Cโera giร tutto. Cinquantโanni fa, nella trasmissione A tavola alle 7 con Ave Ninchi e Luigi Veronelli, la Rai aveva giร anticipato tutto ciรฒ che a distanza di decenni avremmo rivisto in tv, dalle sfide ai fornelli tra vip (in stile La prova del cuoco con la Clerici) alle Mistery Box di Masterchef. Cโera tutto, ma con molta molta piรน classe e anche con piรน ironia.
Era il 22 marzo del 1974 quando Colazione allo Studio 7 si trasforma nel nuovo format e una simpatica Ave Ninchi lo presenta al pubblico italiano del piccolo schermo. La prima mezzโora di trasmissione scorre via veloce ed รจ davvero un piccolo e divertente compendio di tutto ciรฒ che avremmo visto decenni dopo. Con una bella dose di spessore in piรน, perรฒ.
Era il primo vero programma di cucina e di enogastronomia made in Italy: a rivederlo ora non gli daresti 50 anni, non diresti โinteressante, ma un poโ datatoโ.
Luigi Veronelli e Ave Ninchi in apertura della prima puntata di A tavola alle 7: la trasmissione Rai compie 50 anni
La regia del format era di Lino Procacci, uno dei padri della nuova Rai, formatosi nei dietro le quinte della tv americana e rientrato in Italia con un bagaglio e una vitalitร ancora mai visti qui da noi. Regista della prima puntata, la prima donna regista in Rai: Alda (Dada) Grimaldi che โ nota di โcoloreโ โ ci ha lasciati a 104 anni nel dicembre scorso. Luigi Veronelli, che da 4 anni era giร una presenza in Rai, tira fuori tutta la simpatia e lo spessore di un uomo che sarร considerato il padre del nuovo corso del vino e della gastronomia italiani, ma con una naturalezza, una semplicitร e una chiarezza di comunicazione che raramente abbiamo visto in tv (a livello, per citare dei โgrandi vecchiโ, di Enzo Biagi e Sergio Zavoli). Accanto a lui, anzi sapientemente (da parte della regia) davanti a lui (perchรฉ sarร lei a introdurlo) una Ave Ninchi capace di arrivare dritta al cuore dei telespettatori e di fare da ponte tra lo spessore di un Veronelli e un pubblico che iniziava ad avvicinarsi alla โgastronomiaโ (con il cibo inteso come piacere e non solo come nutrimento) ma che ancora era in transito da un mondo essenzialmente agricolo alla grande giostra del mercato moderno industriale e giร quasi post-industriale.
Locandina del programma con la foto di Ave Ninchi super-ritoccata, in stile con la moda anni 70
Erano anni di crescita, di sviluppo, di moltiplicazione del Pil e dei redditi delle famiglie. Si intuiva una sorta di โsol dellโavvenireโ sociale se non proprio politico, ma si sentivano anche i primi contraccolpi della recente Austerity, dellโinflazione, dellโaumento dei prezzi e delle spese per i servizi. E aleggiava il fantasma di quella nouvelle cuisine di estrazione francese che per anni e anni avrebbe movimentato la discussione in tema di cucina e gusti e che avrebbe diviso il popolo dei gourmand (ma anche le famiglie) in โtradizionalistiโ e โinnovatoriโ.
L’attrice Francesca Romana Coluzzi presenta la sua zuppa ciociara di cannellini
A confrontarsi ai fornelli due vip, subito presentati e ben noti al pubblico main stream: lโattrice (bellissima, statuaria) Francesca Romana Coluzzi appena trentenne e uscita prima dal film Venga a prendere un caffรจ da noi di Lattuada e poi passata da una serie di altre pellicole di genere come Il Sergente Rompiglioni con Franco Franchi. A sfidarla un peso massimo del calibro di Felice Chiusano, voce del Quartetto Cetra. Il tema della puntata (ne seguiranno altre 9 per quellโanno e il format andrร avanti fino al 1976) sono le minestre. Lei presenta un piatto semplicissimo e iper-territoriale: la zuppa di fagioli alla ciociara. Un piatto di pochissimi ingredienti (fagioli, acqua, olio di oliva, prezzemolo e peperoncino, accompagnati da dadini di pane fritto) e molto rustico che โ spiega lโattrice โ โa Roma realizzano mettendoci anche sedano, cipolla e carotaโ. Giร al primo impatto emerge lo spessore di una cucina non โregionaleโ, ma โcomunaleโ, โfamiliareโ, fotografia di una Italia che stava giร scomparendo e che la Rai si premura di non far dimenticare.
Felice Chiusano, voce del Quartetto Cetra, presenta la sua zuppa di spinaci
Di lรฌ a poco, in un veloce telequiz con gli spettatori presenti al teatro, Ave Ninchi chiederร quanto pane serve per una โminestra di pan tritoโ per 10 persone: ma chi lo sa? E chi piรน preparava in casa la minestra di pane โ una sorta di pancotto o di stracciatella rustica โ in quegli anni in cui il lusso e la comoditร del supermercato avevano giร iniziato a โcorrompereโ le tradizioni del passato? E infatti la signora interrogata sbaglia la risposta. Almeno secondo Veronelli.
