Il dado รจ tratto. Bruxelles ha ufficialmente sancito il divorzio della Gran Bretagna dall’Unione europea, le ultime riunioni plenarie sono state mercoledรฌ 29 al Parlamento di Strasburgo e giovedรฌ 30 gennaio 2020 al Consiglio Europeo: ultimi passi formali per ratificare il recesso. Nella notte del 31 gennaio le bandiere britanniche smetteranno di sventolare dai palazzi istituzionali di Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo. Dal giorno successivo, il primo febbraio, comincerร un processo di transizione che durerร fino al 31 dicembre del 2020, per definire gli accordi commerciali e non solo quelli. Saranno undici lunghi mesi in cui si stabiliranno i termini della separazione. ร la fine della libera circolazione di persone e di merci da e verso la Gran Bretagna?
Qualcuno predice (o auspica?) tempi piรน laschi, tra questi anche David Sassoli, il Presidente del Parlamento Europeo, che avverte che gli accordi di libero scambio, ancora da elaborare, saranno complicati: migliaia di pagine da sottoscrivere, un lavoro enorme che difficilmente si riuscirร a portare a termine in un solo anno come vorrebbe Boris Johnson, che ha piรน volte annunciato di non avere alcuna intenzione di chiedere una proroga per il secondo anno. Dunque i negoziati si preannunciano rognosi, Sassoli, che pure non nasconde la speranza di un ripensamento, pur aprendo alla piena collaborazione con il Regno Unito, ha al centro del suo operato la difesa dello spazio europeo e dei diritti dei cittadini e delle imprese. Si punta a far partire i negoziati il 1 marzo, ma non sarร facile, anche per l’agroalimentare. Le associazioni di categoria sono preoccupate: si temono il ripristino dei dazi e dei controlli doganali, senza tutele per le Ig. Ma il tempo รจ scaduto e bisogna cominciare a fare i conti con una Unione europea senza il Regno Unito.
Per ora tutto sembra tacere, in attesa delle prossime mosse. โQuel che accadrร davvero nessuno lo sa ancoraโ dice Andrea Rasca, patron del Mercato Metropolitano che a Londra macina successi e conferme – โa gennaio siamo cresciuti del 40%” dice con esultanza. โLa veritร รจ che probabilmente non lo sanno neanche loroโ. E per loro intende le istituzioni impegnate nel rendere effettivo questo divorzio, ma anche coloro che si sono espressi a favore dell’uscita. Il clima รจ di diffusa incertezza ma anche di generale ottimismo, o quanto meno di incredulitร rispetto agli scenari piรน rigidi. โNon sono stupidi: credo e spero che si troverร un modo per regolare il commercio e il movimento delle personeโ riflette ancora Rasca. La Gran Bretagna, e Londra in particolare, รจ da sempre un luogo cosmopolita, crocevia di uomini e culture. Una decisa inversione di marcia non รจ credibile, almeno per ora questa รจ la percezione di molti. Ma qualcosa sta cambiando.
โIl settore dell’hospitality vive di stranieriโ dice Simone Moroni,ย Managing Director degli Italian Job di Londra โ i pub con birre artigianali italiane firmati da Marco Pucciotti, Giovanni Campari, Manuel Piccoli, Maurizio Paterno e lo stesso Moroni โ che, proprio il 30 gennaio, tengono a battesimo il quarto indirizzo, ad Hacney Wick. Segno evidente che gli inglesi credono profondamente in questo progetto che vive di prodotti e manodopera italiana. Perchรฉ dal Bel Paese arrivano non sol craft beer ma anche gran parte del personale. O meglio arrivava: โi flussi di persone che vengono a Londra dall’estero si sono ridotti radicalmente, negli ultimi mesiโ continua Moroni โe questo รจ un problemaโ. Perchรฉ da sempre nel Regno Unito, e Londra in particolare, il vivacissimo settore della ristorazione accoglie centinaia di persone straniere, soprattutto da Italia, Spagna, Est Europa. Ora dirette verso altri paesi โ Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo โ aree che non risentono dello spauracchio di possibili restrizioni.
โSenza contareโ aggiunge Moroni โche prima molti giovani venivano qui per studiare, sapendo di poter accedere a un mutuo studentesco, in questo momento la possibile stretta su questo tipo di finanziamenti fa desistere dall’iniziare il percorso universitario quiโ. Quindi meno studenti, quegli studenti che lavorano il fine settimana come extra nei locali. Insomma, โora รจ piรน difficile trovare personale: un tempo con un annuncio arrivavano 20 risposte, ora al massimo 5โ. Una mancanza di cui risentiranno tutti: โormai, a Londra, sono abituati ad avere personale di alto livello: camerieri, cuochi, direttori di sala. E adesso che vengono a mancare, la vita sarร piรน difficile per tuttiโ, รจ il parere di Rasca che non manca di sottolineare come nel tempo la presenza di stranieri abbia arricchito non solo quantitativamente ma anche qualitativamente il settore.
Un calo importante, che ha anche un altro risvolto: il costo del lavoro. โle societร piรน potenti, per assicurarsi personale, hanno aumentato gli stipendi anche del 25-30%โ spiega Dario Corradi, origini friulane, da 17 anni a Londra con Passione vino, societร di importazione e distribuzione di vini italiani nel Regno Unito che da qualche anno conta anche un wine bar a Shoreditch. โQuindi oggi un lavapiatti viene pagato quanto un cameriere, 3-5mila sterline in piรน l’anno. Lo riscontriamo giร da fine agosto, perchรฉ la Brexit doveva partire a ottobre e giร il mercato si stava assestandoโ. Dunque la riduzione di mano d’opera e l’impennata degli stipendi sono le prime conseguenze di questa Brexit che ancora non ha preso le mosse. Ma sono le uniche?
