Abbiamo provato in anteprima i piatti del nuovo ristorante giapponese Akoya che Christian Mandura aprirà al pubblico il prossimo 24 settembre fra le mura antiche – con mattoni a vista e inserti contemporanei – di Spazio Musa, la galleria d’arte e spazio eventi di Pierluca Lobina in via della Consolata a Torino, di fronte al Santuario. Uno degli angoli più affascinanti del capoluogo sabaudo: un palazzo settecentesco che affonda le fondamenta sui resti dell’antica città romana.
Nell’ambiente raccolto della Sala Italia (sui muri ci sono graffiti e dediche di Staino, Vittorio Sgarbi, dell’archistar Michele de Lucchi) è stato inserito un grande bancone ricurvo in legno di rovere americano costruito da un artigiano locale. È qui che si accomoderanno dieci ospiti a sera per l’esperienza omakase – “mi affido a te” – davanti allo chef. Il frontman sarà lo chef Alessandro Daddea che si era già fatto apprezzare nei brevi mesi di apertura del Perla Sushi Bistrot di Vinovo. Chiusa quell’esperienza, la coppia composta da Mandura, nel ruolo di mentore e suggeritore, e Daddea ai fornelli si riaffaccia all’ombra della Consolata proponendo un percorso di una quindicina di portate – qui li chiamano passaggi – a 90 euro, con la possibilità di pairing da 40 o 60 euro.
Niente menu, ci si affida alla conoscenza delle tecniche e dei prodotti giapponesi di Daddea e alle offerte giornaliere del mercato per quel che riguarda il pesce. Quindi ogni sera farà storia a sé, nello spirito dell’omakase che Mandura considera “la sintesi più elevata della cucina giapponese”. Tutto è curato nei minimi dettagli, i gesti di Daddea seguono un rituale ben preciso, qui si vuole essere abbastanza fedeli alla tradizione, evitando scorciatoie piacione in stile fusion.
Fatte salve le possibili variazioni giornaliere, il percorso di Akoya può essere così sintetizzato in alcuni degli assaggi più significativi e convincenti, come il carpaccio di ricciola con salsa ponzu affumicata, yuzu, alghe; il calamaro con crema di calamaro allo yuzu kosho, salsa a base di soia e dashi, ikura. Intermezzo con il chawanmushi al brodo dashi, bisque di gambero viola, cipollotto, alga wakame e tempura, per poi passare ai nigiri: di orata marinata in kombu e sake, radice di wasabi fresca, crema di prugne umeboshi, shiso; di tonno rosso gigante, radice di wasabi fresca, salsa di soia; di calamaro sfrangiato, yuzu kosho, shiso. Si passa poi alla capasanta scottata, salsa teriyaki, sale Maldon, tartufo nero, e all’alice marinata in mirin e aceto di riso, zenzero ed erba cipollina. Per finire ci sono i mini mochi al cioccolato fondente, impasto al cacao, caviale e tartufo nero. Un dessert che farà riappacificare con il tipico dolce giapponese anche chi, per precedenti esperienze, magari non ne è un estimatore.
Più informale l’approccio della Lounge, dove ci si può accomodare dalle 18 a mezzanotte per qualche piattino (la definizione è riduttiva perché la qualità è molto alta) da abbinare a una bella scelta di calici da grandi maison e piccoli produttori, distillati e cocktail: classici un po’ dimenticati e proposte originali nello spirito del Sol Levante. Per un primo approccio allo spirito Akoya si può scegliere la formula che prevede un drink accompagnato da tre ispirazioni dello chef (25 euro). I piattini della Lounge nascono per accompagnare diversi momenti della sera: dall’aperitivo alla cena leggera o per un dopocena conviviale che può anche essere il proseguimento dell’esperienza omakase. Particolare interessante: tutti i piatti possono essere arricchiti con 5 grammi di caviale Baeri (10 euro).
Sono disponibili una trentina di posti sistemati nei vari ambienti della galleria d’arte e dalla carta si scelgono stuzzichini come il carpaccio di tonno zuke, il gyoza di melanzana con fondo vegetale, il Wagyu French Toast, le ostriche alla brace, l’astice sando, il midollo e ventresca, la tartare di hamachi, cocco, sesamo nero e frutto della passione o, ancora, la tartare di gambero viola, riso e foglie aromatiche. Sono scelte non scontate, un po’ fuori dal mainstream della cucina giapponese banalizzata. Interessanti sono anche i Niohn Drink che nascono dall’idea di valorizzare attraverso la miscelazione erbe, agrumi, distillati e sapori del Giappone, dai sake ai rum, dallo yuzu al wasabi. I più curiosi potranno abbinare i piattini della Lounge con un Wasabi Sour piuttosto che con un Köji Whisper, un Yürei Fizz, o un Awamori Eden (tutti a 15 euro).
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