โIl ricatto dei food bloggerโ รจ il titolo di copertina del mensile Gambero Rosso di marzo. Il riferimento รจ a due inchieste del nostro Ludovico Perin che raccontano bene che cosa sia diventato il mercato della comunicazione enogastronomica oggi in Italia. Di cibo parliamo dalla mattina alla sera, tutti quanti, ovunque. Una conversazione unica e perpetua, nazionale, un tappeto sonoro di fondo che riempie qualunque momento della giornata, attraverso ogni strumento. Ma รจ innegabile che i luoghi principali deputati a ricevere e amplificare le riflessioni su ciรฒ che mangiamo e beviamo, su come, quanto e dove lo facciamo, siano quelli piรน popolati (e popolari): vale a dire i social e il web. Ed รจ qui che allignano i maggiori rischi.
Nei giorni roventi di gennaio abbiamo avuto lโimpressione di essere arrivati a una sorta di punto di svolta. Due casi โ diversi ma entrambi di inusitata potenza mediatica โ il Pandoro-gate di Chiara Ferragni e il fact checking dello chef-blogger Lorenzo Biagiarelli finito in tragedia, con il suicidio della pizzaiola Giovanna Pedretti โ ci hanno costretto a rivedere alla radice il rapporto tra noi stessi e quello che viene detto e scritto, con la pubblicitร , con lโinformazione. Persino la giurassica e dormiente autoritร per la tutela del mercato si รจ trovata a dover intervenire cercando di mettere ordine in una giungla che lei per prima ha fatto finta per anni di non vedere.
E perรฒ, per quanto spettacolari e shockanti, questi casi non hanno detto tutto quello che cโera da dire sulle storture del settore. Hanno dimenticato ad esempio di raccontare che alle spalle dei grandi influencer, a loro modo dei grandi professionisti, si muove un esercito aggressivo e spesso disarticolato di aspiranti o sedicenti influencer se non addirittura โnon influencerโ (spesso hanno pochi follower) privi di ogni tipo di preparazione che tentano e non di rado riescono a lucrare migliaia di euro ricattando e minacciando baristi, ristoratori, imprenditori del settore. Un autentico racket che alla fine dei conti vale milioni di euro capace di generare danni che vanno di molto oltre a quelli immediatamente economici. Danni di credibilitร , di reputazione, di immagine a un mondo che di questi requisiti vive e che su questi requisiti lavora quotidianamente per migliorare lโofferta e rimanere al passo con i competitor internazionali.
A subire i danni maggiori alla fine non sono nemmeno i ristoratori ricattati, quanto i consumatori che si ritrovano parte inconsapevole dei raggiri finendo a loro volta per essere raggirati e โmandatiโ a mangiare o a bere in posti privi di ogni valore. Un meccanismo che rischia di minare radicalmente tutti i meccanismi di base, le fondamenta del nostro mondo rispetto al quale lโunica possibilitร che ci รจ concessa รจ quella di cercare di impegnarci sempre di piรน nel nostro quotidiano lavoro giornalistico per offrire ai nostri lettori una critica enogastronomica sempre affidabile e pulita.
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