A tre mesi dalla fine del 2020, lโalimentare italiano prova a fare una stima piรน precisa rispetto ai mesi scorsi dellโandamento economico del comparto. Lo fa in uno scenario inaspettato, particolare, unico nella storia dellโindustria nazionale. E lo fa in un anno che, da un lato, ha stravolto i piani delle imprese costrette a una chiusura forzata delle attivitร e che, dallโaltro, si avvicina alla fine portandosi dietro molte incognite non solo economiche ma anche sanitarie nella lunga strada che dallโautunno appena iniziato porta allโinverno.
Non รจ il caso di nascondersi. Il 2020 si chiuderร con un segno meno per il cosiddetto โeffetto Covidโ, che determinerร un calo di fatturato per oltre 6 imprese su dieci (62%) e sarร superiore al 15% per il 28% del campione. Lo dice chiaramente il rapporto Lโindustria alimentare italiana oltre il Covid-19, redatto da Nomisma per Centromarca e Ibc (Associazione industrie beni di consumo), presentato a Bologna. Il sondaggio realizzato su 200 imprese italiane del food & beverage (aprile-maggio) evidenzia come appena il 20% degli imprenditori preveda a fine 2020 un incremento del fatturato, tra Italia ed estero, a fronte di un 15% per i quali i ricavi saranno stabili rispetto allโanno precedente. Il trend รจ confermato dai dati sul giro dโaffari rispetto allo stesso periodo 2019 che segnano -9,5% ad aprile, -5,8% a maggio e -1,1% sia a giugno sia a luglio.
Con i ricavi in calo, anche gli investimenti previsti stanno subendo, e subiranno, dei contraccolpi. Prima dellโemergenza sanitaria, oltre otto aziende su dieci (82%) avevano messo a bilancio e previsto degli investimenti per questโanno. Cosa รจ cambiato? Lโeffetto Covid qui รจ evidente, nel momento in cui lโimpresa ha assunto, giocoforza, un atteggiamento โprudenteโ: la mancanza di liquiditร , le difficoltร di accesso al credito e la congiuntura negativa hanno spinto il 38% degli imprenditori a rimodulare gli investimenti e il 31% di esse a rinviarli del tutto. Cโรจ, ovviamente, secondo il sondaggio Nomisma, un 31% che prevede di confermare gli investimenti, destinandoli soprattutto allโacquisto di impianti e macchinari funzionali al ciclo produttivo (86%), ma anche alle nuove tecnologie (46%) e alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti (39%).
Tra le novitร emerse in questa fase emergenziale cโรจ sicuramente lo sforzo in innovazione. Anche in questo caso, si puรฒ notare come il Covid-19 abbia determinato, allโinterno della filiera agroalimentare, uno sviluppo delle vendite online e una diffusione della digitalizzazione. I dati resi noti da Nielsen, in una recente indagine tra fine febbraio e metร giugno, hanno testimoniano lโimportanza delle vendite online che, per il solo comparto cibo e bevande, sono cresciute del 152% rispetto a un anno prima, con un +132% registrato nella cosiddetta Fase 2 (inizio maggio-metร luglio). โNon si รจ trattato di un fuoco di pagliaโ commentano gli analisti di Nomisma, ricordando che โi consumatori hanno compreso i vantaggi della spesa onlineโ e che, di fatto, โindietro non si tornaโ. Il risultato รจ che, nei prossimi mesi, il 33% delle imprese pensa di potenziare lโe-commerce e la propria presenza sui social network.
Lโimportanza dellโindustria di trasformazione alimentare si รจ confermata nei primi sette mesi del 2020. Le vendite alimentari al dettaglio (+3,3% rispetto al -17,6% degli altri prodotti relativamente al periodo gennaio-luglio 2019) hanno sostenuto anche lโattivitร della Grande distribuzione (+4,4% contro un valore delle vendite complessive nello stesso canale del -4%) e delle piccole superfici (+3,9%), un format, questโultimo, che negli ultimi cinque anni ha registrato cali di fatturato costanti.
A fine 2019, lโindustria alimentare italiana (che vale lโ11,5% del comparto manifatturiero, dopo macchinari e metalmeccanico) ha raggiunto importanti successi che ne hanno fatto la quinta potenza mondiale nellโexport del food&beverage (dopo colossi del calibro di Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi e Francia), la terza a livello Ue per valore aggiunto prodotto (dopo Germania e Francia) e la seconda per produttivitร (dopo la Francia). A tale risultato ha contribuito il posizionamento medio di prezzo di alcune categorie tipiche del Made in Italy che รจ tra i piรน alti, come formaggi, olio extravergine di oliva, prodotti da forno e derivati del pomodoro.
