I gradini sul fianco del castello cadono ripidi sullo strapiombo del monte, il fiume Turcu che brilla lontano tra i campi ingialliti dal freddo. L’inverno appassisce la valle e il ritratto della Regina Maria è coperto da un velo di brina che le schiarisce il volto e le lustra i gioielli. L’hanno inchiodata a un cartello appeso sulla stradina che scende in città, proprio di spalle alla valle che tanto amava: chissà quanto prova a girarsi, ogni notte, quando è sola, senza riuscirci. È morta da cent’anni ma la gente di qui la ringrazia ancora nelle preghiere e il castello di Bran resta accucciato sulla cima del monte, raggomitolato su sé stesso, ad aspettare che torni. E la Regina non arriva mai. Ci sono ancora, però, i dolcetti che Maria distribuiva ai suoi sudditi alle pendici del Castello, i kürtoskalács, tradizionali in Ungheria, Romania, ex Cecoslovacchia e nella Germania più a Oriente.
Qualcuno sulla balconata borbotta deluso: il castello di Bran non ha l’eleganza di quello di Hunyad, né la maestosità di quello di Peles.
Il castello di Bran serviva a tenere la valle al sicuro da banditi e mongoli e solo quello era interessato a fare. Poi venne distrutto, attaccato dagli ottomani, conquistato dai re ungheresi e alla fine qualcuno parlò a Bram Stoker di queste mura sbeccate e quando il romanzo venne pubblicato ecco un nuovo soprannome: “il castello di Dracula”. Ma non c’è nulla di pauroso nelle finestre stanche e nei tetti a punta ingrigiti dalla pioggia e neppure nei corrimano consumati dalle mani dei turisti che ansimano per la salita, grondanti sudore nonostante il freddo che morde e graffia e strappa i cappelli facendoli svolazzare per il cortile. Maria, l’ultima Regina di Romania, passava i suoi pomeriggi qui, seduta su una delle panchine di roccia, mentre il profumo dello zucchero caramellato saliva dalla cesta di vimini ai suoi piedi. Posava il libro, sollevava la cesta e scendeva a valle, le domestiche che faticavano a starle dietro.
Ogni giorno Maria passeggiava tra le case della valle, regalava vestiti e giocattoli ai bambini, distribuiva kürtoskalács a chi aveva fame. La pasta arrotolata è lucida di zucchero caramellato, la forma è quella di un cannellone, il sapore è di vaniglia, cannella, burro, granella di noci. Sono dolci tradizionali comuni a tutta l’area dell’antica Prussia. La paternità de la prende l’Ungheria, ma li trovate ovunque tra Germania ed ex Europa dell’Est. Qui li chiamano anche “camini dolci” e una signora seduta a prendere il sole ai piedi del castello dice che se li ricorda i racconti di sua nonna, quando le parlava della Regina e dei suoi regali. C’erano i kürtoskalács, c’era il cioccolato o le caramelle: la gente di qui stava male, ma la Regina con quella cesta profumata portava un po’ di speranza tra le stradine divorate dall’erba. Non ebbe una vita semplice Maria, ma non la cercò neppure: sposò obbligata il principe Ferdinando, senza amarlo, stritolata dalla vita a palazzo, fino a quando si arruolò come infermiera durante la Prima guerra mondiale, più libera e viva a un passo dalla morte di quanto non lo fosse a corte.
Era raffinata, eccentrica, forte: il pasticciere che le dedicò la Torta Maria cercò di racchiudere in quegli strati di cioccolato l’eleganza della sua Regina. Le fette di torta splendono bagnate di luce dalle vetrine delle pasticcerie in città: la base è di noci tostate, uova, farina e poi subito un secondo livello con crema di burro e cacao gonfia lo sguardo di chi l’ammira, mentre una spuma cremosa si solleva custodita da una ganache di panna fresca e cioccolato fondente. I dolci qui sono aspri, alcolici, croccanti, molli di sciroppo. I pasticcieri raccontano di anni che non vogliono ricordare, di tradizioni francesi reinterpretate con quello che c’era a disposizione o che non era proibito. Durante il comunismo i dolci divennero beni di lusso: la materia prima andava esportata e quello che rimaneva sarebbe bastato. E così gli alcolici ebbero meno alcol, i dolci meno zucchero e per ogni ingrediente che mancava ne esisteva un altro più economico e se proprio non si aveva della farina in casa bastava preparare le torte con la pasta in bianco avanzata dal giorno prima, come per i macaroane cu brânza.
Fette di maccheroncini al forno sfilano tra i tavoli di un ristorante: la pasta è cremosa di yogurt, dolce di uvetta e zucchero, profumata dalla buccia grattugiata del limone. Intorno alla città l’immenso verde della Transilvania respira scombinando i faggi e le querce e il castello sonnecchia appollaiato sul colle senza badare ai pullman che sfilano sotto di lui correndo avanti e indietro per l’autostrada. Qua e là per le vie ci sono poster di una mostra su Maria: è vestita in abiti tipici e sorride tenendo per il guinzaglio due levrieri. Fu lei che andò a rappresentare la Romania alla conferenza di pace di Parigi, quando il suo paese non si aspettava più niente, e tornò a casa con addosso gli occhi di tutta Europa e la concessione di 295.000 chilometri quadrati di regno in più. La Granduchessa Pavlovna di Russia disse di lei: «con il suo fascino e il suo ingegno può ottenere tutto ciò che desidera». Eppure Maria non voleva poi chissà cosa: la grandezza le capitava. Quando il TIME la mise in copertina nel ‘24, lei già stava pensando a come restaurare il castello di Bran, a come poter rendere stanze quei torrioni spogli e balconi fiorati quelle feritoie.
Il castello divenne il suo rifugio, il suo modo di amare la Romania e la sua gente, di difenderne la cultura e le tradizioni. E lo fece fino alla morte.
© Gambero Rosso SPA 2025
P.lva 06051141007 Codice SDI: RWB54P8 Gambero Rosso registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati