Due bicchieri di vino rosso, una bottiglia portata da casa e il coraggio di sedersi accanto a un estraneo. In Oltrarno, a Firenze, dove un tempo risuonavano i colpi dei martelli delle botteghe, oggi regna un silenzio diverso, quello dell’isolamento. Il quartiere storico degli artigiani si è trasformato sotto l’onda d’urto dell’overtourism e i vicini di casa, di cui una volta si conoscevano nome e cognome, sono diventati invisibili. Eppure, tra queste solitudini incrociate, qualcuno ha deciso di reagire. Si tratta di Meno, una vineria con cucina che ogni martedì sera, nel suo giorno di chiusura, apre le porte a chiunque voglia partecipare a una festa tra sconosciuti. Un momento in cui ognuno può portare un piatto, una bottiglia o semplicemente se stesso.
Il proprietario, Massimo, ha rilevato il locale circa un anno fa, quando è tornato a Firenze dopo un lungo periodo vissuto altrove. Sin da subito ha voluto provare a suonare il campanello di tutte le persone che abitano in zona, rompendo il ghiaccio in un quartiere, San Floriano, dove i legami si stanno spezzando. «È partito tutto da un’idea semplice – racconta al Gambero Rosso – per fare uscire di casa soprattutto anziani, ragazzi disabili, chi non ha famiglia o passa troppo tempo da solo. Ognuno porta qualcosa da bere o mangiare, nessuno paga. Si stacca la spina e si sta insieme». Così quello che inizialmente era un appuntamento una volta al mese ha preso via via sempre più piede, trasformandosi in una gettonata tappa settimanale. «L’ultima volta eravamo in cento», esclama.
La formula è elementare: nessuna prenotazione, nessun menu fisso. E come nelle osterie vecchia scuola, ognuno può portare il vino da casa. Un format di successo, che ha sorpreso anche il suo ideatore: «La gente viene per l’iniziativa, ma soprattutto per ritrovarsi, sentirsi parte di qualcosa in un quartiere che fatica a rimanere vivo – ci spiega –. Tanta gente vive da sola, la voglia delle persone di chiacchierare con qualcuno è incredibile. Abbiamo creato uno spazio nuovo, un luogo dove si può tornare a essere vicini, anche se non ci si conosceva prima».
Tra i frequentatori delle serate c’è chi ha scoperto il locale per caso, e chi ci è arrivato attraverso il passaparola del quartiere. Un’iniziativa, nata come un esperimento, che sta restituendo al borgo fiorentino al di là dell’Arno senso di appartenenza e connessione autentica con il prossimo. «Il buongiorno alla gente, lo scambio di parole, la voglia di raccontarsi quello che ti è successo è un bisogno mortale, più forte di qualsiasi altro», sottolinea l’oste. Per lui, la vineria è qualcosa di più di un semplice bar. È una casa collettiva, un piccolo villaggio dentro città spesso spersonalizzanti. Un luogo dove tornare a guardarsi negli occhi, in cui l’accoglienza apre una porta, ogni martedì, a chi cerca ancora un po’ socialità nel cuore di Firenze.
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