Dal 7 al 9 giugno 2025, la cittadina di Cirò in provincia di Crotone ospiterà una edizione speciale del Merano Wine Festival, uno degli eventi più prestigiosi dedicati all’eccellenza del mondo del vino. Un mese dopo, dal 18 al 20 luglio, toccherà a Sibari (Cosenza) ospitare una edizione speciale del Vinitaly and the City che si svolge ogni anno a Verona come fuori salone del Vinitaly: in questo caso si tratta di una seconda edizione dopo il successo dell’esordio nel settembre 2024.
Del resto, i visitatori più attenti della kermesse enologica veronese hanno notato che già da un paio d’anni la Calabria si presenta alla Fiera di Verona con un padiglione, il n.12, fino a qualche tempo fa un po’ periferico, viceversa oggi ricco e appariscente, capace di riunire tutti i grandi brand del vino della regione.
Ma non finisce qui perché tra meno di un anno, nel 2026, ancora una volta Cirò ospiterà l’edizione del Concours Mondial de Bruxelles dedicato ai vini rosati. «Ospitare il Concours Mondial de Bruxelles è un’occasione unica per valorizzare i nostri vini e rafforzare la presenza della Calabria sui mercati internazionali», aveva commentato l’Assessore regionale all’Agricoltura Gianluca Gallo il 3 aprile scorso in occasione del lancio dell’iniziativa a Costanza, cittadina rumena sul Mar Nero, dove si è svolta l’ultima edizione della competizione internazionale. Un traguardo che si inserisce in un percorso già avviato nel 2022, quando la città di Rende ospitò una sessione della manifestazione, confermando l’ambizione della regione di uscire dall’anonimato e di collocarsi tra i protagonisti della scena enologica italiana e internazionale.
«Sì, è vero, in effetti tutto comincia nel 2022 con lo svolgimento dell’edizione del Concours mondial de Bruxelles dedicato ai bianchi e ai rossi. Un evento che ha avuto una gestazione complicata. A causa della scomparsa dell’allora presidente Iole Santelli, la consiliatura è durata soltanto un anno. La decisione di portare il CMB in Calabria risale al 2021 ma le elezioni si dovevano anticipare a ottobre. L’assessore Gallo inserì un budget per ospitare il concorso. Poi, una volta rieletto e confermato nella carica, a soli quattro mesi dall’evento, il progetto è diventato esecutivo».
A raccontare i fatti è Gennaro Convertini, presidente dell’Enoteca regionale della Calabria con sede a Cirò e divulgatore agricolo dell’Arsac, l’Azienda regionale per lo sviluppo dell’agricoltura calabrese. Che ci aiuta a capire i motivi dell’improvviso exploit della Calabria vitivinicola.
«Nel mondo del vino italiano, noi calabresi siamo gli ultimi a manifestarci. Per una serie di fattori viviamo una contingenza favorevole. In primo luogo – spiega – i produttori, prima quelli di Cirò, poi quelli del resto della Calabria, hanno più consapevolezza del ruolo che si può giocare. Poi c’è il supporto della politica che sta investendo molto. Nonostante la Calabria non sia tra le prime regioni produttrici di vino in Italia, né il comparto sia tra i più importanti dell’economia locale, le istituzioni regionali hanno capito che il vino trascina anche gli altri settori economici: per questo si è deciso di investire tanto».
Le risorse vengono dai Fsc, i fondi sviluppo e coesione e la regione è particolarmente attiva nella comunicazione nazionale: basti pensare ai due capodanni realizzati in Calabria in collaborazione con la Rai. L’insieme di queste iniziative contribuisce a promuovere la regione anche sotto il profilo turistico.
L’opportunità dell’enoturismo
Nel suo piccolo, svolge questa funzione anche l’Enoteca regionale che, però, avverte Convertini, «può contare su un budget limitato pari a 36mila euro. Realizziamo percorsi di racconto e di degustazione della viticoltura calabrese: l’ultimo è “Cirovagando”, un progetto di promozione enoturistica. Siamo anche impegnati nell’attività di formazione delle aziende, ma le enoteche sono ormai organismi obsoleti, pensati quando ancora non c’erano le cantine. Oggi ogni cantina è un’enoteca, quindi è diventato il luogo di accoglienza per eccellenza. Fino a 5-6 anni fa i produttori neanche sapevano come fare accoglienza. Ora invece la fanno e il nostro compito è quello di metterle in rete».
L’enoturismo comincia insomma a diventare una risorsa. «Le aziende fino a 7-8 anni fa facevano il vino e basta. Ora entrano nella logica che il turismo può essere un business parallelo. Prima si pensava di fare turismo senza investimenti e tempo. Adesso si diffonde l’idea che la cantina debba avere servizi igienici efficienti, fare preparazioni secondo le norme, avere personale che interloquisce in lingua, fornire orari di apertura e accoglienza. Una serie di cose basilari che prima non c’erano. Adesso tutto questo si può collegare».
