
Piccolo passo in avanti nel tortuoso cammino della produzione di vini dealcolati in Italia. In Conferenza Stato-Regioni è stata approvata la modifica al decreto legge dello scorso dicembre per dare il via libera alla dealcolizzazione negli stessi locali destinati alla vinificazione, purché gli stabilimenti siano dotati di registro dematerializzato e di licenza di deposito fiscale. Adesso si dovrà aspettare la firma ufficiale del ministro Lollobrigida e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
«La principale modifica al decreto riguarda la possibilità di effettuare processi di dealcolazione direttamente all’interno degli stabilimenti enologici esistenti, come da noi richiesto – spiega il segretario di Unione italiana vini Paolo Castelletti, dopo che la sua associazione, il mese scorso, aveva sollevato il problema di come la produzione fosse al momento bloccata a causa di alcuni impedimenti burocratici.
«Con il testo originario, le aziende erano costrette a separare fisicamente le aree di produzione dei vini tradizionali da quelle dei vini dealcolati, creando ostacoli logistici e burocratici – continua Castelletti – Ora, grazie al tempestivo intervento del Masaf, le cantine possono gestire entrambi i processi nello stesso sito, a condizione di rispettare rigorose normative fiscali e di tracciabilità».
Superata anche la stasi sugli spumanti dealcolati. La modifica al decreto-legge prevede, infatti, che nel caso in cui la gassificazione dei prodotti dealcolati avvenga negli stabilimenti in cui si producono vini spumanti elaborati con saccarosio, la comunicazione preventiva può essere fatta congiuntamente alla elaborazione di vino spumante.
Tutto superato, quindi? Si può procedere con la produzione di dealcolati anche in Italia? Non proprio. Prima bisogna sciogliere il nodo delle acciseche, come avevano sottolineato Unione italiana vini e molti produttori vitivinicoli, al momento blocca la produzione. L’ipotesi è di procedere con una norma ponte in attesa del decreto interministeriale Masaf-Mef.
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