delle opportune strategie. Ogni sforzo è mirato alla prevenzione della insorgenza delle principali avversità della vite e al loro contrasto attraverso l’utilizzo preferenziale di mezzi agronomici, fisici, biologici e biotecnologici».
La famiglia Cantele ha sempre creduto nell’importanza della ricerca, alla quale contribuisce attraverso partnership con le università e il Consiglio Nazionale delle Ricerche per migliorare le tecnologie di vinificazione nonché la qualità e la sicurezza dei vini prodotti. «Negli ultimi 20 anni – racconta Gianni Cantele – la nostra azienda ha collaborato a diversi progetti di ricerca sulla riduzione del rischio da micotossine, sull’isolamento e riproduzione di ceppi di lievito autoctono da uve negroamaro, sulle deviazioni organolettiche dovute a lieviti della specie brettanomyces e, più recentemente, sull’individuazione di nuove tecnologie di filtrazione che migliorano la qualità dei mosti e non producono scarti che richiedono smaltimento come rifiuto pericoloso».
Gianni Cantele
L’attenzione per la sostenibilità è evidente anche in cantina in cui vengono messi in pratica protocolli per il risparmio idrico ed energetico. Nel 2023, grazie al progetto Agrisolare, è stato ampliato l’impianto fotovoltaico esistente utilizzando l’intera superficie del tetto generando così la metà del fabbisogno elettrico per la produzione. Aggiunge Gianni Cantele: «Attualmente siamo coinvolti in progetti di ricerca con l’Università di Milano, l’Università del Salento, il Consiglio nazionale delle ricerche e il Centro mediterraneo sui cambiamenti climatici. In questo modo, continuiamo a costruire il futuro della nostra azienda: un futuro che unisce tradizione, innovazione e sostenibilità, dove ogni bottiglia racconta una storia di passione, ricerca e rispetto per la terra».
L’azienda conta su 50 ettari di proprietà e circa 100 in conduzione, tutti coltivati secondo i principi della difesa integrata volontaria, basata sul monitoraggio costante di insetti e patogeni, sulla prevenzione tramite pratiche agronomiche come la potatura e la gestione del suolo, sull’uso di organismi utili che agiscono come antagonisti naturali dei parassiti, su tecnologie avanzate come modelli previsionali, immagini satellitari e sensori.
«È una strategia – spiega Gianni Cantele – che combina metodi agronomici, biologici e chimici per proteggere la vite da parassiti e malattie, riducendo al minimo l’impatto ambientale. Fondamentale per diversi motivi: riduce l’uso di fitofarmaci di sintesi, preserva la biodiversità e mantiene l’equilibrio naturale dell’ecosistema, favorisce una produzione sostenibile, migliora la qualità dell’uva e tutela la salute dell’ambiente e dei consumatori, aiuta infine a prevenire la resistenza dei patogeni ai prodotti chimici, garantendo una difesa più efficace e duratura nel tempo». Insomma, al centro di tutto resta la dimensione agronomica, pilastro di una viticoltura sostenibile e di qualità.
In questo sistema è cruciale il momento della vendemmia che qui inizia i primi giorni di agosto e termina generalmente a inizio ottobre. Le uve dei vigneti più giovani, che rappresentano circa il 50% del totale, vengono raccolte meccanicamente, mentre le vigne più vecchie sono vendemmiate manualmente. Spiega Gianni Cantele: «La vendemmia manuale consente una selezione accurata dei grappoli già in vigna, riducendo il rischio di danneggiamento dell’uva; tuttavia, è più lenta, costosa e maggiormente soggetta a interruzioni dovute alle condizioni climatiche. La vendemmia meccanizzata offre diversi vantaggi, particolarmente utili in una regione come la nostra, caratterizzata da estati calde e siccitose. Questa opzione, infatti, ci permette di raccogliere l’uva nelle ore notturne, riducendo il fabbisogno energetico necessario all’abbattimento della temperatura delle uve a inizio fermentazione».
Per entrambe le tecniche di vendemmia l’azienda ha scelto di ricorrere alla bioprotezione. Di che cosa si tratta? «La bioprotezione con lieviti non-saccharomyces – spiega Cantele – è una tecnica innovativa utilizzata e per ridurre l’uso di solfiti (SO?) nei mosti, migliorando al contempo la qualità del vino. Lieviti non-saccharomyces vengono aggiunti direttamente sui grappoli appena raccolti nei contenitori di trasporto o inoculati precocemente nel mosto per competere con lieviti selvaggi e microrganismi contaminanti, prevenendo ossidazioni e fermentazioni spontanee indesiderate». Questa tecnica riduce pertanto il rischio di ossidazione, di sviluppo di batteri lattici e acetici e di produzione di composti indesiderati, evitando l’uso dei solfiti, e contribuisce a migliorare il profilo aromatico e la struttura del vino.
Di questo lavoro certosino si avvantaggia la qualità dei vini, quasi esclusivamente monovitigni. Ad eccezione dello chardonnay, la produzione si concentra quasi esclusivamente sugli autoctoni del Salento, sia a bacca nera, negroamaro, primitivo e susumaniello, che a bacca bianca come la verdeca.
Cantele
s.da prov.le 365, km 1
Guagnano (LE)
Tel. +39 0832 507 010
www.cantele.it/
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