Alcune specialitร sono state tramandate attraverso le generazioni, altre sono profondamente cambiate nel corso degli anni, altre ancora sono semplicemente scomparse dopo una lunga e gloriosa stagione. Noi abbiamo deciso di recuperare alcune di queste, dal sugo di carne, al ragรน di Pellegrino Artusi, ai Tortelli di enula. ร la volta delle rissole e dei panzerotti.
Le torte e i loro corrispettivi in miniatura, ovvero tortelli e similari, sono essenzialmente unโinvenzione della cucina medievale. Lโidea di fondo รจ quella di una focaccia che racchiude il proprio intingolo: pane e companatico non sono separati, ma uniti nella stessa preparazione.
Le ricette piรน antiche di queste specialitร spesso non fanno distinzione tra i metodi di cottura, che invece sono alla base della definizione attuale dei diversi piatti.
Secondo la gastronomia moderna ne esistono tre tipologie: al forno, come i calzoni o le empanadas; fritte in un grasso vegetale o animale come la pizza fritta (trovate uno speciale nel mensile di dicembre) o i panzerotti; infine lessate, come le decine di varianti di pasta ripiena che conosciamo in Italia.
Nel Rinascimento questi piccoli pasticci ripieni si moltiplicano in diverse forme e tipologie. Prendendo in considerazione solo le specialitร destinate a essere fritte o cotte al forno, il ferrarese Cristoforo Messisbugo nel 1549 ne enumera diverse ben distinte tra loro: tortelli, cascosse, casatelle, ofelle, stellette, pastatelle e fiadoncelli.
Nel corso dei secoli queste ricette sono scomparse o molto mutate, come ad esempio i fiadoncelli, gli antichi progenitori degli attuali fiadoni abruzzesi. A differenza di quelli attuali, a base di formaggio, in quelli antichi predominava un gusto dolce e speziato, grazie allโuva passa, allo zucchero e alla cannella che venivano mescolati alla carne e agli altri ingredienti.
Circa un secolo prima del trattato del Messisbugo, in Inghilterra si รจ giร affermata unโaltra specialitร destinata ad avere grande successo. Si tratta dei risshens, piccoli pasticci di carne fritti descritti in un manoscritto di metร Quattrocento (Sloane ms. 1986) attualmente conservato nella British Library. Nonostante il testo originale sia in rima e di non immediata comprensione, si potrebbe tradurre cosรฌ: โPrendi la carne di maiale macinata e soffritta, aggiungi pepe e uova sbattute, metti il lievito (dentro la pasta), sarร leggera come una bolla, avvolgi (la carne) in un rotolo (di pasta) come un piccolo pesce, friggilo e adagialo nel piattoโ.
La stessa specialitร gastronomica la incontriamo un paio di secoli piรน tardi in Francia con il nome di rissolle. Questi piccoli ravioli fritti di pasta brisรฉe farciti con carne tritata (o pesce per i giorni di magro) saranno destinati a diventare molto famosi anche in Italia, grazie al successo della cucina dโOltralpe. La ricetta appare nel 1651 allโinterno del โLe cuisinier Franรงoisโ di Francois Pierre de La Varenne, il primo autore a dare alle stampe un libro di cucina francese dopo oltre un secolo di silenzio.
Il successo di questo libro fu planetario e se ne contano almeno 61 edizioni in diverse lingue nei successivi cento anni. Come se non bastasse, alcuni editori attratti dalla fama del ricettario, utilizzarono il titolo e il nome dellโautore per dare vita a pubblicazioni che poco avevano a che fare con lโoriginale. Proprio una di queste fu oggetto di traduzione in italiano nel 1682 e contribuรฌ a diffondere la fama della cucina francese (e delle rissolle) nella nostra penisola.
Oggi in Italia questo piatto รจ completamente scomparso, ma sopravvive ancora in svariate cucine nazionali, sotto diverse forme. In Francia e Portogallo ha mantenuto grosso modo la forma originale di piccolo pasticcio farcito, mentre in Inghilterra e Irlanda รจ composto dal solo ripieno, in forma di polpetta di carne, impanato e fritto. Nello stesso modo si cucina anche in Australia e Nuova Zelanda, mentre in Indonesia la carne tritata รจ avvolta in una sorta di crรชpe.
Spazzate via tutte le specialitร rinascimentali italiane dallโondata della gastronomia francese, alla fine del Settecento si continua a usare la parola rissole (che nel frattempo ha perso una โlโ) per indicare questo tipo di preparazioni. Francesco Leonardi, uno dei piรน famosi cuochi della propria epoca, ne descrive diversi tipi, iniziando proprio dalle โRissole alla napoletanaโ che hanno la peculiaritร di essere ripiene di formaggi e prosciutto, anzichรฉ di carne. La ricetta (che trovate sotto) si conclude in maniera significativa con la frase: โIn Napoli sono chiamate queste Rissole Panzarottiโ.
Sarร il napoletano Ippolito Cavalcanti, nella quarta edizione della sua โCucina teorica praticaโ datata 1844, a dare la ricetta definitiva dei panzerotti: โPrendi mezzo rotolo di fior di farina, mezzo quarto di sugna, ed impasterai con acqua, ed un ovo intero, maneggiandola bene, la distenderai come la pasta deโ tagliolini, e ne farai una tela; farai una farsa di ovi battuti, provola grattugiata, ed un trito di mozzarelle mischiato tutto insieme, e con questa farsa ne riempirai i panzerotti, che li taglierai, o con lo sperone proprio, o con qualche stampa, e quindi li friggerai di bel biondo coloreโ. Oltre a questi, lโautore ne descrive altri tipi, tra cui anche i โPanzerotti bruschiโ con il prosciutto, del tutto simili a quelli del suo predecessore Francesco Leonardi.
La ricetta del Cavalcanti sarร replicata con minime varianti fino ai primi del Novecento e viene registrata come โPanzerotti napoletaniโ da Alberto Cougnet in โLโarte cucinaria italianaโ del 1910. Lโautore รจ anche uno degli ultimi a inserire le rissole – ora chiamate rossole – nel suo ricettario, una preparazione ormai riservata allโalta cucina: i ripieni vanno dalle ostriche al fagiano, fino ai tartufi e animelle. Successivamente il panzerotto appare ne โIl Talismano della felicitร โ di Ada Boni del 1925 con il titolo โPiccoli โcalzoniโ ripieni alla napolitanaโ, sancendo uno slittamento lessicale che continua a tuttโoggi a Napoli che vuole la parola โpanzerottoโ sostituita con โcalzoneโ o โpizza frittaโ (della pizza alla napoletana ne abbiamo parlato qui).
Nel 1950 i โpiccoliโ calzoni, diventano il โCalzone alla napoletanaโ de โIl cucchiaio dโargentoโ, mentre Anna Gosetti, nel suo โLe ricette regionali italianeโ del 1967, fa rientrare i panzerotti tra le specialitร pugliesi e non piรน napoletane – aggiungendo il pomodoro nel ripieno – mentre nel capitolo dedicato alla cittร partenopea, i piccoli calzoni fritti sono ridotti a una nota allโinterno della ricetta del classico calzone al forno.
Abbiamo voluto sperimentare la prima ricetta delle โRissole alla Napolitanaโ – ovvero panzarotti – di Francesco Leonardi nella versione de โLโApicio modernoโ del 1790. Oggi, come allora, li potete servire come antipasto.
Ingrediente per la pasta
340 g di farina (lโequivalente di una libbra romana)
110 g di burro (equivalenti a 4 once)
2 tuorli dโuovo
1 uovo intero
Sale
Acqua q.b.
Per il ripieno
150 g di mozzarella
100 g di provatura, formaggio laziale fatto con latte di bufala (se non riuscite a reperirla, sostituitela con lo altrettanta mozzarella)
30 g di caciocavallo stagionato
30 g di parmigiano
60 g di prosciutto in una fetta unica
1 uovo
1 cucchiaino di prezzemolo tritato
1 presa di noce moscata
1 macinata di pepe
Per la frittura
500 g di strutto
Iniziate con lโimpasto tagliando a cubetti il burro freddo e mescolandolo con la farina – troverete lโoperazione piรน semplice aiutandovi con un coltello – e infine aggiungete i tuorli e lโuovo intero.
Amalgamate il composto con la forchetta aggiungendo poca acqua a temperatura ambiente fino a raggiungere la densitร voluta. Terminate impastando a mano sulla spianatoia, fino a che la sfoglia non diventa liscia ed elastica.
Infine formate una palla e mettetela a riposare almeno mezzโora coperta da un panno o avvolta nella pellicola antiaderente.
Per il ripieno tritate la mozzarella e la provatura marzolina, grattugiate il parmigiano e il caciocavallo, tritate il prezzemolo e la fetta di prosciutto che avrete fatto sudare su una padella a fuoco basso un paio di minuti per lato.
Mescolate gli ingredienti in una ciotola aggiungendo una presa di noce moscata, una di pepe e un uovo intero.
Stendete la pasta in una sfoglia piuttosto lunga stretta con il matterello. Dovrร avere uno spessore di circa 2 mm (per essere precisi la ricetta originale suggerisce di tirarla allo spessore di un โPaoloโ, una moneta che aveva unโaltezza di circa 1,7 mm).
Posizionate dei mucchietti di ripieno sulla sfoglia e spennellatela di uovo negli spazi rimanenti, infine ripiegatela e saldate accuratamente le estremitร .
Tagliate i panzerotti a forma di mezzaluna con la spronella e assicuratevi che i bordi siano ben chiusi, magari schiacciandoli con i rebbi di una forchetta.
Scaldate lo strutto in una padella dai bordi alti e assicuratevi che lo strutto sia in quantitร sufficiente per immergere completamente i panzerotti. Friggetene pochi per volta a una temperatura compresa tra i 160 e i 170 gradi.
Girateli un paio di volte durante la cottura per ottenere una doratura uniforme ed estraeteli con cura aiutandovi con una ramina forata, facendoli asciugare su carta assorbente. Serviteli ancora caldi raccontando la storia del matrimonio tra le rissole francesi e i panzarotti napoletani.
Si ringrazia Giancarlo Gonizzi di Academia Barilla per la sua grande disponibilitร , indispensabile per portare a termine le ricerche sulle fonti storiche.
a cura di Luca Cesari
foto di Luca Cesari
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