Se รจ vero – come forse non รจ vero – che il โvino naturaleโ non esiste, purtroppo รจ vero che il vino superprocessato, strapazzato, botulinizzato e siliconato esiste eccome. Perรฒ รจ ora di dire basta, di spazzare via questa paccottiglia dialettica, questo scontro guelfi-ghibellini, e andare a un punto centrale che si fatica a cogliere: il (relativo) successo dei โvini naturaliโ รจ dovuto a una questione di gusto. Non c’entrano solo lieviti indigeni, temperature controllate, solfiti aggiunti. La new wave dei vini โnaturaliโ (o โartigianaliโ, โveriโ, โindigeniโ, โselvaggiโ, โanarchiciโ, โribelliโ etc) sta intercettando una fascia di bevitori importante, sotto i 40 anni, semplicemente perchรฉ incontra il loro gusto.
Si sa che negli anni Ottanta e Novanta andavano rossi strutturati, concentrati, ad alta gradazione, barricati. Vini morbidi, marmellatosi, sonnolenti, sdraiati. Vini tostati, cioccolatosi, avvanigliati. Tra i bianchi si sceglievano bottiglie ipertrasparenti, con liquidi incolori, diafani, ma profumatissimi. Certi Verdicchi da Esselunga chiari e trasparenti come una canzone di Battisti. Si sorseggiava i bianchi come si masticavano le big babol: i vitigni aromatici facevano concorrenza ai profumi delle signore.
Poi รจ cambiato tutto, o quasi. La grande industria, i โnaturaliโ non li ha visti arrivare. Ha borbottato insulti e lamentele e ha provato a continuare a campare di rendita. Li ha derisi per certe derive antiscientifiche. Intanto la nuova generazione ne faceva una questione ideologica, filosofica e politica, contestando lโinterventismo tecnologico, la โchimicaโ nei campi e in cantina, la manipolazione eccessiva della natura, gli enologi con il โpiccolo chimicoโ per fabbricare il vino. Ma non era e non รจ solo una questione di fermentazioni spontanee.
Molti bianchi โnaturaliโ hanno un colore piรน intenso, piรน ambrato e buccia di cipolla. Perchรฉ non sono filtrati, o filtrati in modo non sterile, non sono chiarificati e hanno qualche giorno di macerazione sulle bucce. Sono vini materici, vivi, non necessariamente aromatici, anzi, piรน secchi e piรน gastronomici, sapidi, minerali. I rifermentati sono bollicine senza aggiunta di lieviti e zuccheri, con meno pressione e piรน personalitร . Lโossidazione non รจ piรน un tabรน, come un poโ di volatile. I rossi si sono alleggeriti e inselvatichiti. Hanno perso concentrazione, sanno piรน di uva che di vaniglia e caffรจ, sono vini da bere e non da degustare. Hanno rivalutato lโaciditร , la freschezza, a danno della morbidezza. Nelle nuove enoteche โnaturaliโ si fa ormai fatica a trovare i grandi vecchi ed รจ un peccato: il Barolo, il Brunello, lโAmarone. I giovani li snobbano. Vogliono vini salutari, poco alcolici, poco tannici. Bevono con piรน piacere un Bardolino Le Fraghe o un Lezรจr di Forador. Intanto, ingrugnita, la vecchia guardia scuote la testa e ripete: i vini naturali non esistono. Quando scopriranno che esistono, eccome, forse sarร troppo tardi.
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