Il riscatto della Calabria
In ogni caso, ammette Convertini, «il concorso mondiale di Bruxelles è quello che ha aperto un fronte di grandi eventi in Calabria, insieme con il Vinitaly e il Merano Wine Festival. Senza dimenticare la partecipazione al Vinoforum a Roma. Questi eventi ci aiutano a uscire fuori: affiancare il vino calabrese a questi brand importanti ha accelerato il processo di crescita». Il 2022, anno del CMB, è stato insomma l’anno zero. La Calabria si è presentata a 350 giudici provenienti da tutto il mondo. Racconta Convertini: «’Alle origini del vino’ era il claim che abbiamo scelto per il concorso mondiale di Bruxelles. Il claim di oggi è ‘Dove tutto è cominciato’. Abbiamo tirato fuori ciò che avevamo: per esempio, il museo di Sibari ha ricostruito la parte storica. Abbiamo ricordato che il flusso del vino da oriente a occidente dai tempi della Magna Grecia è passato da qui. Abbiamo raccontato, con l’aiuto di studiosi come Attilio Scienza, la nostra grande biodiversità: la Calabria ha una banca genetica importante come quella della Sicilia.
Infine, abbiamo promosso bene il territorio, con il suo fascino geologico e paesaggistico: gli ospiti internazionali hanno scoperto che questa lingua in mezzo al mare, ma ricca di montagne come la Sila, il Pollino e l’Aspromonte, può offrire anche un ambiente alpino tra due mari». Una conformazione che esercita i suoi effetti anche sui vini… «Sì, grazie anche alle alte quote quando assaggi i vini calabresi ritrovi una grande freschezza. Non ci sono vini pesanti, ma vini in equilibrio con l’acidità e la sapidità».
Poi è arrivata l’occasione del Vinitaly. «C’è un dibattito aperto sul ruolo delle fiere, ma noi siamo convinti che Vinitaly è prima di tutto una grande festa del vino italiano, anche al netto delle singole posizioni specifiche dei vignaioli naturali o dei grandi brand che decidono di non esserci. Vinitaly dà visibilità al vino italiano: le aziende calabresi vogliono esserci. In un anno siamo passati da 40 a 90 aziende, con l’ampliamento degli spazi nel padiglione. Abbiamo anche riportato nel padiglione regionale i nostri brand più celebri come Librandi, Statti, Ippolito, Spadafora e Ferrocinto. All’inizio erano perplessi, poi si sono ricreduti e hanno confermato con entusiasmo. La regione ha assecondato questa voglia degli imprenditori di farsi notare».
E l’anno scorso, per la prima volta, il Vinitaly and the City a Sibari. Com’è andata? «A Sibari – racconta Convertini – è andata oltre le aspettative. Avevamo previsto 2500 persone al giorno per 3 giorni. Ma già il primo giorno ne abbiamo contate 7000. Abbiamo dovuto rastrellare tutti i calici che c’erano in giro. Così siamo arrivati a 22mila presenze rispetto alle 7-8mila delle previsioni. Per non parlare della visibilità del parco archeologico di Sibari dove le visite sono aumentate tantissimo». E quest’anno? «Ci aspettiamo anche un riscontro turistico. Da noi l’inizio della stagione stenta, la gran parte dei visitatori si concentra ad agosto. La data del 18-20 luglio è stata scelta proprio per far partire prima la stagione turistica».
Diversa storia per il Merano Wine Festival che si svolgerà a giugno. «È un evento meno popolare: si rivolgerà soprattutto a sommelier e winelover e sarà un momento di riflessione più tecnica rivolta agli operatori. Faremo incontri scientifici e collettive di vitigni coinvolgendo le altre regioni del sud per sottolineare soprattutto la biodiversità». E l’anno prossimo ritornerà il Concours Mondiale de Bruxelles, con focus sui vini rosati, non a caso a Cirò. «C’è stato un periodo buio – ricorda Convertini – ma i nostri produttori hanno continuato a farli, ora è bello parlare di rosati e il gaglioppo è una certezza. Il Cirò rosato rappresenta l’Italia in questa tipologia di vino, insieme con il Bardolino e il Cerasuolo d’Abruzzo».
AL vaglio la nuova Doc Costa degli Dei
Ma la Calabria non finisce qui: punta sulla biodiversità e conosce una fioritura produttiva. «Finora c’era Cirò che si identificava con il gaglioppo e Cosenza con il magliocco, mentre i bianchi venivano usati nei blend. Da quando vanno di moda i vini in purezza, anche con tempi lenti, abbiamo preso coscienza di nuovi vini, come il pecorello: ormai lo fanno almeno 40 aziende. Anche il greco e il mantonico stanno facendo vedere grandi potenzialità così come la vernaccia e lo zibibbo. Dopo l’iniziativa di Giovanni Benvenuto adesso nel giro di pochi anni sono 6 o 7 le aziende associate che hanno chiesto il riconoscimento della doc Costa degli Dei. E le istituzioni stanno assecondando questo fermento».
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