Di fronte al momento complicato del vino italiano anche Assoenologi scende in campo. E lo fa con un manifesto in dieci punti – anticipato dal Corriere della Sera – per salvare il settore. A preoccupare l’associazione, guidata da Riccardo Cotarella, c’è una vendemmia (molto buona) in arrivo e delle giacenze eccessive in cantina che, in un contesto di calo dei consumi, non accennano a diminuire, mentre crescono i problemi sui mercati esteri, Stati Uniti su tutti. L’auspicio dell’associazione che rappresenta i tecnici vitivinicoli italiani è che il Manifesto (nei mesi scorsi erano arrivate richieste dal basso in tal senso, come quella del produttore Gregory Perrucci) possa essere firmato da tutti i protagonisti della filiera, in accordo con Governo e Regioni, per dare seguito all’incontro a Palazzo Chigi dello scorso 4 agosto. Ma vediamo i singoli punti.
Il primo punto si concentra infatti sulla produzione: bisogna fare meno vino. Come? Attraverso il taglio delle rese (di fatto, già adottata da molti Consorzi per la vendemmia 2025) che dovrebbe riequilibrare domanda e offerta e aiutare a smaltire gli stock.
Il secondo punto riguarda le cantine: bisogna frenare le nuove aperture a rischio flop. L’invito è ad affidarsi a professionisti che, attraverso analisi di mercato, possano dare indicazioni chiari su quali vini possano avere effettive chance sul mercato.
Il terzo punto è un appello alla ristorazione: «Evitare ricarichi esagerati – dice il presidente Cotarella – preservando il vino come esperienza accessibile e condivisa». Un tema sollevato da più di un produttore negli ultimi mesi, che merita un confronto tra mondo del vino e della ristorazione.
Si passa, poi, ad un tema molto delicato che ha tenuto banco nell’ultimo anno anche a livello europeo: gli estirpi dei vigneti. Cotarella rompe gli indugi e parla non solo di espianti, ma anche di riconversione, in alcune aree del Paese, ad altre colture più redditizie.
Non manca uno sguardo sui cambiamenti del gusto. Anche in questo caso, il confronto con la realtà porta l’associazione ad un’apertura verso i vini a bassa gradazione alcolica sempre più richiesti dai mercati. Lo stesso Cotarella ha annunciato per l’autunno l’arrivo sul mercato del suo primo vino dealcolato: «Noi enologi non possiamo essere obiettori di coscienza, neppure sui vini no alcol», aveva detto in una recente intervista al Gambero Rosso.
Il settimo punto ritorna sul tema della sostenibilità, intesa sia come impatto ecologico, sia come la garanzia di redditi equi e stabili per chi lavora in vigna e in cantina. L’ottavo, invece, ha a che fare con la formazione continua legata a «nuove generazioni di professionisti: enologi, agronomi, tecnici di cantina, addetti alla promozione», tutti insieme nella conoscenza e nella trasmissione di quello che il vino rappresenta.
Infine, il punto nove guarda ai vitigni autoctoni e alle loro potenzialità, contro chi li banalizza o, peggio, li imita. Mentre al punto dieci si parla di mercati, con investimenti in quelli da consolidare ma soprattutto in quelli emergenti da presidiare. Ad iniziare dall’Asia e dall’Africa.
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