Da una parte c’รจ l’Italia della grande ricchezza varietale con 526 denominazioni, dall’altra quella che guarda ai grandi numeri e al valore; da una parte le grandi Do territoriali dallโaltra le piccolissime nicchie: dove sta il giusto equilibrio? Il tema non รจ di certo nuovo, ma in un contesto sempre piรน competitivo dove la quantitร sembra non pagare, ritorna ancora una volta di grande attualitร , tanto che Unione Italiana Vini lo ha inserito nellโagenda delle prioritร presentate al nuovo Governo. Ma non รจ lโunica associazione di settore a pensarla cosรฌ. Alleanza Cooperative ha detto di essere pronta al confronto, anche per venire incontro al consumatore, subissato da informazioni sulle troppe denominazioni. Federvini parla dellโesigenza di fare โmassa criticaโ. Lโente di certificazione Valoritalia, presentando il suo annuale bilancio, ha voluto sottolineare come siano solo le prime 50 denominazioni a coprire il 95% del valore economico complessivo, mentre le ultime 100 appena lo 0,47%.
โCrediamo fermamente che le nostre Denominazioni di Origine rappresentino un patrimonio collettivo inestimabile, tuttavia, la varietร del nostro territorio si รจ tradotta in un numero eccessivo di Do, una proliferazione che รจ sfuggita di manoโ รจ il parere del presidente di ย Federdoc Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi:โSappiamo bene di avere troppe denominazioni con bassi livelli produttivi, che andrebbero cancellate secondo la disciplina vigente e altre che non hanno mercato, di cui i consumatori non hanno mai sentito parlare ma i cui costi di certificazione gravano comunque sul sistema. Spesso queste Denominazioni sono frutto di azioni politiche o campanilismi territorialiโ. Il tutto si riversa sullโimpossibilitร di valorizzare il territorio come meriterebbe, sottolinea la Confederazione dei Consorzi: โLโattuale scenario di fatto rende piรน difficile la valorizzazione della nostra ricchezza ampelografica ed eccessivamente complesso comunicare al consumatore i tratti distintivi di ogni realtร , con una conseguente perdita di fatturato rispetto a nostri competitor. Infatti, il consumatore, sempre piรน attento, pur apprezzando la diversitร , vuole comprendere ciรฒ che acquistaโ.
Insiste sul valore di questo patrimonio tutto italiano anche Federvini, attraverso la presidente del Gruppo Vini Albiera Antinori โPrima di pensare alla reale utilitร di una semplificazione, dobbiamo capire il perchรฉ di 526 denominazioni registrate. LโItalia รจ ricca di microclimi: abbiamo viticoltura di montagna, dove il terroir molto spesso cambia da versante a versante, abbiamo una straordinaria viticoltura di collina, una viticoltura di entroterra e una viticoltura di territori che si affacciano sul mare, siano essi di pianura o a strapiombo sul mare. Le tante denominazioni sono uno specchio di questa ricchezza. La seconda domanda da farsi, essendo noi un settore economico fatto da imprese magnifiche e, fortunatamente, dinamiche รจ: come possiamo far rendere al meglio il nostro patrimonio?โ
La prima risposta che sembra mettere dโaccordo tutte le associazioni di settore รจ il โraggruppamentoโ. โCrediamo che una soluzione potrebbe essere individuata nel trasformare alcune delle nostre denominazioni meno rappresentative sul mercato, in โsottozoneโ di denominazioni piรน grandi, raggiungendo una razionalizzazione del sistema senza intaccare la peculiaritร di cui queste realtร sono espressioneโ, รจ la proposta di Federdoc, da sempre in prima fila in questa battaglia.
Sulla stessa lunghezza dโonda Federvini: โBisognerebbe favorire lโavvio di riflessioni sui territori con la prospettiva di creare valoreโ spiega a Tre Bicchieri Albiera Antinori โEcco allora che potremmo accorgerci che alcune denominazioni confinanti potrebbero trasformarsi in sottozone o unitร geografiche aggiuntive, puntando su un nome di territorio piรน ampio per arrivare, anche con una maggiore massa critica, al grande pubblico, straniero, che a volte ha dimostrato difficoltร nel comprenderci. Un lavoro in questo senso non lascerebbe nessuno indietro. Poi รจ chiaroโ continua Antinori โche, se nel corso di questa riflessione dovesse emergere che effettivamente ci sono nomi che non hanno piรน senso di esistere, i produttori opteranno per un loro superamento. A livello formale รจ necessario presentare domande di modifica di disciplinari di produzione e, nel caso di cancellazione, la strada da intraprendere parte dal basso, attraverso una sensibilizzazione dei produttori. Solo da loro puรฒ partire questo percorso: รจ chiaro che in questo, le associazioni devono stimolare la discussione, con il supporto di Regioni e Ministero perchรฉ la necessaria burocrazia non diventi un ostacolo al cambiamentoโ.
Per Unione Italiana Vini la strada delle sottozone รจ senzโaltro una via da seguire, ma non lโunica. โIl ricorso alle sottozone o alle Uga permetterebbe di lavorare sulla piramide qualitativa del territorioโ spiega a Tre Bicchieri il segretario generale Paolo Castelletti โSi tratterebbe di una riclassificazione che, in ogni caso, dovrebbe partire dal basso, senza imposizioni dallโaltoโ. Sta, quindi, ai singoli Consorzi capire il vantaggio e le opportunitร di riorganizzarsi attorno alla denominazione di punta. Stesso discorso dovrebbe valere per Igt, con la definizione di una soglia minima di imbottigliamenti annui e lโaccorpamento in Igt regionali di quelle con scaglioni produttivi inferiori.
Cโรจ anche un secondo filone di intervento da seguire, che passerebbe, perรฒ, dalla modifica del Testo Unico del Vino: โSi tratterebbe di evitare la proliferazione futura della Do, attraverso dei criteri piรน stringenti e oggettivi che definiscono la rinomanza commerciale e la reputazione di un vino a Denominazione. Inoltreโ continua Castelletti โsempre intervenendo sul Testo Unico, si potrebbe lavorare sulla gestione delle riclassificazioni verticali e orizzontali e sui declassamenti, facendo in modo che lโeventuale Doc ricevente, prima di assorbire unโaltra denominazione possa avere il quadro chiaro e la possibilitร di organizzarsi per la gestione del mercatoโ.
a cura di Loredana Sottile
Lโarticolo completo รจ stato pubblicato
sul Settimanale Tre Bicchieri del 7 dicembre
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