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Modelli in crisi

Per il Bordeaux una campagna en primeur disastrosa. I prezzi in caduta libera non bastano a richiamare gli acquirenti

Alla crisi interna, si aggiungono un'annata difficile, l'incertezza dei dazi e la concorrenza di altri vini. Il risultato? Tagli al prezzo fino al 30% e collezionisti in fuga

  • 08 Maggio, 2025

La campagna en primeur 2024 di Bordeaux è ufficialmente partita, ma l’entusiasmo è ai minimi storici. Nonostante forti tagli di prezzo da parte di alcune delle cantine più prestigiose al mondo — in alcuni casi i più bassi degli ultimi dieci anni — il mercato sembra ancora poco ricettivo. Il Financial Times riporta come la riduzione drastica di prezzi sulle nuove annate arriva al 30%. Un duro colpo per uno dei mercati più antichi del mondo, da cui gli investitori facoltosi sembrano allontanarsi sempre di più.

«È la situazione più complicata che abbia mai visto» ha detto al Financial Times Miles Davis, consulente per Vinum Fine Wines. «Il peggior mercato degli ultimi vent’anni».

La crisi del modello en Primeur

Il motivo di questo scenario? È da cercare nei tre i punti chiave per una campagna en primeur di successo nel mercato statunitense per i vini di Bordeaux: un’ottima annata, un’economia globale stabile e il dollaro come moneta forte. Tuttavia «nessuna di queste condizioni è stata soddisfatta questa volta» scrive Wine Spectator.

A questo si aggiunga la crisi del modello Bordeaux, che come hanno spiegato al Gambero Rosso gli stessi négociant ha bisogno di essere ripensato, dopo che per anni si è trattato il vino solo come un prodotto finanziario, con prezzi gonfiati fino a far scoppiare la bolla.

Un’annata difficile, ma non disastrosa

Le condizioni climatiche del 2024 sono state tutt’altro che ideali: una primavera e un’estate fredde e umide hanno messo alla prova i viticoltori. Tuttavia, grazie ai progressi tecnici in vigna e in cantina, molti produttori sono riusciti a ottenere vini di qualità discreta. Secondo James Molesworth, esperto della rivista Wine Spectator, infatti,  l’annata non è da bocciare, ma neppure da incorniciare.

L’ incognita dazi

Anche il contesto macroeconomico pesa negativamente. L’inflazione post-pandemica, le tensioni commerciali internazionali e in particolare le nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti sull’importazione di beni europei (attualmente al 10%, ma con il rischio di salire al 20% in estate) stanno alimentando la cautela. La minaccia di dazi aggiuntivi è talmente concreta che alcuni grandi operatori americani, come JJ Buckley Fine Wines, hanno deciso di non partecipare affatto alla campagna en primeur.

«Per la prima volta non compreremo alcun vino en primeur per il nostro magazzino» ha dichiarato Shaun Bishop, Ceo di JJ Buckley. «Il rischio è troppo alto se non conosciamo il prezzo finale. Meglio puntare su annate precedenti, già imbottigliate e pronte al consumo».

 

Prezzi in picchiata, ma non basta

Sulla carta, i prezzi sembrano molto più vantaggiosi rispetto al passato. Château Cheval-Blanc, ad esempio, ha lanciato la sua prima tranche a 276 euro per bottiglia ex-négociant, con un calo del 28% rispetto all’annata 2023. Negli Stati Uniti, il prezzo medio al dettaglio si aggira sui 372 dollari a bottiglia, contro i 531 dell’anno scorso.

Anche Lafite Rothschild, ha ridotto i prezzi del 27%, portandoli a 288 euro ex-négociant (circa 393 dollari al dettaglio negli Stati Uniti). Ma non tutti i produttori hanno convinto gli acquirenti: Château Pontet-Canet, pur offrendo un ribasso minimo del 4% sul 2023, ha ricevuto una tiepida accoglienza, mentre Château Angélus, ha visto un calo d’interesse nonostante uno sconto del 27%.

A frenare l’entusiasmo dei compratori statunitensi c’è anche il cambio euro-dollaro: dalla fine del 2024, il dollaro ha perso quasi il 9% rispetto all’euro. Questo significa che i vantaggi di prezzo concessi dagli château si riducono sensibilmente per gli acquirenti oltreoceano.

Il futuro incerto dell’en primeur

A questo scenario si aggiunge la concorrenza crescente di altre regioni vinicole. La Borgogna continua a conquistare appassionati e investitori, mentre Paesi come Italia e Stati Uniti stanno guadagnando terreno nella fascia alta del mercato. Bordeaux, che nel 2014 rappresentava oltre la metà del commercio globale di vini pregiati, oggi è scesa a circa un quarto, secondo dati Liv-ex.

Molti esperti si interrogano sul futuro del sistema en primeur. «È un modello che ha senso solo se offre un reale vantaggio economico» afferma Ella Lister di Wine Lister. «E ultimamente non è stato così». Le fa eco Chloe Ashton, consulente per collezionisti e mercanti di vino di alta gamma, che nota un cambiamento di paradigma: «Oggi i collezionisti non hanno più bisogno di bloccare capitale in annate incerte. Le cantine sono piene di vecchie annate ancora disponibili».

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