Da vitigno minore quasi sconosciuto a potenziale nuova stella della viticoltura siciliana, il frappato potrebbe diventare a breve uno dei punti di riferimento per i nuovi consumatori in cerca di vini bevibili, freschi e fruttati. Il segreto è nella sua versatilità. Vinificato in purezza è agile, dinamico, facile da bere. Proposto a una temperatura più fresca può sostituire un rosato e accompagnare piatti di pesce o cibi popolari come la pizza. In blend con il nero d’Avola dà vita al Cerasuolo di Vittoria Docg, un vino di medio corpo dalla personalità elegante.
«Il Frappato incarna la nuova tendenza verso vini freschi, giovani, con tannini morbidi e facili da bere. Anche d’estate si può proporre raffrescato con pasta, pizza, carni bianche. Si abbina molto bene con il pesce: in Sicilia si usa come un bianco molto versatile». A parlare è Giovanni Gurrieri, ingegnere e titolare della cantina omonima nel territorio di Chiaramonte Gulfi in provincia di Ragusa. Racconta: «Gli importatori americani mi dicono: il tuo frappato va via come l’acqua. Questo succede nel Massachusetts, nelle migliori case di Boston. È un vino che si vende molto facilmente. La promozione devo farla per altri».
Gaetana Jacono, anima dell’azienda Valle dell’Acate, figura storica della denominazione del Cerasuolo di Vittoria e artefice di uno dei Frappati più iconici, ricorda con il sorriso: «Anni fa una guida fece un pezzo importante per il mio Frappato: lo definì un vino fruttato, elegante, leggero, perfetto per la pizza. Io mi offesi moltissimo perché pensavo che così il mio vino non fosse valorizzato: ero una giovane produttrice e non avevo ancora colto il valore della pizza come made in Italy, avrei dovuto capire che l’intuizione del giornalista era corretta. Il Frappato è ottimo con la pizza con le verdure e spazza via le bibite gasate dal tavolo della pizza: dopo qualche anno ho capito. Il giornalista mi aveva fatto un grande favore: più di 20 anni fa aveva compreso bene l’identità di questo vino versatile, già moderno allora».
Gaetana Jacono è stata anche una pioniera dell’affermazione del Frappato in America. «Nel 1999 il mercato europeo non dava soddisfazione: il Frappato era troppo diverso dall’idea di vino siciliano corposo e strutturato che gli europei cercavano allora. Così portai con il Frappato negli Usa, sperando nell’apertura da parte di chi accoglie i vini di tutto il mondo senza badare allo status symbol. A New York non avevano preclusioni: fu un successo. Gli americani lo definirono “smiling wine”: quando metti il naso nel bicchiere, tic!, è un’esplosione che fa scattare un sorriso».
E sulla stessa linea si colloca Maria Grazia Di Francesco Brunetti, titolare di Casa Grazia nel territorio di Gela: «Ho chiamato il mio Frappato Letitya, proprio perché la letizia è l’emozione che ho provato sentendo i profumi e degustando le sue gocce quando era ancora nel silos. È un vino che ti trasmette letizia: un rosso brillante e delicato. lo lo definisco “vino da salotto” perché può essere degustato anche senza abbinamento con il cibo. È diventato la nostra bandiera al punto che ne propongo ben cinque declinazioni». Anche lei ricorda le difficoltà dell’inizio: «La mia prima vendemmia di frappato risale al 2017. All’inizio gli svizzeri e i tedeschi non sapevano nemmeno cosa fosse, mentre collegavano facilmente il Nero d’Avola alla Sicilia. Io suggerivo: “intanto assaggiatelo”. E la degustazione del Frappato provocava sempre grande stupore». Poi continua: «Il territorio mi dà la sapidità che si unisce a una bella acidità: è un vino delizioso che vibra in bocca e ha qualcosa di speziato, non è strutturato né ha tannini importanti e può appagare momenti diversi della giornata. Secondo me è il vino del futuro. È il vitigno chic della Sicilia».
