Bollicine

C'è un nuovo metodo classico italiano: dall'Oltrepò parte la sfida del Classese

A 160 anni dalle prime bottiglie spumantizzate a Rocca de’ Giorgi, le bollicine pavesi cercano il rilancio con nuovo nome e nuove regole, rinunciando al nome Oltrepò. Un progetto che mette finalmente d'accordo tutte le cantine del territorio

  • 25 Settembre, 2025

«Celebriamo 160 anni di storia, ma soprattutto poniamo le basi per un futuro fatto di innovazione, riconoscibilità e identità. L’Oltrepò crede nel suo pinot nero e nel metodo classico: con il Classese vogliamo affermare con orgoglio la nostra vocazione e portarla sempre più in alto». Francesca Seralvo, presidente del Consorzio Classese Oltrepò Pavese lancia una messaggio e una sfida. L’Oltrepò vuole uscire da anni difficili e riconquistare un ruolo di prestigio nel panorama vitivinicolo italiano, soprattutto sul versante della spumantistica. Franciacorta, Trento doc e Alta Langa sono avvisati: avranno un nuovo agguerrito concorrente che contribuirà ad aumentare l’offerta del metodo classico italiano.

Il 21 e 22 settembre scorsi il borgo di Golferenzo, in provincia di Pavia, è stato lo scenario della quinta edizione di “Oltrepò: Terra di Pinot Nero”, la manifestazione che ogni anno promuove il vitigno principe di questo territorio. Non è soltanto l’occasione per ricordare un anniversario storico: 160 anni dalle prime bottiglie spumantizzate a Rocca de’ Giorgi nel 1865 dai Conti Carlo Gancia e Augusto Giorgi di Vistarino. Soprattutto è la prima uscita pubblica del nuovo disciplinare che rende più restrittive le norme per la spumantizzazione e introduce il nome Classese, che sancisce la nascita della prima vinificazione al mondo interamente fondata sul metodo classico da pinot nero vinificato in bianco o in rosè. Di fatto al momento, in attesa del via libera di Roma e di Bruxelles, si tratta di un marchio consortile (in passato era di proprietà del distretto) con regolamento d’uso. Ma la strada è segnata.

 

La new wave del metodo classico dell’Oltrepò

«Il nuovo disciplinare del Classese è il frutto del lavoro mio e dei colleghi delle aziende Calatroni, Scuropasso e Bruno Verdi, all’interno del tavolo degli spumanti istituito dal consorzio. Noi tecnici abbiamo studiato i disciplinari di Alta Langa, Trento doc e Franciacorta con l’obiettivo di realizzare un disciplinare assai restrittivo: adesso prevediamo la raccolta in cassetta obbligatoria e il 50% della resa in pressa che in altri disciplinari mancano. Il minimo di tre mesi di sboccatura non c’è in nessun altro disciplinare». A parlare è Alessio Brandolini, enologo e titolare dell’azienda omonima con sede a San Damiano al Colle (Pavia). Ricorda che l’idea del Classese nasce già nel 1984 su iniziativa di Monsupello, Monterucco e Travaglino. Questa volta l’obiettivo è ambizioso. «Produciamo una grande quantità di spumante ma soltanto 500 mila bottiglie escono con l’etichetta della docg: nel giro di qualche anno – spiega Brandolini – vorremmo fare anche dal punto di vista numerico un passaggio significativo dalla vsq (vino spumante di qualità) alla docg».

Il lavoro sul disciplinare del Classese

Tra i protagonisti di questa new wave c’è anche l’azienda Calatroni che l’anno scorso con il Metodo Classico Poggio dei Duca Pas Dosé 2019 ha conquistato non solo i Tre Bicchieri ma anche il premio Bollicina dell’anno 2025 della Guida Vini del Gambero Rosso. «Il nuovo disciplinare – spiega Stefano Calatroni, titolare e responsabile commerciale della cantina di famiglia – è anche il risultato di un gruppo di tre enologi, fra i quali mio fratello Cristian, che dopo aver svolto studi comuni al Politecnico di Milano, hanno fatto tesoro dei modelli virtuosi appresi negli anni della formazione e dell’esperienza diretta accumulata in tanti anni di lavoro in cantina». Il risultato è, appunto, il Classese che «si basa su un disciplinare tra i più rigidi e avanzati in tutta Europa e prevede anche una serie di menzioni aggiuntive per rappresentare le diverse vallate di produzione».

