Ristoranti

A Palermo c’è un museo naturale con bistrot costruito in una ex cartoleria storica

Un centro culturale per promuovere il pensiero ecologico, anche col potere del cibo e della buona alimentazione. Radici sta per compiere tre anni di vita e ha in serbo un bel po’ di novità

  • 30 Settembre, 2025

Chi l’avrebbe detto che fra le vie del centro storico di Palermo, fra le vetrine piene arancine e i negozi di souvenir, si celasse un museo dedicato all’ecologia con tanto di bistrot di cucina naturale. Si chiama Radici ed è un progetto in controtendenza rispetto ai trend di questa città sempre più amata dai visitatori internazionali. Ne ho parlato con Raffaella Quattrocchi, una delle quattro fondatrici: «Radici è un polo che vive di vari linguaggi, dal museo alla libreria, dal bistrot agli eventi e laboratori, sempre legati al mondo dell’ecologia e della natura. Inevitabilmente il cibo è parte del museo e della narrazione sulla biodiversità e sulla stagionalità, che si rispecchia nelle scelte che facciamo a livello di filiera. Il senso del museo si esprime anche attraverso la scelta – che può sembrare banale, ma non lo è in una città così “cibificata” come Palermo – di servire la pasta alla norma soltanto in estate, quando c’è il pomodoro fresco e la melanzana».

Il museo naturale Radici

Un angolo del museo Radici

Situato in Via Antonio Gagini 23, Radici nasce in un luogo particolarmente legato alla storia della città. Si tratta della ex cartoleria Bellotti De Magistris, punto di riferimento dal 1906 per i cittadini, che la frequentavano per acquistare quaderni, colori e strumenti per architetti e artisti, poi chiusa definitivamente nel 2012. Il progetto architettonico di recupero del locale storico è stato seguito da Lorenzo Lo Dato e ha permesso di conservare una forte connessione con il passato. Oltre a riutilizzare molti dei componenti originali, il percorso museale ha un approccio meravigliosamente analogico e si basa su una fruizione tangibile degli elementi della natura.

L’esperienza non si riduce a una esposizione di dati, ma si snoda in un percorso immersivo in 120 exhibit – ideati con il sostegno di un comitato scientifico – che interagiscono con il visitatore attraverso tutti i sensi: ogni cassetto apre un mondo da esplorare con le mani, con la vista, con l’olfatto. Nel prossimo anno nasceranno anche 3 nuovi exhibit dal progetto “Transiti”: tre residenze d’artista promosse dal Ministero della Cultura grazie alla vittoria del bando “Laboratorio di Creatività Contemporanea”, che supporta i centri culturali nati dalla rigenerazione urbana.

I cassetti del museo Radici

Un lavoro di squadra al femminile con le altre socie: la curatela è di Caterina Strafalaci, che si è occupata dell’impianto estetico e delle produzioni artigianali, Chicca Cosentino si occupa del lato pedagogico e Irene Mottareale dell’organizzazione generale. L’obiettivo condiviso è di parlare a bambini e adulti mettendoli sullo stesso piano, utilizzando linguaggi diversi, ma senza doversi rimodulare. «Ognuno trae dal museo quello che può in quel determinato momento, scoprendo ogni volta cose diverse e andando via con domande e stimoli aperti» racconta Raffaella.

«Il museo racconta le relazioni e gli adattamenti degli organismi e degli elementi dell’umano, del non umano, dell’antropogenico e non, del confine fra quello che chiamiamo natura, quello che lo è e quello che non lo è. Il cibo diventa un terreno di analisi e di discussione molto interessante: se pensiamo ad esempio al fatto che in città l’orto o la campagna sono percepiti come “natura”, viene da porsi delle domande sul rapporto fra urbano e centri rurali».

Da sinistra: Caterina Strafalaci, Raffaella Quattrocchi, Irene Mottareale e Chicca Cosentino

Il bistrot Radici: cucina di quartiere genuina

Il primo incontro che si fa una volta varcato l’ingresso di Radici, prima di raggiungere il museo, è proprio col bistrot, aperto (per ora) dalla colazione alla merenda pomeridiana. La cucina del pranzo è opera di Marco Catalano, le cui ricette sono tendenzialmente di ispirazione mediterranea o legate alla tradizione siciliana, ma lontane dalle espressioni food porn associate comunemente a Palermo. Il menù, che cambia insieme alle stagioni e alla disponibilità degli ingredienti, propone una cucina genuina e tenta di coprire le diverse esigenze alimentari. Anche la pasticceria, seguita da Salvo Di Cara, tende al mondo del senza glutine e senza lattosio.

«Ci piacerebbe l’idea di costruire una tavola inclusiva, attorno a cui possa mangiare chiunque, senza dover necessariamente creare dei ghetti specifici. Le materie prime arrivano da CosatipOrto, un orto biologico urbano dalla bellezza abbagliante, che ha anche degli orti condivisi. Cerchiamo di lavorare i prodotti il meno possibile e proporre un menù semplice e leggero» spiega Raffaella. Tutto questo favorisce una fruizione quotidiana da chi vive il quartiere, puntando su ambiente familiare, sapori rassicuranti e benessere. E così il menù si compone da primi piatti (come scialatielli con crema di peperoni, feta e noccioli oppure caserecce alla norma e ricotta salata), da riso, cereali, verdure, frittate, torte salate e focacce sempre realizzati con materie prime il più naturali possibile.

Uno dei piatti del bistrot Radici

Con alcuni eventi serali ricorrenti c’è stata invece l’occasione di esplorare un mondo che desta sempre più interesse, grazie alla collaborazione con una cuoca argentina, Melisa Randazzo, che si è trasferita in Italia per recuperare le sue origini familiari e che propone una cucina vegana con focus sulle fermentazioni.

«Il recupero della materia viva che interagisce con altri organismi altrettanto vivi è un discorso che si incastra perfettamente nel contesto del museo.Ci piacerebbe che nel tempo questo contaminasse anche la cucina del pranzo, pur mantenendola in una dimensione familiare. A giugno abbiamo già fatto un primo laboratorio dedicato alla koumbucha e da novembre vorremmo cominciare con una scuola di fermentazione divisa in vari volumi e con l’apertura serale a cena». Una serie di novità che si accompagneranno all’apertura di un nuovo spazio per workshop.

Uno spazio polifunzionale ed ecologico

La caffetteria che accoglie i clienti è abbinata a un angolo libreria, curato da Raffaella, che propone albi illustrati, manuali di cucina naturale, saggi di ecologia o botanica. Accanto c’è l’Atelier, il luogo dove fino ad ora si sono tenute varie attività, dalle conferenze ai dj set.

La libreria di Radici

«Noi la consideriamo la nostra piazza, che ognuno può fruire come vuole: ci sono i nomadi digitali, le famiglie che giocano con i bambini, chi legge un libro, ed è soprattutto il posto dove accadono i laboratori. Ad ottobre però inaugureremo una nuova sala dedicata esclusivamente ai workshop, con molti eventi dedicati al recupero delle tecniche di una volta». In tutte queste occasioni vengono utilizzati sempre materiali naturali che non diventano mai scarto, ma che si possono rimettere in natura: il pennello fatto col pennacchio della poseidonia, il sasso per timbrare con i colori naturali e così via. «Siamo molto lontane da quel concetto di riciclo creativo che va molto di moda, ma che spesso produce più spazzatura».

Le radici sono ben salde e si intrecciano alle varie anime del progetto – museo, bistrot, libreria, spazio culturale -, crescono e aspirano ad arricchire il contesto palermitano con un ventaglio di esperienze davvero inedite.

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