Vino, frutta, zucchero e spezie. Sono gli ingredienti della famosissima sangria, bevanda spagnola mortificata e umiliata da tutti quei studenti Erasmus passati per il paese iberico anche solo per un piccolissimo periodo (scherziamo, ma non troppo!). ร infatti impossibile essere stati in Spagna e non aver mai visto nei supermercati la famigerata sangria Don Simon, che per la cronaca รจ un eccellente prodotto industriale, superiore alla maggior parte delle sangrie fai da te.
Ora, a restituirle dignitร ci hanno pensato il barista profumiere Oscar Quagliarini e Michele Gilebbi, proprietario del Nana Piccolo Bistrรฒ di Senigallia e ideatore delle Patatas Nana che nemmeno un anno fa hanno debuttato con la forma a fiammifero e dentro una lattina. Lattina che ora รจ protagonista insieme alla Sangria Nana.
Ma facciamo un passettino per volta. Per chi non lo sapesse, la bevanda alcolica piรน famosa di Spagna prende il nome dalla parola โsangreโ (sangue in spagnolo), molto probabilmente per via del colore della variante piรน classica fatta con il vino rosso. Sulle origini, la versione piรน accreditata รจ quella che la fa risalire al 1800 per opera di contadini spagnoli e portoghesi che la preparavano con i prodotti della terra a loro disposizione, ovvero vino, mele, pesche e agrumi. Non certo una novitร in ambito enologico, dato che il vino fin dall’antichitร , specie se troppo forte o non proprio pregiato, si รจ sempre โaggiustatoโ, magari allungandolo con l’acqua oppure arricchendolo con miele e spezie, pensiamo al mulsum o al medievale ippocrasso. Eppure il successo della sangria รจ durato nel tempo valicando addirittura i confini europei, conquistando persino gli States. Chiaramente l’enorme diffusione della sangria ha dato vita a mille varianti, dalla sangria de cava nella versione bianca a quella piรน strong con aggiunta di vodka, di gin o Cointreau (unico limite รจ il grado alcolico che non deve mai superare i 12 gradi). Ora c’รจ anche la versione senigalliese.
โMichele da Nana Piccolo Bistrรฒ giร la faceva la sangriaโ, racconta Oscar Quagliarini, โ utilizzando il vino Di Gino della Fattoria San Lorenzo, azienda vitivinicola di Montecarotto che lavora molto bene e in maniera totalmente naturale. E dopo aver visto il grande apprezzamento da parte dei clienti si รจ chiesto: perchรฉ non provare a produrla seriamente? Cosรฌ mi ha coinvoltoโ. I due si conoscono da anni, Senigallia รจ piccola e nel giro di chi fa bene il proprio mestiere le collaborazioni sono cosa ormai consueta (un bell’esempio che dovrebbero seguire tutti peraltro). โLa sangria solitamente รจ sinonimo di prodotto scadente, fatto con vino di scarto, tanto zucchero e la frutta che avanza. Noi, invece, abbiamo voluto creare un prodotto di qualitร : il vino รจ sempre Di Gino, la frutta รจ fresca e lo zucchero รจ pocoโ. ร cosรฌ che รจ nata la Sangria Nana.
โInizialmente siamo partiti con l’obiettivo di fare sia la versione rossa che quella bianca, poi abbiamo messo in stand by la bianca (ma sicuramente sarร uno step successivo!) per concentrarci sulla classica. Dopo una ventina di tentativi siamo arrivati all’attuale ricettaโ, spiega Quagliarini. La ricetta prevede Rosso Piceno Doc, fruttosio – โAl posto del saccarosio usiamo il fruttosio per evitare la rifermentazione nella lattina, con un vino cosรฌ naturale c’รจ questo rischio e con le analisi di laboratorio e l’aiuto di un chimico siamo giunti alla conclusione di utilizzare fruttosioโ, siamo nell’ordine di 90 grammi per litro, quindi davvero poco – ed estratti naturali di pesca, cedro, arancia e vaniglia.
โAll’inizio abbiamo avuto dei problemi con il sentore di arancio che sprigionava sempre un non so che di chimico, ricordando le caramelle all’arancia, e lo abbiamo risolto optando per un’arancia amara in piccolissimi dosaggi, aggiungendo poi il cedro per recuperare le note agrumate che volevamo. Dopodichรฉ รจ stata la volta della vaniglia, usarla come madre natura l’ha fatta non dava il risultato sperato cosรฌ ho studiato un bouquet aromatico che ricordasse la vaniglia ma aggiungesse anche delle note speziate, come quelle dei fiori di garofano e, alla lontana, del cacaoโ. Questi sono tutti studi che si fanno in profumeria e che consentono di creare un prodotto non replicabile: โSe si analizza la nostra sangria tramite cromatografia โ รจ una tecnica adottata soprattutto dalle industrie per capire le singole componenti di un prodotto, che sia un profumo o un alimento โ non si riesce a capire esattamente la ricetta. Insomma รจ un prodotto che non si puรฒ copiare!โ
Oltre alla messa a punto della ricetta, hanno dovuto organizzare bene anche tutta la parte logistica. โCon l’ingenuitร iniziale pensavamo di produrla nella cantina della Fattoria San Lorenzo ma non sapevamo che chi produce vino non puรฒ introdurre, e dunque nemmeno comprare, tinture madri o aromi perchรฉ alla dogana giustamente possono male interpretare questi acquisti. Cosรฌ la produzione l’abbiamo trasferita nel mio laboratorio Le Garagisteโ. Le tinture madri di cui parla Quagliarini sono tutte provenienti da materia prima fresca lasciata a macerare in soluzione idroalcolica. โUna volta individuati le tinture madri e i bouquet aromatici, ho trasmesso la ricetta ad un aromatiere con il quale collaboro spesso. Lui riesce a dare continuitร e stabilitร alle mie ricette, cosa che io, nel mio laboratorio, non potrei garantireโ.
Una volta assemblati gli ingredienti, la Sangria Nana รจ pronta per essere distribuita. Perchรฉ la lattina? โFondamentalmente perchรฉ Michele ne รจ ossessionato! E io concordo con lui: la lattina rappresenta il futuro, il vetro andrร via via scomparendoโ. Prima di chiudere la telefonata, domandiamo a Oscar se รจ contento del risultato: โLa nostra sangria mi piace anche se come tutte le cose che faccio, poi, non le bevo! Eccezion fatta per un gin che sto ultimando, ne ho dovuti bere otto litri per arrivare alla formula definitivaโ. Oscar fa le cose seriamente, che si tratti della scanzonata sangria o del rispettabile gin, e non รจ un caso che sia stato chiamato da una multinazionale di cosmetica. Un vero traguardo per lui, un po’ meno per noi che preferiremmo vederlo dietro a un bancone. Magari tra poco, magari a Senigallia…
a cura di Annalisa Zordan
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