ยซA me piacciono gli anfratti bui delle osterie dormientiยป scriveva Alda Merini, che 15 anni fa ci ha lasciato dopo una vita furibonda di amore e dolore eterni. Un’esistenza raccontata a piene mani dalla sua biografia in versi, lorda di vita eppure cristallina, scritta per intervalla insaniae e poi diventata cronaca di una cittร che Merini ha vissuto, straripante, da quei Navigli di Milano che tanto ha amato. Dove รจ nata in via Mangone, a Porta Genova, ยซil 21 di primaveraยป dell’anno 1931 quando quella ยซera una zona nuova ai tempi, di mezze persone, alcune un poโ eleganti altre noยป e dove ha vissuto a piรน riprese, in famiglia prima e poi in solitudine, nelle tregue concesse dalla guerra e dagli abissi del manicomio. Alda Merini e la sua famiglia erano ยซpoveri in cannaยป. Si sposa presto, a un certo punto con il marito prende una panetteria in via Lipari, non facevano il pane, lo vendevano soltanto: ยซMi chiamavano la fornarettaยป racconta a Cristiana Ceci nel 2004. Sono ricordi sbiaditi, ma la fame d’amore e di cibo accompagnerร Alda Merini per tutta la sua vita nella casa in Ripa di Porta Ticinese dove รจ rimasta fino all’ultimo, nell’indigenza e nell’accumulo che le faceva segnare i muri come taccuini, sopraffatta dalle robe che raccoglieva e custodiva, nella stanza oggi smantellata e ricostruita altrove, a memoria della poetessa dei Navigli.
Quanto era diversa la Milano di allora. C’erano le osterie ยซdove la gente culmina nellโeccesso del cantoยป. Difficile immaginarla adesso tra i Navigli afflitti dalla vita notturna, incastrati tra gli Spritz e i taglieri gonfi di salumi. All’epoca si percepiva ancora l’eco di una vitalitร popolare, sempre piรน bohรจmien, sempre meno proletaria. E infatti Alda cominciava a guardarla con sospetto: ยซNon lโamo piรน Milano. ร diventata una belva che non รจ piรน la nostra cittร . Adesso รจ una grassa signora piena di inutili orpelliยป. Chissร cosa direbbe ora di quei luoghi su cui ha tracciato la sua geografia sentimentale, in cui trovava rifugio dall’angoscia: ยซa me piacciono le cose bestemmiate e leggere, e i calici di vino profondi, dove la mente esulta, livello di magico pensieroยป e poi ancora ยซio amo le osterie che parlano il linguaggio sottile della lingua di Baccoยป. Era la lingua che dava tregua alla solitudine: ยซTroppo sciocco รจ piangere sopra un amore perduto malvissuto e scostante, meglio lโacre vapore del vino indenne, meglio lโubriacatura del genio, meglio sรฌ meglio lโindagine sorda delle scorrevolezze di viteยป. E altrove: ยซO vino che canti il mio dolore, vino che sei il precipizio estremo, vino che dai lโillusione della morte e fai solo dormire fino al nuovo doloreยป.
La immaginiamo Alda Merini con le sue collane e la sigaretta accesa, a sbirciare nei locali alla buona: ยซIeri sera nel basso dentro la gioconda osteria un uomo trangugiava il suo vino con una voluttร bacchica e assente, io guardavo la sua gola turgida di vino e dimenticanza e mi chiesi come mai mi tenessi in cuore una spina senza chiedere aiuto a Baccoยป. E torna in piรน punti, la presenza salvifica delle osterie quando la tavola domestica si รจ trasformata in deserto: ยซLa mia cucina da anni non รจ piรน calda, non ci mangia piรน nessunoยป. Non ci sono piรน gli affetti a tenerla lรฌ: ยซIo mi nutro con un panino, rovesciata sul letto, guardando pareti da cancellare. Non potrei piรน desinare in cucina senza mio marito e i miei figli. Se faccio tardi ceno anche in piccole trattorie, ma รจ la stessa cosa. Quando torno a casa non cโรจ nessuna pentola che bolle intornoยป. Nessuna cucina sia nel silenzio dei sentimenti.
Alda Merini scrive del suo amore potentissimo, dei suoi silenzi, della solitudine che soffoca, toglie e dร vita. Scriveva nel cortile della sua casa a Ripa di Porta Ticinese 47 o al bar Chimera, che era in via Cicco Simonetta, un po’ caffรจ un po’ ritrovo di scrittori e intellettuali, e poi c’era la tabaccheria di via Magolfa 30 che Alda โ fumatrice accanita โ frequentava assiduamente. Un tempo i tabacchini potevano essere punti di incontro e di socialitร , riunivano uomini e donne intorno al loro vizio, come succedeva con le osterie che Alda Merini amava tanto. Oggi la tabaccheria รจ diventata lo Spazio Alda Merini, lรฌ รจ stata ricostruita la sua stanza da letto: il muro degli angeli dove appuntava numeri di telefono e scarabocchi con il suo rossetto rosso, i mobili, il comodino con la lattina di Coca Cola, la macchina da scrivere, le sue sciarpe, gli abiti donati dalle quattro figlie al Comune di Milano che ha omaggiato la poetessa intitolandole un ponte sui navigli a un passo da casa sua, a 10 anni dalla morte. Mobili coperti della polvere ยซfatta di ali di farfalle sbriciolateยป. Diceva di non toglierla quella polvere perchรฉ con lei cancelli la vita e i ricordi, perchรฉ la polvere ยซsono i pensieri che, dopo il volo, si fanno materia e come polvere rimangono a testimonianzaยป. Ma certi ricordi non si cancellano.
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