La crisi climatica cambierร le nostre vite innanzitutto come crisi alimentare: modificherร cosa mangeremo e come lo produrremo. Sta giร accadendo. Il rapporto tra il riscaldamento globale e il cibo che mettiamo nel nostro piatto (e nel nostro bicchiere) รจ un circolo vizioso facile da spiegare, ma complesso da spezzare. I sistemi alimentari causano un terzo delle emissioni di gas serra: gasolio agricolo, metano dagli allevamenti intensivi, lโimpatto della produzione di fertilizzanti, il trasporto, la refrigerazione. Per avere un senso delle proporzioni, se il cibo รจ quasi il 30 per cento delle emissioni, lโintera aviazione รจ solo il 3 per cento, lโintera Unione Europea solo il 7 per cento. Questi gas fanno aumentare le temperature del pianeta, alterano gli equilibri del clima, causano eventi estremi, siccitร , alluvioni che danneggiano e rendono piรน difficile la stessa produzione di cibo, corresponsabile di questi sconvolgimenti.
Non dobbiamo andare lontano nello spazio e nel tempo per cercare gli effetti di questo circolo vizioso: secondo i dati del servizio Copernicus, lโUnione Europea รจ il continente che si riscalda piรน velocemente, al doppio della media globale. In Europa, lโItalia รจ un cosiddetto hotspot climatico, epicentro di fenomeni diversi e in apparenza contraddittori, che stanno giร facendo molto male alla nostra agricoltura: negli ultimi dieci anni ci sono stati 146 eventi estremi diversi (dati Legambiente), solo nellโultimo hanno provocato 6 miliardi di euro di danni (secondo Coldiretti). Il 2024 passerร alla storia come lโanno piรน caldo mai affrontato dalla civiltร (e quindi dallโagricoltura) umana. Il record precedente era del 2023, siamo a +1.3ยฐC nella curva di ascesa delle temperature, le emissioni di gas serra nel frattempo non sono calate nemmeno nellโanno che si รจ appena chiuso. Insomma, per la nostra tavola รจ davvero il momento di ripensare tutto.
ยซIl cibo รจ sempre cambiato nel corso dei secoli, noi non mangiamo come i nostri nonni, che sicuramente non avrebbero gradito il sushiยป, spiega Veronica Vismara, una delle principali esperte di transizione alimentare in Italia. ยซIl problema รจ dover cambiare non perchรฉ nel corso dei decenni รจ cambiata la tua cultura ma perchรฉ quel prodotto non arriva piรน, non riesci piรน a comprarlo o non si riesce piรน a coltivare. Il supermercato sarร la nostra principale lente di ingrandimento su quello che perderemo a causa dei cambiamenti climaticiยป. Insomma, รจ davanti agli scaffali che finalmente ci sveglieremo. Vismara ha guidato il tavolo sui sistemi alimentari degli Stati generali dellโazione per il clima, il coordinamento delle organizzazioni ambientaliste italiane, che a dicembre ha presentato il Libro bianco di proposte per una transizione equa, giusta e possibile. Sono trentatrรฉ idee per sei ambiti chiave, dallโenergia alla mobilitร . Sei di queste idee riguardano il cibo e, non casualmente, sono state le piรน difficili da scrivere.
ยซร difficile lavorare politicamente col cibo, perchรฉ entri nella casa, nel corpo, nella mente delle persone. Il cibo รจ sempre personale. Abbiamo visto come tanti hanno reagito alla prospettiva di un cambio nel tipo di motore dellโauto tra dieci anni, pensate come reagirebbe la societร italiana a una proposta di alimentazione tutta vegana e a chilometro zeroยป. Quellโalimentazione sarebbe sicuramente la migliore dal punto di vista del clima, ma ci sono troppe sfumature politiche e culturali da considerare per proporre una dieta universale per tutti per tutelare il pianeta.
Infatti le proposte degli ambientalisti italiani per allineare il cibo al clima partono dalla grande distribuzione organizzata, con una visione di riforma che probabilmente non piacerebbe alle grandi catene: lotta alle pratiche commerciali sleali, riduzione degli sprechi e aumento della trasparenza nei confronti del consumatore. Le altre proposte sono per una promozione e unโintegrazione dellโagro-ecologia nelle politiche alimentari nazionali, con un reindirizzamento dei sussidi agricoli a queste pratiche di uso del suolo meno intensive, ma piรน attente alla biodiversitร e al clima. Gli Stati generali chiedono anche una transizione degli allevamenti, con una riduzione della densitร , del numero dei capi per ettaro e il miglioramento del benessere animale.
Il clima non รจ piรน un problema da affrontare al futuro, ma al presente. Come spiega Federica Ferrario, responsabile campagne della ONG Terra!: ยซIl 2024 ci ha mostrato un saggio degli sbalzi che ci aspettano nel futuro, con il nord che galleggiava nellโacqua e il sud che ormai quellโacqua non sa nemmeno piรน che aspetto abbia. Per le aziende agricole diventa sempre piรน difficile programmare le coltivazioni, ma anche avere un reddito costanteยป. Nel frattempo assistiamo a una migrazione delle colture, che si spostano verso latitudini piรน adatte, correndo verso il nord della penisola, oggi sempre piรน adatto alla produzione di olio o di frumento. La Sicilia ha da tempo temperature adatte ai frutti tropicali, che stanno guadagnando latitudini e sono ormai stabili in Italia. Agli agrumi si sono affiancati e in alcuni casi sostituiti il caffรจ, il mango, lโavocado. ยซMa proprio lโavocado puรฒ essere coltivato solo finchรฉ cโรจ disponibilitร sufficiente di acqua e in Sicilia questโanno lโacqua รจ stata un problema enorme โ spiega Ferrario โ Dobbiamo porci il problema di come usiamo le risorse. Per esempio, il mais รจ la seconda coltura piรน idroesigente dopo il riso, ma oggi lo usiamo soprattutto per produrre mangimi per gli allevamentiยป. Probabilmente, in un sistema che dovrร sfamare piรน persone con meno risorse, questo tipo di storture saranno sempre meno accettabili.
