“La mia decisione di cucinare รจ stata un atto di ribellione nei confronti del mondo intorno a meโฆ quando ero ragazzo, in Perรน, il mestiere dello chef era poco consideratoโฆ a me ha dato la possibilitร di girare il mondo: per pelare patate non era necessaria la conoscenza delle lingue“, dice in piรน riprese lo chef Virgilio Martinez all’interno del documentario “Virgilio” che, dopo l’anteprima mondiale avvenuta il 23 settembre 2022 presso il San Sebastian Film Festival, ora che il suo Central รจ diventato il primo ristorante al mondo secondo la The World’s 50 Best Restaurant 2023 verrร proiettato l’8 novembre, in anteprima italiana, all’interno del Festival del Cinema Spagnolo e Latinoamericano, presso il cinema Barberini di Roma.
Il film comincia come “Cuoco contadino“, documentario del 2004 su Paolo Masieri firmato da Luca Guadagnino: dopo aver ritratto lo chef ligure nell’atto di raccogliere delle erbe spontanee, il regista alternava il naturalismo espressivo a sequenze barocche dei suoi piatti che la dicono lunga sul fatto che giร venti anni fa fosse in atto un processo di deificazione di quelli che, ai tempi di Gualtiero Marchesi, venivano semplicemente chiamati cuochi.
Per caritร , il problema sta solo nel tipo di sguardo “poco ribelle” del film, perchรฉ la storia di Virgilio Martinez รจ del tutto ribelle, al limite dell’eroico (come del resto racconta l’intervista allo chef di Antonella De Santis): dopo 10 anni passati in giro per il mondo (dall’Europa agli States all’Asia) per imparare tecniche e soprattutto conoscere culture, l’allora ragazzo, tornato in patria per salutare la famiglia, decide di restare, fino a mettere su un ristorante (il Central) che prima si limita a non eseguire la solita cucina tradizionale peruviana, poi spazia nella cultura e nella scienza: da un lato creando dei piatti diretti a raccontare i vari ecosistemi del suo Paese (le Ande, la giungla amazzonica, la costa) attraverso l’utilizzo di materie prime del tutto nuove (“In ogni piatto deve esserci innanzitutto il paesaggio, solo dopo arrivano i saporiโ), dall’altro creando un vero e proprio centro di ricerca e catalogazione delle biodiversitร insite in ciascuno (Mater, ospitato da una struttura anche ristorativa chiamata Mil) sulla falsa riga del laboratorio che Renรจ Redzepi inaugurรฒ nel 2011, MAD.
Il problema รจ che il regista argentino Alfred Oliveri โ che pure alle spalle ha la regia di altri tre documentari โ costruisce un ritratto in stile re maya, senza se e senza ma, che nel suo essere privo di una qualsivoglia crepa finisce per trasformare il film in una specie di fiction fiabesca, quando la storia di Virgilio Martinez รจ invece del tutto reale.
Come? Intervistando solo i suoi dipendenti, e la moglie, e la sorella, e un amico, l’unico a evidenziare โ a inizio film, prima che il racconto si trasformi in una specie di agiografia โ l’aspetto piรน profondo del carattere di Martinez: la sua forte competitivitร , e la sua quasi ossessione per la vittoria, che aveva toccato con mano quando da ragazzi partecipavano a delle competizioni di skateborad. Anche il racconto (troppo lungo) delle chiusure dettate dalla pandemia appare stucchevole, come se si trattasse di un’esperienza privata, e non di una tragedia che tutta la filiera ristorativa di tutto il mondo ha dovuto drammaticamente affrontare allo stesso modo, comprese le pizzerie al taglio sotto casa.
Pure il rapporto pressochรฉ idilliaco con la moglie Pia Leon (“non siamo mai andati a dormireย arrabbiati“), e il suo averla incoraggiata ad aprire un ristorante tutto suo, Kjolle, che le consentisse di esprimersi in piena libertร , cioรจ lontana dai condizionamenti del marito, finisce per apparire una favola quando favola non รจ, per come รจ raccontato in modo troppo politicamente corretto, cioรจ senza far emergere un solo momento non dico di conflitto, ma almeno di gelosia. Per non parlare degli sguardi che Pia rivolge al marito quando racconta tutto questo, sguardi che paradossalmente sanno piรน di sottomissione che di definizione di uno spazio di autonomia, che รจ invece proprio quello che nel 2021 l’ha portata a diventare la migliore chef donna al mondo, sempre secondo la classifica dei 50 Best.
Le didascalie del film recitano “Virgilio Martinez, 2 best world restaurant” (eh giร , quando il documentario รจ uscito, nel 2022, il Central non aveva ancora raggiunto il primo posto), dando l’impressione che quella sia l’unica classifica possibile (per chi non sia un addetto ai lavori), un po’ come l’atp per i tennisti, quando invece ne esistono altre (tra cui: la francese La liste; la World Culinary Awards; persino Tripadvisor ne ha creata una), quindi facendo credere che il The world’s 50 Best Restaurant sia una specie di Bibbia, e non (solo) uno fra i tanti esercizi del libero diritto di critica, oltretutto finanziato da un grande gruppo multinazionale che opera nel settore del food.
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