Vino

Nel Lazio è nato un nuovo Consorzio del vino: si occuperà della tutela del Cesanese di Olevano Romano

Guidato da Marco Antonelli, ha davanti a sé una serie di sfide: dai rapporti con il consorzio del Cesanese del Piglio alla promozione di tutto il territorio. Così il Pinot nero laziale guarda al futuro

  • 01 Ottobre, 2025

Con un decreto pubblicato il 27 settembre 2025 sulla Gazzetta Ufficiale, il Ministero dell’Agricoltura ha riconosciuto ufficialmente il Consorzio di tutela del Cesanese di Olevano Romano, che comprende alcuni comuni della provincia di Roma (Olevano, Genazzano e Belllegra). Non è un semplice atto amministrativo: è il segno di quanto sia cambiato, negli ultimi vent’anni, il destino del più importante vino rosso del Lazio, passato da prodotto locale a ambasciatore di un territorio. La nascita del consorzio racconta la maturità raggiunta da una comunità che ha creduto nella qualità e nell’identità del proprio vino e apre una fase nuova, più consapevole, ambiziosa e orientata al futuro. Sarà il produttore Marco Antonelli a guidare, come presidente, il nuovo ente di tutela, coadiuvato dai vice Letizia Rocchi e Alberto Giacobbe. Ad oggi le aziende già dentro sono 18.

Vigne di cesanese nelle colline di Olevano Romano

Da vino da osteria ad ambasciatore del territorio

Fino a pochi decenni fa il Cesanese era un vino semplice, spesso dolce o frizzante, bevuto nelle osterie e alle feste di paese delle campagne tra Olevano Romano, Piglio e Affile. Poi è cambiato tutto. La svolta era iniziata nel 2008 con la nascita del Consorzio di tutela del Cesanese del Piglio Docg (che ricade nella provincia di Frosinone), che aveva trasformato un territorio periferico in un laboratorio di qualità e promozione. Da allora le tecniche di vinificazione si sono affinate, i vigneti storici sono stati recuperati e le migliori parcelle hanno iniziato a produrre uve di livello altissimo.

Il Cesanese è uscito dall’anonimato e si è affermato come un rosso di eleganza e profondità. Oggi è considerato il vino simbolo del Lazio, capace di competere con le grandi denominazioni italiane, e la sua forza sta nel legame con il territorio: colline vulcaniche, microclimi peculiari e una tradizione agricola radicata. Già nel 1888 Camillo Mancini nel suo volume Il Lazio Viticolo e Vinicolo lo definiva “il Pinot nero del Lazio”, intuendone il potenziale di finezza. Il nuovo consorzio nasce quindi per consolidare questa identità e il decreto ministeriale gli affida il compito di tutelare la denominazione Dop, vigilare sulla qualità e promuovere il vino in Italia e all’estero, raccontandone la storia e il legame con il paesaggio.

La mitica trattoria e enoteca Sora Maria e Arcangelo a Olevano Romano

Rosso in una terra di bianchi

Il Cesanese oggi non è più soltanto un vino: è diventato un motore di trasformazione territoriale. Il recupero dei vigneti, l’arrivo di nuove generazioni di viticoltori e lo sviluppo dell’enoturismo hanno ridisegnato il paesaggio e dato nuova vitalità a un’area rimasta a lungo ai margini dei circuiti enologici nazionali. Per decenni il Lazio è stato identificato quasi esclusivamente con i bianchi dei Castelli Romani – come il Frascati, nato come denominazione nel lontano 1966 – ma oggi il rosso di Olevano, Piglio e Affile racconta un’altra storia: quella di un territorio che punta su qualità, autenticità e radici.

I rapporti con il Consorzio del Cesanese del Piglio

Il nuovo consorzio dovrà però misurarsi con alcune sfide decisive per il futuro del Cesanese. La prima riguarda il rapporto con il Consorzio del Cesanese del Piglio, con cui sarà fondamentale costruire un dialogo costante ed efficace. Due organismi in un territorio così ristretto possono infatti rappresentare un limite, se dovessero muoversi in modo disallineato, ma anche una grande opportunità se sapranno coordinare strategie, obiettivi e comunicazione per presentarsi uniti sui mercati e nella promozione del territorio.

Le sfide del nuovo ente di tutela

La seconda sfida è legata alla narrazione del vino stesso. Finora l’attenzione si è concentrata soprattutto sul vitigno, ma il futuro passa attraverso la valorizzazione del luogo: raccontare le colline, i borghi e le comunità che da secoli lo producono, mettendo al centro il legame profondo tra paesaggio e cultura materiale. È proprio in questa dimensione territoriale che risiede il valore distintivo del Cesanese, che – come ricordava già Camillo Mancini nella sua monografia del 1866 – era ampiamente presente anche nei comuni dei Castelli Romani, prima che la storia produttiva della regione prendesse altre direzioni.

La nascita del Consorzio di tutela del Cesanese di Olevano Romano resta quindi una buona notizia per tutto il vino italiano. Segna la maturità di un territorio che vuole raccontarsi attraverso il paesaggio e le proprie tradizioni e che ambisce a rafforzare la propria identità enologica. Le sfide non mancano, ma proprio dalla loro gestione passa la possibilità di trasformare il Cesanese da “Pinot nero del Lazio” a uno dei grandi rossi d’Italia.

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