Un sito di informazione generalista, Il Post, scrive un articolo sulla frollatura del pesce. Non sempre il pesce migliore รจ quello fresco, il titolo. Un articolo di qualche giorno fa, rilanciato sui canali social con una presentazione piuttosto goffa: ยซNon si fa frollare piรน solo la carne: ora nella grande ristorazione la frollatura รจ anche per il pesceยป. Non una grande scoperta, va detto. Ma insomma, si sa che il giornalismo รจ lโarte della rivelazione dellโacqua calda. Ma la community dei gourmet ci va giรน pesante. ยซMa non mi dire, uno scoop impressionanteยป, riposta un critico gastronomico. ยซNon me lo sarei mai immaginatoยป, commenta un giornalista gastrico piuttosto importante. ยซAdesso posso dormire serenoยป, ironizza un altro. โAvanguardiaaaa!โ, sbraita un altro ancora. ยซIl primo dei tanti libri di Niland รจ stato tradotto nel 2020 ed รจ stato un grande successo. Se cerchi in Google โpesce frollatoโ trovi un mare di link. Se qualcuno รจ appena appena interessato alla cucina e curioso di suo, conosceva il concetto. Approcciarlo come se fosse una sconosciuta novitร รจ cheapยป, argomenta un altro stimato gastronomo autore di molti libri sulla materia. Io, confesso, non sapevo chi fosse Niland, che scopro chiamarsi Josh ed essere unโautoritร in campo ittico-gastronomico. Mea culpa, mea maxima culpa. E pensare che sono nato sotto il segno dei pesci.
L’articolo del Post che ha scatenato la critica
Ma quando รจ esattamente che siamo diventati cosรฌ? Quando รจ che si รจ creato questo scollamento tra chi si occupa di cibo per professione e passione e tutti gli altri? Quelli, per intenderci, che al ristorante non vanno tutti i giorni e per la gran parte delle volte si tratta di pizzerie e cinesi. Quelli che del fine dining hanno un poโ di timore perchรฉ si sentono inadeguati e giudicati (e fanno bene, direi). Quelli che non fanno la spesa nel mercato contadino perchรฉ lo trovano caro e vanno alla Lidl. Costoro, insomma, hanno tutto il diritto di non sapere che il pesce si fa frollare e magari possono venirne informati dallโarticolo di un sito (peraltro piuttosto autorevole) tra un pezzo su Hezbollah e un altro sui Giochi Olimpici. Notizie per gente normale, non per gastrofighetti.
I gastro-snob
Ma il mondo della gastronomia va cosรฌ, si รจ auto rinchiuso in un ghetto dorato da cui sbircia fuori solo per sentirsi superiore a chi non vi ha accesso. Qualche mese fa tutti a parlare di chef Ruffi, ยซil peggiore cuoco italiano del mondoยป. Un personaggio bizzarro, che si nasconde dietro una maschera e gira video di ricette pasticciate, piene di panna e di glutammato, ยซperchรฉ cosรฌ fan tuttiยป. Ok, magari non tutti ma certamente molti. Uno che non si sa davvero se ci faccia o ci sia e soprattutto chi sia: un comico? Un vero chef che vuole profanare i rituali dellโalta cucina? Un mestierante che svela cosa succede davvero nelle cucine? Un gastrofighetto talmente raffinato da prendersi gioco dei suoi simili? In fondo non importa saperlo, basterebbe prendere ciรฒ che di buono questo tipo dal pesante accento campano potrebbe offrirci: una critica rozza e beffarda sulle cerimonie stellate, un vaccino contro la malattia del prendersi-troppo-sul-serio.
Un critico gastronomico
E invece come sempre la combriccola dei gourmettari reagisce come una casta: non potendo criticare uno chef burlone sui social si scatena come un solo corpo contro il Corriere della Sera che pubblica lโintervista e contro la stimata collega che ha parlato con chef Ruffi. ยซNon hanno piรน contenuti seri da pubblicareยป, attacca uno. ยซForse non li sanno nemmeno adocchiare i contenuti validiยป, aggiunge un altro. ยซIl Corsera non รจ piรน il quotidiano dei nostri tempi, ma quello dei click attualiยป, si lagna un terzo. Nessuno รจ sfiorato dal dubbio che alla gente la storia di un cuoco da strapazzo che รจ riuscito a conquistare centinaia di migliaia di follower sbeffeggiando i masterchef possa interessare. Per loro, per tutti i comunicatori della cucina che mangiano solo loro, i โcontenuti validiโ sono solo quelli relativi allo chef islandese che fa foraging estremo ai piedi dei ghiacciai. Una cheffe senegalese che nessuno potrร mai provare per pure ragioni logistiche dovrebbe interessarci piรน di un cuoco italiano che ci svela dei truccacci per fare dei piatti medi in tempi accettabili e che, in fondo parla e straparla di noi. E sentite il commento di un altro โesperto di ristorantiโ: ยซIo comunque sono a un pranzo con Ducasse e Passard, facciamo la zuppa alla frantoiana e le rovellineยป. Perchรฉ io soโ io e il resto lo sapete benissimo.
La gastronomia รจ per tutti. O no?
Ha senso una comunicazione gastronomica siffatta? La competenza รจ sempre da apprezzare, non lo discuto, ma non deve mai diventare unโarma impropria. Girare per ristoranti รจ spesso un premio a una sensibilitร particolare e a una profonda cultura gastronomica, ma resta anche una fortuna che pochi possono vantare anche perchรฉ se non si รจ invitati รจ riservata a portafogli adeguatamente gonfi. E dobbiamo guadagnarcela raccontando il circo della gastronomia con umiltร ed empatia, soprattutto quando non scriviamo per una rivista specializzata ma su una testata per tutti. Magari in pochi ci leggeranno, ma tra quelli che avranno il buon cuore di farlo potrebbe esserci un curioso a cui il racconto apre qualche porta verso il paradiso. Invece no, preferiamo chiuderci nel nostro mondo annoiato in cui tutto รจ stato giร raccontato, in cui โquella cosa si faceva giร ventโanni faโ, โquello chef ha copiatoโ, โio lo sapevo giร โ, โio lโavevo mangiato giร โ. Da Massimo, da Niko, da Renรฉ, da Ferran, da Bittor, da Virgilio. Sempre per nome di battesimo, non sia mai.
Viviamo in conventicole, gli impallinati del latte crudo, i profeti della birra sempre piรน artigianale, i soloni dellโaffumicatura, gli apostoli della maturazione, i vati dello special coffee, i veggenti del vino rifermentato. Secondo alcuni di noi, il popolo disprezzato e con il colesterolo anabolizzato dal fast food dovrebbe tenere i volumi di Niland come livre de chevet. Ma in fondo alla fine siamo contenti che questo non avvenga, perchรฉ non potremmo piรน sentirci migliori. Anche basta, grazie.
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