Un vino tanto interessante da attirare le attenzioni di un produttore come Graziano Nicosia, guida di Tenute Nicosia, un’azienda radicata sull’Etna ma che al territorio di Vittoria riconosce grandi potenzialità. «Lavoriamo il frappato dal 2000: fin dall’inizio – assicura – si è mostrato interessantissimo con un profilo unico da rosso estivo. Negli ultimi 10 anni gusto e alimentazione sono cambiati. L’exploit della cucina vegetariana suggerisce abbinamenti azzardati con il Frappato, ottimo se servito freddo con il pesce. È un vino del futuro che non tutti ancora conoscono».
Il trend sui mercati esteri parla chiaro: «Il nostro punto di forza sono i vini dell’Etna, ma subito dopo c’è il Frappato, soprattutto sul mercato americano che è una sentinella del gusto del vino. Lì attira una grande attenzione ormai da 5-6 anni. E adesso c’è richiesta anche nel Regno Unito». Nicosia, che oggi vanta ben 60 ettari di vigneti nel territorio di Vittoria, organizza spesso eventi con il Frappato protagonista nelle pizzerie e nelle zone estive turistiche: «Servito fresco si può bere anche come aperitivo e in orari pomeridiani. A febbraio facciamo l’open day per la presentazione del catalogo: in un angolo aperto ai ristoratori proponiamo la pizza abbinata al frappato».
E il fascino di questo vitigno conquista anche le aziende storiche della Sicilia occidentale come Donnafugata. Gabriella Favara, ultima generazione della famiglia Rallo, assicura: «È un vino veramente attuale, versatile, piacevole anche d’estate. È uno dei miei vini preferiti. Io amo il rosso e amo il pesce: grazie al Frappato le due cose possono andare insieme. Lo stesso se penso al sushi, al tataki di tonno, alla pizza o ai piatti siciliani. Il Frappato dà la possibilità di far scoprire una nuova anima dei rossi siciliani innovativi: una varietà siciliana estremamente rappresentativa del territorio che mostra che il nostro stile si è rinnovato». Può essere anche la chiave per avvicinare i più giovani? «Assolutamente sì. Può agevolare l’avvicinamento al vino delle nuove generazioni. Il Frappato è una varietà molto pop che ci può aiutare a raggiungere i giovani consumatori». In generale, per Gabriella Favara, «è un’opportunità: un rosso estivo da servire un po’ più fresco che può conquistare il momento dell’aperitivo e nuove fasce di consumo: dobbiamo essere noi a comunicarlo al meglio».
Un vitigno che ancora deve essere scoperto in tutte le sue sfaccettature: Giovanni Gurrieri, per esempio, ha vinificato il frappato sia in rosato che in bianco, realizzando anche uno spumante ancestrale e un metodo Martinotti più un metodo classico con un blend di frappato e nero d’Avola. «A livello enologico mi piace tanto: la spumantizzazione veloce dà ottimi risultati perché mantiene i suoi profumi. Se l’uva è buona di base puoi divertirti a sviluppare le sue varie espressioni».
Ma la modernità del frappato ha dei solidi fondamenti anche nella scienza. La ricerca ampelografica dimostra che il frappato è solo uno dei tanti vitigni siciliani che presenta una relazione di stretta parentela con il sangiovese. I più affidabili studi genetici sulle varietà siciliane riconducono l’appartenenza del frappato alla più ampia famiglia dei nerelli, coltivati da tempo immemore sia nell’area orientale (nerello mascalese) che in quella occidentale dell’isola (perricone). La stretta relazione genetica di questi vitigni con il sangiovese – frutto dell’incrocio tra varietà di origini greche e varietà italiche acclimatatesi sulla costa ionica della Calabria – racconta anche un filo conduttore comune: vini scarichi di colore, freschi, vibranti, bevibili. Una via siciliana (e italiana) al vino che abbandona gli eccessi del passato e si orienta verso diverse originali declinazioni di vino contemporaneo.
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