Ma quali sono, allora, i punti deboli del sistema italiano? Nel rapporto presentato a Bologna, ed edito da Egea, emerge una fotografia di un comparto ancora โpolverizzato, costituito essenzialmente da imprese di piccole dimensioni, che affrontano con difficoltร il mercato globaleโ. Meno di 8 mila aziende su 56 mila hanno piรน di nove addetti; mancano strategie di branding, piani per lโinternazionalizzazione, progetti per lโintegrazione delle tecnologie digitali: โPer lโindustria alimentareโ commenta Alessandro dโEste, presidente di Ibc โla prioritร รจ crescere dimensionalmente, senza perdere quelle caratteristiche di eccellenza che fanno la differenza sul piano competitivoโ. Lo conferma, come rileva Ibc, il fatto che 49 realtร produttive, con un giro dโaffari superiore ai 350 milioni di euro, sviluppano il 36% del fatturato italiano del settore, il 52% dellโexport, il 34% del valore aggiunto e concentrano il 23% degli occupati. โPiccolo รจ belloโ osserva Francesco Mutti, presidente di Centromarca โma รจ evidente che lโimpresa, che lavora con tempi lunghi, ha bisogno di certezze sul futuro e, ad esempio, di norme che agevolino la possibilitร di fare rete con altre aziendeโ.
Per le imprese del food, la pandemia significa anche effetti a lungo termine. Secondo quanto emerso nel rapporto, il consumatore si รจ focalizzato maggiormente sullโitalianitร delle produzioni. E un tale cambiamento dโattenzione porterร a un rafforzamento delle relazioni tra gli operatori lungo la filiera. Pertanto, gli obiettivi di sostenibilitร ricercati dai consumatori ma anche imposti dalle politiche comunitarie (Green deal) โfavoriranno gli investimenti green nelle imprese alimentariโ scrive Nomisma โcosรฌ come la diffusione dello smart working peserร necessariamente sulla spesa per consumi fuori casa. E, quindi, sul recupero e tenuta della ristorazione nelle grandi cittร โ. E a preoccupare non รจ tanto lโestero quanto il mercato interno: 7 imprese su 10 ritengono che occorreranno anni per recuperare quanto perso in termini di consumo sul fronte dei valori, anche alla luce della crisi economica e del calo di redditi che interesserร gli italiani nei prossimi mesi.
I primi 7 mesi del 2020 sono stati positivi per lโalimentare italiano (+3,5%) a fronte di un calo complessivo di tutte le esportazioni, pari a -14%, nonostante aprile e maggio abbiano registrato rispettivamente -1% e -12%. โLe diverse modalitร adottate nel mondo, nei tempi e nellโapplicazione del lockdown, hanno determinato performance differenti nellโexport dei nostri prodotti, penalizzando principalmente quelli venduti in Horecaโ afferma Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma e curatore del rapporto โe si spiegano cosรฌ, per esempio, il -4% nellโexport di vino e, allโopposto, il +25% della pasta italiana o il -7,8% dellโexport alimentare francese contro il +2,7% di quello spagnoloโ.
Il sondaggio Nomisma sulle attese post-Covid allโestero denota maggiore ottimismo rispetto alle stime sullโItalia, anche se le incognite si chiamano Brexit senza accordo dal 1 gennaio 2021 (che vale 3,1 miliardi di euro) e lo spettro dei dazi negli Stati Uniti (per 4,5 miliardi di euro). Cโรจ un 38% di imprese intervistate che teme una riduzione dellโexport alimentare italiano per il biennio 2020-2021 e un terzo delle aziende imputa un calo nel posizionamento dei nostri prodotti a un maggior protagonismo delle imprese locali nei mercati target.
ร Teresa Bellanova a illustrare gli obiettivi del Mipaaf in relazione al Covid-19: โStiamo operando per il consolidamento e la ripresa del mercato internoโ spiega la Ministra per le politiche agricole nel suo intervento โvogliamo rafforzare il posizionamento estero del nostro agroalimentare attraverso il Patto per lโexport firmato alla Farnesina, in quei mercati che possono permettersi il lusso del made in Italy. Inoltre, dobbiamo affrontare la crisi della ristorazione ed รจ per questo che punto a erogare entro fine anno i 600 milioni di euro stanziati. Dobbiamo, poi, investire in innovazione, nello sviluppo dellโe-commerce e nella digitalizzazioneโ. Tutto il sistema agroalimentare nazionale dovrร essere โcentrale nelle politiche di spesa relative ai miliardi previsti dal Recovery fund. Il settore primario e lโindustria alimentareโ per Bellanova โnon potranno non essere protagonisti. Anzi, il Mipaaf si candida a essere uno dei ministeri in grado di operare una spesa altamente qualificataโ. โIl Recovery planโ conclude Paolo De Castro, europarlamentare e membro del Comitato scientifico di Nomisma โรจ una straordinaria occasione per lโItalia. Oggi che si parla di filiere e di capacitร di mettere assieme la catena del valore dobbiamo farlo tutti con lo stesso obiettivo, che รจ quello di valorizzare il Made in Italy nel mondoโ.
a cura di Gianluca Atzeni
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri del 24 settembre 2020
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