Un 2024 non brillante ma di consolidamento per le certificazioni di vino: al 31 dicembre sono poco più di 2miliardi le bottiglie immesse sul mercato. Ma già il 2025 mostra maggiori segnali di cedimento: -3,3% nel primo trimestre a causa delle condizione di incertezza legati ai dazi Usa e alla conseguente prudenza degli operatori statunitensi.
Ć quanto viene fuori dallāAnnual Report 2025 di Valoritalia, azienda che certifica 219 denominazioni dāorigine pari al 56% della produzione nazionale dei vini di qualitĆ per un valore di oltre 9 miliardi di euro.
Prova a guardare al bicchiere mezzo pieno il direttore generale di Valoritalia Giuseppe Liberatore: Ā«Nonostante il contesto internazionale complesso – ha sottolineato – il 2024 si conferma un anno di consolidamento, non brillante ma comunque positivo, con 2,019 miliardi di bottiglie immesse sul mercato, in lieve calo rispetto al 2023 (0,46%) ma in crescita dellā1,4% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Un dato particolarmente significativo che mostra come la filiera italiana mantenga i volumi elevati del 2021, raggiunti con lāinaspettato boom dei consumi dellāera Covid, con oltre 110 milioni di bottiglie in più rispetto al 2019, segno di competitivitĆ delle nostre imprese anche in momenti difficili come questoĀ».
Lāultimo quinquennio ĆØ stato infatti compromesso da una serie di dinamiche inattese che continuano a determinare un quadro di indeterminatezza economica tra lāepidemia di Covid, due guerre in atto e la recente minaccia dei dazi statunitensi.
Nel report vengono fuori i mutamenti delle preferenze dei consumatori, che si sono progressivamente spostati dai vini rossi alle bollicine e ai vini di pronta beva. Le denominazioni a prevalenza vino rosso hanno subito una contrazione del 6,8% mentre gli spumanti guadagnano un importante +5%. Parallelamente le Docg, per il terzo anno consecutivo, subiscono una perdita (-2,3%) come del resto le Igt (-6,3%) che nel 2023 avevano messo a segno un poderoso incremento del 16,5%, mentre le Doc, che rappresentano il 58% del valore del vino certificato nel 2024 (pari a 5,35 miliardi), salgono del 2,7%.
«I dati evidenziano un progressivo riallineamento tra offerta e domanda, in cui la competitività delle denominazioni non si gioca più soltanto sul valore storico, ma sulla capacità di intercettare dinamiche di consumo sempre più orientate alla versatilità », è il commento di Giuseppina Amodio, direttrice operativa di Valoritalia.
Resta, infine, la questione delle troppe denominazioni, che era giĆ stato più volte sollevato dall’ente di certificazione. Più una denominazione ĆØ di entitĆ limitata più i volumi tenderebbero a diventare volatili, rivela il report. Infatti, delle 219 denominazioni certificate da Valoritalia, le prime 20 rappresentano ben 86% dellāimbottigliato, le prime 40 quasi il 95%, mentre le ultime 139 raggiungono a fatica lā1,4%. Lo stesso si riscontra in termini di volumi numerici dove solo il 12% delle aziende supera i 50 milioni di fatturato con il restante che, a stento, va oltre il milione.
Ā«Lāelevato numero di denominazioni rappresenta una forza in termini di rappresentanza ma anche un limite strutturale se non si considerano con sufficiente attenzione gli aspetti organizzativi e dimensionali legati alla rappresentanza dei consorzi ā ĆØ il commento del presidente di Valoritalia Francesco Liantonio, che poi continua: Ā«Una limitata dimensione della denominazione comporta, implicitamente, unāaltrettanto limitata capacitĆ operativa degli stessi che faticano a svolgere le funzioni fondamentali di tutela, promozione e valorizzazione. Per questo motivo, la riforma volontaria del sistema consortile potrebbe essere oggi la chiave di volta per riportare a unitĆ decisionale le frammentate realtĆ locali. Una direzione sempre più necessaria soprattutto in questo periodo di incertezza geopolitica, calo dei consumi e continua minaccia dei dazi statunitensi. Se vogliamo assicurare al nostro settore un futuro, dovremo impegnarci seriamente per affrontare quei nodi di cui da tempo siamo consapevoli, partendo dalle basi e avendo il coraggio di mettere in discussione decisioni e soluzioni organizzative che oggi appaiono inadeguate, se non anacronisticheĀ».
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