Niente rallegra la tavola come un bel piatto di cous cous colorato, specialità profumata da arricchire con ingredienti a piacere, meglio se locali e di stagione, ricetta perfetta per la stagione estiva, da gustare in casa o anche durante una scampagnata. Versatile e pratico, il cous cous si adatta a ogni occasione: è l’alleato giusto in caso di cene con tanti ospiti, riesce a mettere tutti d’accordo e si può preparare in anticipo: la soluzione migliore anche per pranzi al sacco o in ufficio.
Una specialità originaria del Maghreb e in Italia diffusa in Sardegna, Toscana e Sicilia, ma è in quest’ultima isola che trova la sua espressione migliore, con la variante del cùscusu alla trapanese, condito con sugo di pesce. La tradizione vuole che la semola a grana grossa venga mescolata a mano in una terrina di terracotta detta mafaradda, e spruzzata poi con acqua salata, prima di essere lavorata fino a ottenere dei piccoli grumi (operazione chiamata incocciatura). Una volta messo ad asciugare, il cous cous viene cotto a lungo a vapore in un apposito recipiente dal fondo forato in terracotta, la pignata. Un rituale lungo e complesso le cui origini si perdono nella notte dei tempi, oggi facilitato dalle cuscussiere moderne in metallo e dalle scorciatoie dell’industria alimentare che mettono a disposizione prodotti precotti, che necessitano solo di pochi minuti di preparazione.
In principio si trattava di una minestra di semola cotta nel latte o nel brodo, piatto di lusso riservato alle famiglie più abbienti e le occasioni speciali, tanto da essere servito alla mensa di Amedeo VIII, Duca di Savoia, agli inizi del Quattrocento. Se ne legge anche nel ricettario di Maestro Martino, che parla della “cemolella ciciliana”, una polentina morbida realizzata con le grane di semola ancora bagnate. Una preparazione di origine nord-africana, più precisamente maghrebina, che si è poi espansa in tutta l’area mediterranea. A differenziare i diversi cous cous italiani è il condimento: pesce nel Trapanese, la parte di Sicilia dove si è maggiormente diffuso, carne di pecora o verdure in Sardegna, verdure e polpettine di carne nella provincia di Livorno. In Sicilia, c’è poi l’antica variante dolce, fiore all’occhiello delle monache benedettine del Monastero di Santo Spirito di Agrigento.
a cura di Michela Becchi
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