Nuovo progetto: le cantine ci credono

Le novità introdotte dal consorzio sono state anche una spinta per il ritorno nella compagine di cantine che finora avevano preferito restarne fuori. «Il nuovo corso del consorzio ha portato una ventata nuova e una filosofia di lavoro che si addice alle nostre caratteristiche», assicura Fabio Marassi titolare di Scuropasso, piccola cantina da 30 mila bottiglie all’anno. «Finalmente – aggiunge – abbiamo un nome per la nostra denominazione. Crediamo nel Classese e rientriamo con entusiasmo nel consorzio: nella nostra cantina finora l’unico vino a denominazione era il Cruasé, adesso anche gli altri nostri vini sono atti a divenire docg». Spiega Marassi: «Sono un visionario e voglio credere in questo nuovo progetto. Poi siamo noi aziende che dobbiamo mettere i numeri perché sono i numeri che fanno la dominazione».

La rinuncia al nome Oltrepò

Tra i favorevoli al nuovo percorso consortile c’è anche Elena Cavallotti di Tenute Cavallotti. «Sì, crediamo nel progetto. È vero che con il nuovo nome si perde il riferimento all’Oltrepò ma la nostra era una denominazione lunghissima, difficile da ricordare e da spiegare. Classese è più immediato e diretto e comunque mette insieme due termini importanti: “Classico”, che fa riferimento al metodo dello spumante, e “Pavese” che è un richiamo al territorio. È stato un errore perdere questo nome nel tempo». D’altronde anche il Barolo non fa riferimento al nome Langhe. La ratio è la stessa. 

Il precedente del Cruasé

Poi spiega con entusiasmo il nuovo logo del consorzio che miscela in un’unica figura due calici, il ramo della vite e le bollicine tipiche del territorio. In passato il consorzio aveva lanciato il progetto del Cruasé, un marchio che serviva per identificare lo spumante metodo classico rosa da pinot nero, ma i risultati non sono stati all’altezza delle aspettative. «Il Cruasé è un marchio che riguarda solo il rosato. Noi ci abbiamo creduto e abbiamo investito nel marchio più di altri che hanno invece puntato di più sul blanc de noirs. Adesso – continua Elena Cavallotti – credo che progressivamente il Cruasé sarà dimenticato: la nostra sfida attuale è trasformare i vini vsq in vini a denominazione. Ci arriveremo: io sono convinta».

Una terra vocata per il pinot nero

L’evoluzione del territorio lo racconta Valeria Radici Odero, vignaiola titolare della cantina Frecciarossa: «I nostri padri compravano damigiane dallo stesso produttore, il nostro approccio al vino era limitato. Ora non è più così. Oggi i nostri figli, i ragazzi delle nuove generazioni, studiano e vanno in giro per il mondo». Anche lei abbraccia la nuova linea del consorzio: «Amiamo tutti questa terra: abbiamo adesso un bellissimo progetto territoriale e consortile. Il nostro territorio è da sempre vocato per il pinot nero che qui resiste bene anche a 500-600 metri e con il cambiamento climatico si può ancora salire. La qualità generale è ormai molto buona e con il Classese ci sarà una consapevolezza più ampia del territorio. Spero sia la volta buona per avere un seguito maggiore. L’Italia beve molte bollicine e c’è un riscontro del mercato. Noi stiamo rientrando nei radar, ma serve un territorio forte e unito».

L’unione fa la forza

E proprio di unità parla Alessandro Comi, titolare con la sorella Cristina della storica cantina Travaglino con sede a Calvignano. «Noi produttori abbiamo sempre recriminato di non lavorare in modo coeso. Ora è la prima volta che ci troviamo al 100 per cento d’accordo. Questo territorio deve avere la fama che merita, non abbiamo niente da invidiare ad altri territori: produciamo il 70% del pinot nero italiano e possiamo vantare il 60% dei vigneti della Lombardia. Siamo in una posizione strategica: un triangolo di terra a sud-ovest a forma di grappolo d’uva dove si uniscono il mare, l’Appenino e la pianura padana. Godiamo di un paesaggio eterogeneo dove regna la biodiversità. Un tempo i nostri nonni facevano altro, ma oggi le famiglie del vino sono totalmente dedicate alla produzione: la qualità è migliorata tantissimo e il Classese ci può aiutare. Il lavoro da fare è tanto, ma l’unità di tutte le realtà del territorio farà la nostra forza».

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