Anteprima Vini d'Italia 2026

Il Cerasuolo d'Abruzzo è pronto a conquistare il futuro. Ecco come sono le nuove annate

Non è un rosato, non è un rosso, ma è un vino identitario, intenso e tradizionale, ponte tra costa e montagna in Abruzzo. Appunti sparsi sul Cerasuolo d'Abruzzo dalle degustazioni per la guida Vini d'Italia 2026

  • 27 Luglio, 2025

La lezione ultima e definitiva, per quanto riguarda il vino abruzzese, si potrebbe condensare in una massima che ci è stata proposta da un produttore qualche mese fa, mentre eravamo seduti a tavola in un ristorante di Pescara: «i nostri anziani dicevano che qui da noi il vino si divide in bianco, rosso e nero». Se sul bianco è facile capire l’oggetto della definizione – era il trebbiano, ma oggi è sempre di più il pecorino – sul rosso e sul nero bisogna fare un po’ più attenzione. «Il nero è il Montepulciano, che tingeva le bottiglie e i bicchieri». E il rosso? «Il rosso è il Cerasuolo».

Il colore del Cerasuolo d’Abruzzo. Non chiamatelo rosé

Sappiamo tutti quanto la definizione di rosato vada stretta al Cerasuolo d’Abruzzo, (qui i migliori valutati lo scorso anno), che, per l’appunto, come saggezza popolare vuole, di rosato non ha proprio nulla, a partire dal colore che infatti è “cerasuolo”, una particolare sfumatura che richiama quella delle ciliegie mature, non a caso, il termine deriva proprio dalla parola dialettale “cerasa”, che significa appunto ciliegia. Non è un rosso pieno e cupo come quello dei vini rossi strutturati, né un rosato pallido come quelli provenzali o del nord Italia. È intenso, a volte brillante, con tonalità vive che spaziano dal rosa ciliegia al rosso rubino chiaro, è una sfumatura identitaria, riconoscibile. E su questo aspetto il Consorzio Vini d’Abruzzo sta lavorando a un progetto per introdurre nel disciplinare del Cerasuolo d’Abruzzo una definizione precisa del colore, con lo scopo di difendere le versioni tradizionali, più cariche, da quelle più chiare che strizzano l’occhio alle mode ma snaturano il concetto stesso di Cerasuolo.

|

|

Cerasuolo d’Abruzzo, l’impronta rustica del montepulciano

Nella nostra tornata di assaggi per la Guida Vini d’Italia 2026 abbiamo trovato la denominazione in un buona forma, notando, rispetto al recente passato, una maggiore, seppur ancor non raggiunta del tutto, uniformità di colore, ma soprattutto un innalzamento della qualità media. Sono aumentati i Cerasuolo veraci, quelli in cui si sente l’impronta solida, intensa, a tratti anche rustica del montepulciano, a scapito di tutte quelle versioni un po’ conciate e “finte” che sembrano caramelle alla fragola. Anche i dati confermano lo stato di grazia di questo “rosato-non rosato e rosso-non rosso”: nonostante l’annata siccitosa, infatti, la 2024 ha fatto registrare una produzione di oltre 116mila ettolitri di Cerasuolo d’Abruzzo, rispetto ai 95mila del 2023, circa il 22% in più rispetto all’anno precedente (che pure aveva avuto diversi problemi a causa della peronospora).

Il Cerasuolo d’Abruzzo è uno di quei vini che parlano prima alla propria terra, è amato in maniera quasi viscerale e atavica dagli stessi abruzzesi. Forse perché è trasversale, un fil rouge (ma non troppo) in grado di ricongiungere le due anime, non solo geografiche ma anche antropologiche, della regione, quella montana e quella costiera. Lo ripetiamo da un po’ e continueremo a farlo: nelle versioni tradizionali, il Cerasuolo è un vino che ha tutte le carte in regola per avere successo nell’immediato futuro. Ha il dono raro di avere materia e vigore, peculiarità che vengono dal vitigno, in una forma più leggera, più agile, in grado di fondere profondità e autenticità.

Per scoprire quelli che ci sono piaciuti di più non resta che aspettare l’uscita, a ottobre, della prossima edizione della guida Vini d’Italia.

> Leggi tutti gli articoli sulle degustazioni in anteprima per Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso

© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.

Made with love by Programmatic Advertising Ltd