Intervista

"Armani aveva il suo tavolo preferito, e amava la pasta spessa". Il racconto del ristorante preferito dallo stilista

Tortelli con la coda più lunga e una fetta di coppa malgrado la dieta. All’Antica Locanda del Falco lo stilista era un ospite affettuoso e discreto. La titolare: «Mai una richiesta insolita»

  • 11 Settembre, 2025

L’Antica Locanda del Falco a Rivalta, nella campagna piacentina, non è soltanto la trattoria di campagna più amata da Giorgio Armani e sua madre. Per oltre quarant’anni è stata per lo stilista un rifugio familiare, un luogo di radici e di storie da raccontare. Qui la grande icona della moda internazionale trovava nella genuinità e nella semplicità della cucina della tradizione un’autenticità che andava oltre il gusto. Un’esperienza che parlava di radici, resa possibile grazie a chi, come Sabrina Piazza, lo ha sempre accolto con calore e rispetto: «Arrivava qui quasi ogni fine settimana. Da noi aveva un tavolo fisso», racconta al Gambero Rosso.

Un legame lungo una vita

«Il signor Armani ha cominciato a frequentare la nostra locanda fin dal 1978, solo un anno dopo l’apertura del locale da parte di mia madre Rina», ricorda la titolare. «È una storia lunga, di conoscenza e amicizia. Qui ha festeggiato i suoi settant’anni con una grande festa, invitando tutta la famiglia e gli amici più stretti. Anche il matrimonio di suo nipote Andrea è stato celebrato da noi. Era di casa, davvero. Ogni sabato veniva a pranzo, magari prima di andare al cinema in città, ma soprattutto veniva a cercare un momento di calore e familiarità. Quando era a Villa Broni, spesso trascorreva il weekend da noi. Per lui era come tornare a casa».

Sì, perché il legame con il ristorante andava oltre il semplice rapporto con i sapori. Era un richiamo alle radici profonde nel piacentino, la terra dove Armani era nato e cresciuto. «Sua madre aveva scelto il nostro piccolo paese per la villeggiatura. Avevano una casa qui a Rivalta, sul greto del fiume Trebbia, a cui Giorgio era molto legato. Questo luogo era per lui un ritorno a casa, un abbraccio materno lontano dalla mondanità», aggiunge Sabrina. Insomma, una famiglia allargata per il couturier, che amava circondarsi di affetti anche nelle occasioni meno formali. «Veniva quasi sempre con sua sorella, le nipoti Silvana e Roberta, Andrea con Alexia e i bambini. E poi naturalmente Leo dell’Orco. Ogni volta che entrava si sentiva il suo carisma, la sua gentilezza così speciale. Era una persona di un garbo che non si può insegnare, anche dopo tanti anni. Sempre pronto a un sorriso, a scattare una foto».

Tortelli spessi a coda lunga e una fetta di coppa rubata

Una semplicità che trapelava anche dalle sue scelte in fatto di cibo. «La sua grande passione erano i tortelli piacentini», il piatto della sua infanzia diventato negli anni portata fissa nei menu dei suoi Armani Caffè. «Li amava con la pasta più spessa del solito e le code lunghe proprio come li abbiamo sempre fatti noi. Era felice quando li trovava così, diceva: “Questi sono i tortelli giusti”».

Nonostante gli anni e la fama, Armani non chiedeva mai niente di insolito. «Negli ultimi tempi, per motivi di salute, portava una pastina speciale di semola da condire con un semplice sugo al pomodoro. Conoscendo la sua dieta stretta, a volte gli preparavo un po’ di ricotta fresca, ma lui con quello sguardo ironico mi faceva capire che non era proprio di suo gusto. Del resto, un tortello o un pezzettino di coppa piacentina a tavola lo rubava sempre», confida Sabrina.

Oggi, a pochi giorni dalla sua scomparsa, quel tavolo vicino al bancone resta il simbolo di un rapporto speciale, fatto di affetto e rispetto. «Per noi è stato un grande piacere averlo qui. La sua presenza era sì quella di una celebrità, ma sempre umile e gentile in ogni gesto. L’ultima volta che è potuto venire qui gli ho mandato un vassoio di tortelli freschi nella villa a Broni. Mi ha ringraziato immediatamente, non è passato neppure un giorno. Era un uomo molto corretto, che ha vissuto intensamente facendo ciò che amava, con una discrezione e una profondità rari». E aggiunge: «Ci mancherà tanto».

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