Il cibo come ponte e non come strumento di guerra. È così che Yotam Ottolenghi, chef di fama internazionale noto per aver portato la cucina mediorientale sulle tavole di tutto il mondo, rompe il silenzio del mondo della cucina sulla crisi umanitaria in corso a Gaza. Attraverso un messaggio pubblicato su Instagram, Ottolenghi ha definito “inaccettabile” la condizione dei civili palestinesi, costretti a sopravvivere senza rifornimenti di cibo e acqua. Una situazione aggravatasi ulteriormente negli ultimi due mesi, da quando Israele ha imposto un blocco totale sull’ingresso di alimenti e medicinali nella Striscia.
In un lungo post, il cuoco ha espresso forte sdegno per l’uso del cibo da parte di TelAviv come strumento di pressione nel conflitto contro il popolo palestinese. «Come persona la cui vita e il cui lavoro sono stati plasmati dal cibo – dal modo in cui unisce le persone, dalla sua capacità di nutrire e guarire, sono addolorato per ciò che sta succedendo a Gaza in questo momento. Non avrei mai immaginato che potesse accadere».
Lo chef ha ricordato come la sua vita e il suo lavoro siano stati plasmati dal cibo, dalla sua capacità di unire, nutrire e guarire. «Parlo da persona con profondi legami con quella regione, con la famiglia in Israele e con una profonda fede nell’umanità di tutti i popoli, palestinesi e israeliani. Non si tratta di schieramenti. Si tratta di vite. E del diritto di ogni essere umano a mangiare, a sopravvivere, a vivere senza paura». Il suo appello è chiaro: «L’uso del cibo, o il suo rifiuto, come strumento di conflitto è qualcosa su cui non si può tacere. Il blocco e i recenti attacchi, con le loro devastanti conseguenze sulla vita quotidiana (sull’accesso al cibo, all’acqua e alla dignità di base) sono inaccettabili».
Ottolenghi si unisce così al coro di voci internazionali che chiedono un cessate il fuoco immediato e l’accesso illimitato agli aiuti umanitari per la popolazione civile. Una posizione, quella assunta dallo chef britannico, che assume un significato particolare proprio perché arriva da una figura che ha fatto del cibo un simbolo di incontro e dialogo tra culture. Un messaggio ribadito anche nelle ultime righe del suo post: «Il cibo dovrebbe essere un ponte, mai un’arma», conclude Ottolenghi, ribadendo che nessun bambino dovrebbe morire di fame e che la solidarietà umana deve prevalere sulle logiche di guerra. Un vero e proprio richiamo alla responsabilità collettiva e al rispetto dei diritti fondamentali anche da parte del mondo della cucina.
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