La sterlina รจ risalita dopo le elezioni di dicembre, conquistando terreno sull’euro. Una buona notizia per chi, รจ il caso di Italian Job, compra sul mercato degli euro e vende su quello delle sterline. Dunque ha un vantaggio che potrebbe perรฒ sfumare se entrassero in vigore dazi sulle merci in entrata dall’Europa (l’import agroalimentare del Regno Unito dalle Ue รจ di circa 40 miliardi di euro lโanno, dallโItalia รจ di 3,4 miliardi, di cui il 30% di prodotti a Ig). โDipende da quanto. Se fossero del 15-20% anche i prezzi al dettaglio, inevitabilmente, ne risentirebbero, e i prodotti d’importazione perderebbero competitivitร . Molto probabilmente il mercato si sposterebbe sulle birre locali, piรน convenienti per il consumatore, e noi che lavoriamo solo italiano potremmo subire questo andamento del mercatoโ. Ogni realtร fa storia a sรฉ: il Mercato Metropolitano, per esempio, mescola cibo locale ad altro di importazione, โci costerร qualcosa in piรน e avremo tempi piรน lunghi ma sopravviveremo perchรฉ non costruiamo il nostro business sui prodotti d’importazione. Credo che il nostro sia un modello che riuscirร ad assorbire le probabili variazioni di prezzo cosรฌ come altri traumi che inevitabilmente ci sarannoโ spiega Rasca che ci tiene a sottolineare il carattere (parzialmente) local del Mercato: โnon ci basiamo sulle materie prime italiane, non vogliamo colonizzare un territorio, ma lavorare dentro e con una comunitร . Anche se personalmente l’idea della Brexit mi fa male perchรฉ credo nell’unitร e nella comunitร europea, dal punto di vista imprenditoriale al momento mi sento in grado di reagire agli scossoni che ci sarannoโ.
I dazi, appunto, sono il primo pensiero: le imprese italiane agroalimentari esportano in Uk beni per 3,4 miliardi di euro. Anche se per le aziende non ci sarร nessun cambiamento per tutto il 2020: โNรฉ nuovi dazi, nรฉ nuovi contingenti, nessun impatto anche sul riconoscimento reciproco delle rispettive eccellenze europee come Dop e Igpโ assicura l’europarlamentare Paolo De Castro, coordinatore S&D della Commissione agricoltura. โCi sarร tempo un anno per sviluppare le contromisure necessarieโ. Ma non bisogna dimenticare che alcune tasse giร ci sono, per esempio sul vino โe pesano molto sul prezzo finale delle bottiglie, di qualsiasi fasciaโ aggiunge Corradi, che perรฒ non ha nel frattempo registrato una corsa alle scorte rilevante. โAspettiamo di vedere cosa succederร , tutto il resto sono solo supposizioni. Maโ continua โa questo punto รจ inutile procrastinare. Continuare a prorogare non ha portato bene a nessuno e niente. L’incertezza pesaโ.
Pesa ovunque, ma – tutti sono d’accordo su questo – Londra fa storia a sรฉ, รจ inclusiva, e qui la Brexit non รจ passata: โLondra non rappresenta e non รจ rappresentata dalla Gran Bretagnaโ spiega Rasca nel sottolineare come il suo progetto si inserisca nelle dinamiche vissute dai locali. โNon รจ un posto frequentato dai turisti, ma pensato per gli abitanti di Londra: la gente ha bisogno di zone in cui sentirsi parte di una comunitร , dove interagire, e questo facciamo noiโ, per ora in due aree di Londra che arriveranno a 4, spera, entro giugno (Hilford ed Elephant Park le prossime mete).
Cosa succede, perรฒ, fuori da Londra e dall’Inghilterra? Lo abbiamo chiesto a Mirko Pelosi, sous chef all’Edinburgh Food Studio, il locale aperto da James Murray e Sashana Souza Zanella che, con il suo arrivo, ha strutturato una proposta fissa. โSe devo essere onesto, se fossi arrivato qui sei mesi fa, vedendo che strada si sta prendendo, credo me ne tornerei a casa o andrei da qualche altra parte, maโ racconta โsto qui da sei anni ormai. E voglio rimanere fino alla fine del lavoro che sto facendoโ. Anche perchรฉ per chi giร si trova in Gran Bretagna le cose non cambieranno poi molto: dopo 5 anni si puรฒ fare richiesta per il visit permanente, e ci sono ulteriori controlli – โmi hanno chiesto il passaporto per rinnovarmi il visto per i prossimi 5 anniโ dice Mirko. Moroni conferma: โci sono applicaton da fare per chi รจ giร qui, ma niente di piรนโ. Certo รจ che avere dei documenti ex novo, in questo periodo, รจ moto piรน complicato โmi hanno raccontato che per avere il documento base, in pratica l’equivalente del nostro codice fiscale, che io ho avuto previa richiesta telefonica da un giorno all’altro, ora servono settimane, molti passaggi e c’รจ parecchia selezioneโ ci dice Mirko. Che perรฒ aggiunge una nota interessante. Cui difficilmente si pensa: โsono in Scozia. Una regione che รจ autosufficiente dal punto di vista agroalimentare, soprattutto per carni e pesceโ. La Scozia esporta agnello, baccalร , cappesante, scampi. โQui sono tutti contro questo divorzio, e tutti mi rassicurano che non succederร niente. Si vive di export qui, e nessuno vuole cambiare le coseโ. E a conti fatti l’export dalla Gran Bretagna verso l’Europa ammonta al 47%, a fronte del 9% nella direzione opposta. Insomma la Brexit puรฒ arrecare danni a tutti e tutti devono ponderare bene le prossime mosse.
a cura di Antonella De Santis
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