Sembra un mochi, ma non lo è. L’ohagi, noto anche come botamochi, è un dolce tradizionale che occupa un posto speciale nel calendario culturale e religioso del Giappone. Questo dolce viene offerto sugli altari familiari e sulle tombe durante i periodi dell’Higan, le settimane equinoziali primaverile e autunnale, nelle quali le famiglie onorano i loro antenati e riflettono sul ciclo della vita e della morte.
Il motivo per cui questo dolce assume due nomi — “botamochi” in primavera e “ohagi” in autunno — affonda le sue radici nella simbologia floreale stagionale. Il nome botamochi deriva da botan, la peonia, che fiorisce in primavera, mentre ohagi prende nome da hagi, il trifoglio, fiore che fiorisce invece in autunno.
In autunno, quando i fagioli azuki, stesso ripieno usato per i dorayaki, sono di recente raccolta e più teneri, è usuale usare la pasta tsubuan, che conserva parte della buccia e una texture più ruvida. In primavera, invece, quando i fagioli sono stati immagazzinati e tendono ad avere una buccia più difficile da trattenere, si preferisce la pasta koshian, più fine e filtrata.
La pratica di offrire dolci di riso avvolti in pasta di fagioli durante i periodi dell’equinozio ha antiche origini. La festa dell’Higan (letteralmente “l’altra riva”) risale al periodo Heian (794 1185) e si basa sull’idea buddhista della transizione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, del cammino verso la salvezza attraverso la riflessione e la purificazione.
Un aspetto interessante è che i fagioli azuki, con il loro colore rosso vivo, erano (e sono) simbolicamente ritenuti capaci di purificare, scacciare gli spiriti maligni e proteggere dalle calamità. Offrendo un dolce che contiene azuki, si augurava una sorta di protezione agli spiriti degli antenati e un buon raccolto per i vivi.
La preparazione degli ohagi e botamochi si basa su una tecnica specifica. Si cuoce il riso glutinoso, spesso mescolato a riso comune, e lo si pesta parzialmente fino a ottenere una consistenza morbida ma leggermente granulosa. Con il riso così preparato si modellano delle palline, che vengono avvolte in un generoso strato di anko. Esistono anche varianti in cui la copertura esterna è a base di farina di soia tostata (kinako), semi di sesamo tritati o una purea di edamame (zunda). In passato, per esaltare la dolcezza naturale dei fagioli, veniva usato un pizzico di sale al posto dello zucchero.
Altare buddhista con ohagi
I periodi di Higan durano sette giorni — tre giorni prima e tre dopo l’equinozio centrale — e in quei giorni le famiglie compiono rituali, puliscono tombe, offrono fiori, incenso e cibo agli antenati, e spesso consumano i dolcetti preparati.
Tradizionalmente, i dolci venivano messi sull’altare buddhista (butsudan) come offerta sacra (osonae), e in seguito distribuiti ai membri della famiglia come simbolo di gratitudine e collegamento con gli antenati.
Nonostante la loro origine antica, ohagi e botamochi compaiono anche in opere moderne come manga e anime, e possono essere trovati facilmente nei supermercati e nelle pasticcerie tradizionali (wagashi). Vengono spesso accompagnati da tè verde amaro o matcha per bilanciare la loro dolcezza.
Anime, Tsubasa RESERVoir CHRoNiCLE
Niente da mostrare
Reset© Gambero Rosso SPA 2025 – Tutti i diritti riservati
P.lva 06051141007
Codice SDI: RWB54P8
registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
Made with love by
Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd