Low alcol

Un Chianti Docg tra 9 e 10 gradi alcolici. Il Consorzio pensa a una tipologia alleggerita

La discussione sull'inserimento di una nuova versione nel disciplinare di produzione è iniziata. Il presidente Busi propone una sperimentazione "naturale", senza l'uso di macchine per la dealcolazione.

  • 05 Agosto, 2025

Ormai più di dieci anni fa, nel 2013, il Chianti Docg lanciò la campagna “bevilo fresco”. Iniziativa per quei tempi audace, che l’ente di tutela aveva pensato per destagionalizzare il consumo del celebre rosso toscano, con tanto di kit (un cappottino) per rinfrescare il vino e servirlo a 16 gradi di temperatura, nel periodo estivo. Il distretto chiantigiano, evidentemente, non si è mai sottratto alla modernità e alle sperimentazioni. E non lo fa nemmeno in un periodo come quello attuale, particolarmente difficile per i vini rossi già da qualche anno, in cui il trend del bere moderato si accompagna a una propensione dei consumatori a provare nuovi prodotti, più facili da bere e meno carichi. L’idea di un Chianti in versione più leggera, con grado alcolemico intorno a 9-10 gradi, è sul tavolo del consiglio di amministrazione presieduto da Giovanni Busi.

Il low alcol come opportunità commerciale

«Di questo tema stiamo parlando all’interno della nostra variegata filiera, che comprende piccole e grandi aziende ma anche importanti cooperative e imbottigliatori. Non c’è niente di concreto sul fronte decisionale, per ora, ma come grande Doc rossa italiana non possiamo escludere questa opportunità commerciale», spiega il presidente Busi al settimanale Tre Bicchieri del Gambero Rosso. Un’idea che potrebbe aver bisogno del contributo di agronomi ed enologi esperti, e anche di qualche anno di tempo, per essere messa sul terreno e che, secondo Busi, dovrebbe portare a una modifica del disciplinare con l’aggiunta di una nuova tipologia, tra le altre già autorizzate. Oggi, il titolo alcolometrico volumico naturale minimo per il Chianti Docg è 10,5 per cento.

Giovanni Busi – presidente Consorzio vino Chianti Docg

Verso una sperimentazione ma in forma “naturale”

«Il tema del vino a più bassa gradazione lo abbiamo iniziato ad affrontare come Consorzio. Come stanno facendo altre denominazioni italiane, vogliamo capire se si possa ottenere un Chianti intorno ai 9/10 gradi. Ma – sottolinea Busi – dovrà essere frutto di un procedimento naturale, ottenuto senza l’uso di macchine per la dealcolazione. E dovrà essere un prodotto dotato di un suo preciso disciplinare. Ma soprattutto non deve essere un Chianti minore, un “chiantino“. Stiamo ancora cercando di capire se fare questo passo. Se si farà, bisognerà trovare delle imprese vitivinicole disponibili a produrre questo nuovo vino in forma sperimentale».

I dubbi sul no-low alcol

Un Chianti no-low alcol nel senso letterale del termine per ora non è in discussione. «In questo momento – spiega il presidente Busi – la strada è abbastanza lontana. Se prendiamo l’esempio della birra analcolica, notiamo che, anche se più o meno dolciastra, sa comunque di birra. Con il vino questo non succede. E se non siamo arrivati a un livello simile a quello della birra, se dobbiamo quindi pensare a un Chianti no alcol o low alcol che non ti ricorda i frutti rossi e non ha la sua caratteristica corposità o il tannino leggero, allora significa che non stiamo proponendo il Chianti e, quindi, il nostro territorio. Ad oggi, i risultati offerti dalla tecnologia di dealcolazione sono lontani da poter pensare di produrre un vino a denominazione che sia rappresentativo del territorio».

 

Promozione e duttilità

Piuttosto, per rilanciare i consumi, il Consorzio sta proseguendo le campagne di promozione, soprattutto all’estero. «Dal Brasile al Giappone, notiamo la duttilità del nostro Chianti Docg coi piatti delle cucine locali. Come ente di tutela – conclude Busi – siamo sempre attenti ai nuovi trend del vino, proprio perché essendo il Chianti un prodotto da bere a 360 gradi, è chiaro che deve sempre guardare a quanto accade nel mondo e, se possibile, anticipare quei trend».

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