Tendenze

È il momento del vino low alcol. Ecco perché sempre più Doc italiane scommettono sulla bassa gradazione

Spinto dalla birra, il fenomeno è arrivato anche al vino. Dal Prosecco Doc al Chianti Docg la sperimentazione è già partita e riguarda soprattutto il lavoro in vigna

  • 07 Agosto, 2025

Dove va il mondo del no-low alcol? Questo nuovo segmento del beverage che necessariamente affiancherà quello tradizionale nei prossimi decenni è solo agli inizi del proprio percorso. I numeri – seppure ancora molto bassi in valore assoluto – dicono che sviluppo e crescita sono destinati a proseguire in futuro. Entro il 2028, il tasso di incremento medio annuo sarà di circa il 7 per cento a volume, grazie ad aumenti importanti, e in doppia cifra, nei dieci principali Paesi (Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa e Uk).

Forza di attrazione

Un fenomeno che, se si guarda alle sole bevande no alcol, è riuscito a coinvolgere più di 60 milioni di persone tra il 2022 e il 2024 e circa 38 milioni di consumatori se si osserva il mondo del low alcol. I mercati più interessati al mondo del beverage no-low, considerato nel suo complesso, sono gli Stati Uniti e il Brasile. I primi hanno visto incrementare i consumatori di 37 milioni di unità mentre il mercato sudamericano ne ha coinvolti 13 milioni. Forte la spinta della birra. Il trend generale, secondo gli analisti dell’Iwsr (società londinese specializzata in ricerche di mercato), appare attualmente contrastante, nel senso che i dati evidenziano un lieve (ma costante) decremento del consumo di prodotti a piena gradazione alcolica e un contemporaneo aumento del segmento no-low. Un elemento è da notare: nei dieci mercati globali considerati, il 30% dei consumatori no-low ha dichiarato di aver sostituito una bevanda ad alta gradazione.

Low angle view of bottles with white

Consumatori che cambiano e forza dei brand

I motivi della performance del segmento, sono da ricercare non solo negli atteggiamenti salutistici o nella moda del bere moderato. Altri fattori stanno, infatti, diventando sempre più importanti, soprattutto nelle categorie alcoliche emergenti: gusto delle bevande, disponibilità sul mercato e marca del produttore stanno salendo le classifiche come fattori chiave nella scelta. E questo sta accadendo soprattutto tra i consumatori più giovani di bevande analcoliche. Mentre, infatti, sia i boomer sia la Gen X sono più avvezzi all’uso della birra analcolica, i più giovani, a partire dai millennial, sono maggiormente attratti da diverse categorie.

 

Ad oggi la disponibilità è ancora limitata

La partita del futuro, secondo Iwsr, si giocherà sul tema della disponibilità, del gusto e della varietà di questo tipo di prodotti sul mercato. Disponibilità che ad oggi è ancora limitata. In questo quadro, i brand giocano un ruolo fondamentale, dal momento che oltre metà (52%) degli acquirenti di bevande no-low alcol ha scelto nel 2024 un determinato prodotto perché conosceva il brand produttore. Una percentuale più alta rispetto al 48% del 2022, che è particolarmente alta per millennial e Gen Z (intorno al 60%) rispetto ai boomer (45 per cento).

Ma quale sarà la categoria più performante in futuro? Le analisi Iwsr premiano il mondo analcolico, considerato tra quelli trainanti del complesso del settore no-low alcol: birra/sidro (tasso composto medio annuo a +7% tra 2024 e 2028), ready to drink (+10%), vino (+5%), superalcolici (+7%) e altri prodotti alcolici (+3%). Per la categoria low-alcol, i trend indicano meno progressione con l’eccezione dei ready to drink +17 per cento entro il 2028.

 

Le tendenze tra i più giovani

Che il no-low alcol stia accrescendo il proprio spazio spazio tra più giovani, emerge anche da altre recenti ricerche.  Ad aprile 2025, Nomisma-Wine Monitor per Federvini ha diffuso un sondaggio realizzato tra i consumatori tra 23 e 35 anni che hanno dichiarato di preferire vini alcol zero o a bassa gradazione rispetto a quelli tradizionali. Un trend forte tra i clienti principali del mercato dei vini made in Italy: Stati Uniti, Germania e Regno Unito. In particolare, nella fascia giovanile le preferenze per vini no-low alcol rispetto al vino tradizionale, per il prossimo anno, sono più spiccate negli Stati Uniti (34%), in Germania (26%), nel Regno Unito (25%) e meno in Francia (20%). I driver d’acquisto del vino nelle fasce giovanili, secondo Nomisma, sono legati alle caratteristiche green: 41% dei consumatori britannici, per il 35% degli statunitensi, il 32% dei tedeschi, il 38% dei francesi e il 34% degli spagnoli, nella fascia d’età tra 23 e 35 anni.

Il panorama italiano: le Dop si alleggeriscono

L’Italia, che quanto a savoir faire tecnologico non è seconda a nessuno nel mondo della dealcolazione, è ancora ferma al semaforo. In attesa di decreti applicativi che risolvano l’impasse burocratica in materia di accise, a partire dall’atteso decreto congiunto di Ministero dell’Agricoltura e Ministero delle Finanze che chiarisca gli aspetti fiscali della partita no-low in Italia. Il ministro Francesco Lollobrigida lo ha annunciato a inizio luglio.

Nel frattempo, le grandi denominazioni dello Stivale si stanno muovendo per intercettare il fenomeno. Proponendo delle soluzioni non strettamente no-low alcol quanto light. Il percorso passa da versioni delle classiche Dop naturalmente alleggerite, grazie ad accorgimenti in vigna e in cantina. E questo discorso vale per grandi denominazioni come il Prosecco Doc, il grande distretto del Pinot grigio Doc delle Venezie e il piano per arrivare a un vino intorno agli 11 gradi, il Garda Doc e la modifica al disciplinare di produzione per ottenere una garganega a 8,5 gradi, la sorpresa dell’Orvieto e l’esordio della Doc umbra nel mondo dei vini a gradazione ridotta, fino al Nero d’Avola siciliano che ha concluso il primo step di una ricerca che porterà a una versione alleggerita del celebre vino da vitigno autoctono siciliano. I protagonisti, in questo caso sono i Consorzi di tutela. E anche il Chianti Docg non nasconde l’interesse per questo mondo nuovo. Il grande distretto toscano da quasi 100 milioni di bottiglie ci sta facendo più che un semplice pensierino.

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