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Cosa succede quando gli chef laziali incontrano i grandi vini del territorio

Arsial e Regione Lazio raccontano un territorio in fermento attraverso l’incontro tra grandi vini e cucina d’autore, per riscrivere l’identità gastronomica regionale oltre i cliché

  • 02 Maggio, 2025

In collaborazione con Arsial

La riscoperta della viticoltura laziale passa oggi da una nuova consapevolezza gastronomica: un dialogo sempre più stretto tra il vino e il patrimonio culinario del territorio. Non è solo questione di abbinamenti ben riusciti, ma di un racconto corale che mette in scena prodotti, tradizioni e visioni contemporanee. La cucina regionale ha conosciuto negli ultimi anni una crescita esponenziale di popolarità, alimentata dalla moltiplicazione – anche fuori confine – di ristoranti che rendono omaggio alla grande tradizione della capitale e dei suoi dintorni. Se a Roma (e in tutte le grandi metropoli del mondo) i capisaldi della pasta povera e saporita – cacio e pepe, gricia, carbonara – dominano le scene insieme ai piatti del quinto quarto, nelle campagne e nei borghi delle altre quattro province laziali sta prendendo forma una rivoluzione più silenziosa e ambiziosa. Decine di giovani chef si muovono tra orti, forni e piccoli allevamenti locali, travalicando i confini della tradizione per costruire una nuova identità gastronomica: fatta di ingredienti a chilometro zero, tecniche raffinate e un’estetica del gusto che non rinnega le radici, ma le reinventa con intelligenza e audacia.

Le eccellenze della guida vini d’Italia incontrano i piatti d’autore

Giuseppe Carrus, curatore della guida vini d’ Italia, ha pensato gli abbinamenti tra alcune delle eccellenze vinicole premiate dal Gambero Rosso e i piatti degli chef protagonisti delle degustazioni e show cooking organizzate al Padiglione Lazio.
Doriano Perciballi del ristorante Locanda Dorica di Velletri (RM) ha inaugurato le danze il 6 aprile con il suo vitello nel bosco con salsa ai funghi dei Monti Lepini, mandorla salata della Tuscia, il suo fondo e timo. Un piatto che mette insieme ingredienti del Sud e del nord del Lazio, giocato su sapori autunnali, ricchi e avvolgenti, che ha sposato il Sergio Mottura Brut M. Cl. ’15 di Sergio Mottura: fresco e salino grazie all’impronta minerale conferita allo Chardonnay dai suoli vulcanici della Tuscia, ma anche complesso, cremoso e strutturato come la lunga sosta sui lieviti impone.


I piatti a base vegetale del menu La Terra proposto il 7 aprile dallo chef stellato Marco Bottega di Aminta Resort a Genazzano (RM) hanno incontrato, invece, due espressione diverse e complementari del terroir dell’ agro romano: il Frascati Superiore 2023 di Casale Marchese: fresco, di medio corpo, dai toni giovanili e leggermente erbacei che ricalcano i sapori della focaccia di Grano Senatore Cappelli, misticanza e liquirizia; il Roma Bianco 2023 di Poggio Le Volpi: da uve Malvasia del Lazio e Bombino, con una struttura più morbida e un corredo aromatico più intenso che esalta il binomio vegetale-cremoso del riso con erbe dolci e formaggi delle colline Laziali.
L’Aria il 9 aprile ha avuto come protagonisti i volatili e la cacciagione: tra le cinque portate, i maltagliati al ragù di asparagi e piccione hanno riaffermato l’importanza dell’equilibrio tra vegetale e animale nella cucina di Marco Bottega, incontrando il Poggio Triale 2022 di La Pazzaglia, espressione archetipica del Grechetto della Tuscia, vitigno a bacca bianca che per struttura e ricchezza di tannini si avvicina molto a un rosso, conferendo al vino una sensazione tattile che bilancia la succulenza e il sapore deciso del ragù.
La cacciagione di pelo ha preso la scena nel menù Il Bosco dell’8 aprile.
Il cinghiale è la carne più diffusa nelle preparazioni delle aree al confine con Umbria, Toscana e Lazio. E proprio da vigne sui margini nord-orientali della regione, non lontano dal lago di Bolsena, proviene il vino proposto in abbinamento al lombo di cinghiale, erbe di campo e purè di sedano di Bottega. Parliamo del Montiano 2021 di Famiglia Cotarella, tra i più importanti Merlot in purezza a livello nazionale. Dotato di pienezza, ricchezza fruttata, balsamica e tostata, ma anche di una sottile salinità vulcanica che massimizza l’effetto sgrassante, rafforzando l’eleganza del boccone e allungandone la persistenza piacevolmente boschiva.

Il Lazio si sta guadagnando un posto di rilievo nella mappa enogastronomica nazionale grazie a un lavoro capillare che parte dai territori e coinvolge chef, produttori e vignaioli. L’incontro tra cucina contemporanea e vini di qualità non è solo un esercizio stilistico, ma un’occasione per ripensare l’identità regionale e comunicarla in modo efficace, dentro e fuori i confini. Il risultato è una narrazione coerente, che valorizza le eccellenze senza appiattirle, e che dimostra come la tradizione, se ben interpretata, possa ancora sorprendere.

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