Di contro, invece, il cantante si lancia in una preparazione piรน complessa, una zuppa di spinaci che richiama perรฒ atmosfere piรน francesi con lโuso di latte, formaggio grattugiato (quel Grana o Parmigiano che insieme al servizio militare obbligatorio contribuirono a creare un senso โ e un gusto โ comune a unโItalia diventata non da moltissimo nazione), noce moscata e anche qui dadini di pane dorati nel burro. Insomma, si tratta di due preparazioni per molti aspetti agli antipodi e figlie di due Italie diverse per quanto conviventi negli stessi confini nazionali. Alla fine vince la zuppa di cannellini dalla Ciociaria, vince la nettezza del territorio e della rusticitร . Oggi diremmo โdella semplicitร โ.
Aldo Fabrizi e Ave Ninchi con la “mistery box”, alias beauty case gastronomico dell’attore e gourmand romano
Abbiamo parlato della sfida gastronomica, ma tra lโinizio della trasmissione e la sua parte finale, entra in scena uno scoppiettante Aldo Fabrizi che si porta dietro una sorta di beauty case gastronomico. โIo il venerdรฌ mangio di magro, cosรฌ ho optato per una zuppa di ceci โ spiega mostrando a una curiosa Ave Ninchi il contenuto della box โ Cosรฌ ho pensato: a Torino dove la trovo una zuppa di ceci? E mi sono portato il necessarioโฆโ Fabrizi comincia a giocare prendendo garbatamente in giro i primi vagiti di nouvelle cuisine che iniziavano a irretire gli โchefโ nostrani. Dal suo beauty case esce unย barattolino: โCโรจ del basilico, essiccato per metร al sole di agosto e per metร al sole di giugnoโ.
Poi una scatolina con pezzetti secchi: โQui una salsetta di mia invenzione, ma non vi dirรฒ la ricettaโฆโ a sbeffeggiare i vasetti di sugo pronto che da un poโ occupavano gli scaffali della nascente gdo. E compare uno specchietto: โPer raddoppiare i pomodorini, eccoliโฆ Che diventano ottoโ, ironizzando su inflazione e caro-spesa incipiente. Ma come li cucini? Chiede Ave, hai anche un fornelletto elettrico? โโNa vorta mโoo portavo, ma ormai in albergo hanno capito e mi mettono sempre una potenza limitata, appena lo attacco salta tuttoโ. E allora, insiste la conduttrice, come cucini, col petrolio? โCol petrolio me verrebbe a costร qualsiasi cifra, me verrebbe a costร diecimila lireโฆโ Un siparietto che ironizza sulla crisi energetica. E poi ci sono i consigli culinari: il tulle delle bomboniere per racchiudere il rosmarino ed evitare che le foglioline si sparpaglino. โE poi โ spiega โ in un piatto ci deve essere un odore che domina: nella pasta e ceci ci va il rosmarino che deve dominareโ. E racconta anche le evoluzioni di un piatto ben presente nellโimmaginario delle famiglie: โsi puรฒ fare pasta e ceci con le arselle che sanno di mare (a parte vai a capire di quale mare oggi, con tutte quelle petroliere!), quelle vongole piccole, mica quelle che chiamano cornute. E si puรฒ fare con i tenerelli, gli zampetti di vitella lessati, disossati, insaporiti nel sugo. Questo piatto fa da primo e da secondoโ. In questa occasione, con assoluta nonchalance, la Ninchi prende spunto per presentare il nuovo libro dellโattore gourmand, Nonna Minestra, che ancora รจ un volume da leggere (nel vero senso della parola: leggere, non solo per le ricette) per quanto introvabile (candiderei il Gambero a pubblicarne una โprovocatoriaโ ristampa!).
Veronelli con Piero Sattanino che vinse nel 1971 il titolo mondiale di sommelier dell’anno
Ecco, dopo una serie di intermezzi in cui si racconta un consommรฉ al Madeira, una stracciatella, i garganelli fatti in studio da una cuoca di Imola che usa il pettine da filatura per stendere la sfoglia e ne racconta la leggenda, dopo un angolo dedicato al vino e ai cavatappi con il sommelier campione del mondo (Piero Sattanino che vinse il titolo nel 1971), la trasmissione si avvia a chiusura con una distribuzione delle zuppe preparate dai due sfidanti al pubblico in sala. Senza effetti speciali, senza colpi a sorpresa, con garbo ed eleganza. Se cโera giร tutto, in quella prima trasmissione di 50 anni fa, capiamo perรฒ anche cosa manchi ai tanti โcontestโ che ci irretiscono nelle serate casalinghe davanti al piccolo schermo (una volta, era piccolo!): garbo, spessore, ironia. Chissร , segno dei tempi?
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