Dai primi impianti sperimentali degli anni ’90 alla denominazione DOCG nel 2011, l’Alta Langa ha visto una crescita costante. Sono circa 380 gli ettari vitati attualmente, con una produzione che ha superato i 3 milioni di bottiglie l’anno. Le cantine coinvolte sono sempre più numerose, e il Consorzio Alta Langa riunisce oggi più di 130 produttori tra le colline alte e silenziose a cavallo tra Cuneo, Asti e Alessandria.
È l’unico spumante italiano che, da disciplinare, prevede esclusivamente la versione millesimata e un affinamento minimo di 30 mesi sui lieviti.
Gli assaggi per la nuova edizione della Guida Vini d’Italia – oltre 100 etichette – confermano molte delle impressioni maturate nel corso dell’anno. Alcuni produttori affinano con maggiore precisione le proprie abilità, ed emergono segnali significativi anche sulla evoluzione di questa denominazione. Le numerose etichette degustate dell’Alta Langa ribadiscono quanto avevamo già scritto lo scorso marzo, aggiungendo ulteriori elementi di riflessione.
Il numero di campioni regionali che vengono assaggiati, come evidenziato nell’introduzione all’edizione 2025, ci consente di offrire una «fotografia ad alta risoluzione» di un segmento preciso del vino italiano. L’Alta Langa, metodo classico piemontese con circa vent’anni di storia alle spalle, si conferma come una realtà dalle potenzialità solide e concrete. Analizzando gli assaggi si evidenzia uno schema: al di sotto delle punte d’eccellenza, la qualità media ha ancora margini per stabilizzarsi su standard pienamente soddisfacenti.
Sono molte le etichette di carattere, ma il divario qualitativo appare ancora sbilanciato. In passato abbiamo parlato dell’esigenza di una maggiore omogeneità produttiva, senza rinunciare però alla ricchezza espressiva derivante da suoli e vigneti diversi. Un concetto che oggi ribadiamo con convinzione. Non si tratta di una questione d’immagine o di prestigio fine a se stesso, quanto piuttosto della chiave di volta per far conoscere la denominazione a un pubblico sempre più ampio e consapevole.
Scelta lungimirante quella di puntare con decisione sul dosaggio zero, uno stile che, pur rivolgendosi meno al gusto del consumatore internazionale meno esperto – come ha osservato la Master of Wine canadese Jacqueline Cole Blisson – riesce a esaltare due tratti distintivi dell’Alta Langa: una freschezza vibrante e una mineralità incisiva, quasi rocciosa. E nel tempo diventano sempre più definiti e completi.
Un’ultima considerazione riguarda la tipologia Blanc de Blancs. Nonostante la denominazione sia nata sulla sperimentazione del Pinot Nero, le versioni a base esclusiva di Chardonnay restano ancora poco numerose. Eppure, diverse referenze si sono dimostrate non solo interessanti, ma anche esaltanti. Un segnale che potrebbe indicare una strada evolutiva promettente.
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