Tutti gli esperti concordano su due aspetti. Il primo รจ che ogni ragionamento deve partire dalla scala globale e dallโinterconnessione dei sistemi nazionali, perchรฉ nessun Paese, non importa quanto grande o remoto, puรฒ ambire a diventare autarchico. Una nuova ricerca del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC) ha analizzato come si stanno evolvendo i 26 tipi di coltivazioni che rappresentano lโ80 per cento del cibo a livello globale. La risposta รจ una mappa della nuova geopolitica del cibo, che il riscaldamento globale allontana dallโEquatore e sposta anno dopo anno verso il polo, con nuovi vincitori come la Russia e il Canada, per le quali si stanno spalancando milioni di ettari di nuovi suoli agricoli. Come spiega Maria Vincenza Chiriacรฒ, ricercatrice senior del CMCC, ยซla coltivazione italiana piรน a rischio in questa nuova geografia del cibo รจ il riso, nonostante il tentativo di convertire la produzione in asciuttoยป. E non รจ solo in Italia ad essere a rischio, il riso. Lโaltro aspetto di fragilitร del sistema italiano che Chiriacรฒ evidenzia รจ quello della vulnerabilitร di una delle sue caratteristiche in teoria piรน virtuose: i distretti con le loro eccellenze locali. ยซCome nel caso della Xylella, il rischio รจ che arrivi un solo patogeno, trovi davanti a sรฉ solo la coltivazione della specie che รจ in grado di attaccare e rischi di spazzare via tutto. Se trovasse un mosaico di specie davanti sarebbe diverso. I distretti sono economicamente efficienti, ma climaticamente deboliยป. La parola chiave รจ biodiversitร .
Il secondo aspetto fondamentale รจ che un indispensabile strumento di adattamento al nuovo clima รจ un consumatore piรน consapevole di quello che succede intorno a lui. Come spiega Chiriacรฒ, ยซla primavera dellโanno scorso ha piovuto tantissimo, non abbiamo quasi prodotto frutta, perchรฉ i frutteti non riuscivano, non cโera abbastanza circolazione del polline. Sugli scaffali perรฒ il consumatore lโha trovata lo stesso e magari non se ne รจ accorto nemmeno che cโera una crisi nazionale, perchรฉ veniva importata molto di piรน dallโesteroยป. Il guaio รจ che cambiamento climatico รจ anche interconnessione delle sofferenze agricole nazionali, quindi non รจ detto che ogni anno ce la potremo cavare cosรฌ.
Il consumatore dovrร sempre di piรน porsi anche problemi da cittadino, ma la trasformazione non puรฒ essere scaricata sugli individui e sulle loro possibilitร , sempre piรน limitate in un Paese dove i poveri assoluti sono raddoppiati. Come spiega Federica Ferrario, ยซLโeducazione al cibo deve diventare centrale nelle politiche nazionali e deve procedere in parallelo con la modifica degli aspetti produttivi, con lโabbandono progressivo dei metodi convenzionali per lavorare sempre di piรน con modelli agroecologici perchรฉ, in questo contesto di clima che cambia, solo la biodiversitร ci permette di avere delle carte in piรน da giocarciยป. Il senso รจ che lโagricoltura sta giร cambiando, che noi lo vogliamo o no, al ritmo del nuovo clima. Questa trasformazione puรฒ essere governata oppure puรฒ essere subita, e puรฒ essere calata dallโalto oppure partecipata da tutte le comunitร coinvolte, dagli agricoltori ai consumatori.
Questa nuova rivoluzione del cibo non si potrร fare se, per usare le parole di Veronica Vismara, ยซnon sappiamo da dove viene il prodotto che abbiamo nel piatto, come vengono coltivati i pomodori, che caratteristiche hanno gli avocado, se non abbiamo idea di quanto รจ preziosa e complessa la produzione di cibo. Siamo un Paese che vive tanto di agricoltura, siamo bravi a cucinare, siamo bravissimi a mangiare, ma la produzione non ci interessa abbastanza. Lโagricoltura รจ diventata un lavoro separato socialmente, una categoria a parte, cโรจ stata una ghettizzazione di chi produce ciboยป. Questo รจ lโultimo tassello della storia: le proteste dei trattori che hanno invaso le cittร di tutta lโEuropa un anno fa e ne hanno indirizzato la storia politica possono essere lette in tanti modi diversi: erano populiste, contro la transizione, contro il Green Deal, manovrate da Orbรกn. Dentro cโerano effettivamente tanti fenomeni diversi, ma quello che le accomunava tutte era un manifesto di esistenza, la richiesta di non essere dimenticati e โghettizzatiโ proprio mentre il riscaldamento dellโEuropa sta cambiando tutto. Solo cosรฌ, con unโalleanza tra chi produce e chi mangia, si potrร navigare lโaumento delle temperature che ancora ci aspetta.
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