Guerra commerciale

Brunello, Prosecco e Amarone nel mirino: la tregua americana scade il 7 agosto

Veneto, Toscana, Piemonte e Trentino Alto-Adige rischiano di più. In corso le trattative tra Washington e Bruxelles. L'Uiv si appella al Governo e chiede sforzi diplomatici per arrivare a un'esenzione

  • 01 Agosto, 2025

I dazi sul vino negli Stati Uniti non sono ancora scattati. Il provvedimento della Casa Bianca prevede una proroga nell’entrata in vigore delle tariffe al 15% sui beni importati dall’Ue a partire dal prossimo giovedì 7 agosto, rispetto alla data iniziale del 1° agosto. Per ora, come sottolineato dalla stessa Commissione europea il 31 luglio, non ci sono esenzioni, anche se la diplomazia è al lavoro e le trattative sono febbrili per capire se vini e spiriti riusciranno a rientrare nell’elenco dei prodotti esclusi oppure in quelli a dazio ridotto. In questi giorni, anche due importanti associazioni americane, come la US Wine trade alliance e la National restaurant association, hanno chiesto al governo Trump di salvare il settore.

Veneto la più esposta

Intanto, l’Unione italiana vini ha fatto i conti (attraverso il suo Osservatorio) per individuare quali siano le denominazioni italiane e le regioni maggiormente esposte all’effetto degli inevitabili rincari. Con dazi al 15% anche sul vino, il danno stimato per l’intero comparto made in Italy è di circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi. Il Veneto, con circa 600 milioni di euro e una quota al 21% sul totale delle esportazioni di vino made in Italy, è la regione che spedisce più vini negli Stati Uniti. Le Dop più esposte sono Pinot grigio delle Venezie, Prosecco e Amarone ma si tratta solo di una parte delle denominazioni regionali chiamate ad affrontare la scure dei dazi americani.

Toscana, Piemonte e Trentino Alto Adige

Altra grande regione esportatrice verso gli Stati Uniti è la Toscana, col Brunello di Montalcino, il Chianti e gli altri rossi a denominazione d’origine. La quota negli Usa rispetto all’export complessivo di vino toscano arriva al 32%, e vale 380 milioni di euro. Al terzo posto, il Piemonte. Questa regione esporta negli Usa il 21% del fatturato totale, soprattutto grazie ai rossi e al Moscato d’Asti, che deve alla piazza americana il 60% degli incassi dall’export. Non mancano altre regioni del nord Italia e c’è un particolare, secondo i dati Uiv. Il Trentino-Alto Adige detiene la quota maggiore fra le regioni esportatrici: 36,2 per cento, dovuta al Pinot grigio, sia quello trentino sia quello a Dop Delle Venezie.

L’importanza nel negoziato

Il Governo incontrerà la filiera vitivinicola lunedì 4 agosto. Ma l’Uiv ribadisce una richiesta che riguarda la parte diplomatica e le trattative in corso da Bruxelles e Washington: «Chiediamo al Governo italiano e, assieme al Ceev, alla Commissione Ue che il negoziato Ue-Usa sul vino prosegua nelle prossime settimane e che il nostro prodotto venga inserito nella lista dei prodotti agricoli europei a tariffa zero o a dazio ridotto», è il commento del presidente di Uiv, Lamberto Frescobaldi. «Dal Lambrusco al Brunello di Montalcino, dal Verdicchio al Chianti, fino al Pinot grigio e al Prosecco, il vino italiano si è fatto strada grazie a tutti gli ambasciatori dell’eccellenza enoica regionale, rendendo gli Stati Uniti il primo cliente estero dell’intero vigneto Italia, con una quota di mercato media pari al 24 per cento».

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