«In un momento di cambiamenti per il mondo del vino, stare fermi è una risposta, ma non la più indicata». Parola di Matteo Fornaca, ceo e fondatore di The Spiritual Machine, la statup torinese che, insieme alla cantina I vini di Maremma, ha lanciato sul mercato Le Muse dell’Alchimia, una linea di spirits a base vino utilizzabile nell’ambito della mixology. Si tratta di nove prodotti che comprendono bitter, vino chinato, vermouth, ma anche ready to drink (dal Negroni al Glögg).
Un’opportunità in più, dunque per un cliente nuovo (avevamo già raccontato l’esperienza positiva di Casa vinicola Canella con i ready to drink). O semplicemente per una modalità differente di fruizione. Una scelta che va contestualizzata in un periodo in cui i consumi di vino in calo mettono in apprensione il settore.
«Sta cambiando la percezione del vino da parte del consumatore e, purtroppo, l’ultimo ad accorgersene è il soggetto colpito. Succede in tutti gli ambiti», spiega la direttrice generale della cantina I vini di Maremma Donata Vieri. Quando, però, con quel cambiamento bisogna fare i conti, non si può restare fermi. «Difficile per un prodotto come il vino, che rappresenta l’italianità nel mondo, provare anche altre strade e lasciare la sua veste che, diciamolo, fino ad ora, è stata una veste comoda».
La cantina guidata da Vieri, però, ci sta provando: «Siamo una realtà cooperativa (210 soci per 450 ettari di vigneti; ndr) in un territorio fatto di mostri sacri del vino. I nostri soci cercano costantemente di fare qualità e di migliorarsi. Siamo propositivi e guardiamo alle opportunità del futuro anziché focalizzarci su quello che non va nel presente». Da qui l’idea di aprirsi anche a questa novità.
«È un modo di ragionare in maniera diversa – spiega Fornaca – Di fronte alla tempesta perfetta degli ultimi mesi – calo dei consumi, dazi, cambiamento dei gusti, nuovo Codice della strada – il settore del vino è entrato in una sorta di panic zone. Completamente paralizzato. Quello che, invece, I Vini di Maremma ha fatto è provare a portare nuovo ossigeno, senza dire ‘Moriremo tutti’. Nelle cantine italiane c’è un tesoro nascosto per raggiungere nuovi target. La linea spirits diventa, quindi, una sorta di grimaldello per questi mercati».
«Parliamo di target non solo di età, ma anche semplicemente legati ad uno stato emotivo – precisa Vieri – una stessa persona oggi può avere voglia di vino e domani di un cockatil. E, in questo senso, la cantina è a disposizione del consumatore, ampliando la sua proposta, comunque legata al territorio».
Il tema è, quindi, trainare, non sostituire. Nessuno, insomma, pensa di poter superare il problema del calo dei consumi solo lanciando una nuova linea di prodotti. Anche perché, nel caso della cantina cooperativa maremmana, la produzione iniziale di spirits si ferma a poche centinaia di bottiglie per testare il mercato.
«Al momento – rivela Vieri – si possono acquistare nel punto vendita aziendale, mentre si sta mettendo in moto la macchina distributiva per portarli anche in ristoranti, cocktail bar e stabilimenti balneari selezionati. Abbiamo avuto anche buoni riscontri all’estero, dalla Francia al Canada passando alla Cina, dove mi trovo in questo momento. L’obiettivo è di incrementare la produzione del 30% in due anni», spiega la direttrice.
Matteo Fornaca, ceo e fondatore di The Spiritual Machine
Lo spirito o il cocktail diventano, quindi un completamento di gamma. «Pensiamo ad una semplice degustazione di vini in cantina, che insieme a bollicine, rossi, bianchi o rosati, viene conclusa, o anche anticipata, da un altro prodotto, che può essere un bitter o un vermouth. Come avere di fronte una tavolozza e aumentare il numero di colori a disposizione. Si tratta di far diventare reali le potenzialità che oggi non sono espresse dalle cantine italiane», dice il ceo di The Spiritual Machine. La startup si è occupata, oltre che dell’idea, dello sviluppo di un prototipo e della messa in produzione attraverso partner specializzati.
C’è, infine, anche un tema legato al linguaggio. «Senz’altro la comunicazione legata al vino e ai consumi oggi va aggiornata», argomenta Fornaca. E in questo ambito, «il mondo della cocktaileria sta creando un vocabolario più simile a quello che la gente usa per esprimersi quotidianamente, oltre ad un immaginario più dinamico, con meno orpelli rispetto a quelli del vino», chiosa Vieri.
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