L’agricoltura paga il prezzo più alto degli effetti del clima, con ben 900 milioni di euro di perdite nel corso del 2022, anno in cui l’andamento dell’economia agricola ha registrato un calo della produzione dell’1,5 per cento. Buona parte del risultato negativo va ricondotto alla diffusa siccitĆ e alla carenza di precipitazioni. Il dato ĆØ contenuto nel focus di Censis e Confcooperative, dal titolo Disastri e climate change, conto salato per l’Italia, presentato il 20 febbraio, secondo cui i disastri ambientali bruciano ben 210 miliardi di euro, cancellando una somma pari all’intero importo del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) o di dieci manovre finanziarie.
Il 2022 ĆØ considerato lāanno più caldo di sempre. Il contraccolpo ĆØ stato subito da quasi tutte le tipologie di coltivazioni, dai legumi (-17,5%) allāolio di oliva (-14,6%), dai cereali (-13,2%) agli ortaggi (-3,2%), dalle piante industriali (-1,4%) al vino (-0,8%). Il comparto zootecnico ha subito una riduzione della produzione pari allo 0,6 per cento. A livello territoriale flessione del volume di produzione in agricoltura ha avuto nel 2022 maggiore incidenza nel Nord Ovest (-3,5%) e nel Sud (-3%). Considerando il valore aggiunto, ĆØ negativo il trend nel Nord Ovest (-7,6%), con una riduzione al Sud del 2,9 per cento.
Considerando il breve periodo, tra 2017 e 2022, ammonta a 42,8 miliardi di euro la perdita complessiva. Nel solo 2022, il costo ĆØ stato di quasi un punto percentuale rispetto al prodotto interno lordo italiano (0,9%), equivalente a 17 miliardi di euro. Un importo di poco inferiore a una manovra finanziaria. Sul lungo periodo, i disastri naturali e il climate change, tra 1980 e 2022, hanno causato 210 miliardi di perdite economiche, di cui 111 miliardi attribuiti ai cambiamenti climatici, con 57,1 miliardi di euro per alluvioni, 30,6 miliardi per ondate di calore e 15,2 miliardi di euro per le precipitazioni. La siccitĆ , gli incendi boschivi e le ondate di freddo sono costate 8,2 miliardi. Poco meno di 100 miliardi sono, infine, imputabili a terremoti, eruzioni, frane e altri fenomeni geofisici.
Negli ultimi 40 anni, ĆØ l’Italia (210 miliardi di euro) che ha pagato maggiormente il conto dei disastri naturali e degli eventi estremi nell’Unione europea (767 miliardi di euro complessivi), seguita da Germania (167 miliardi), Francia (121 miliardi), Spagna (86 miliardi) e Grecia (22 miliardi). Considerando solo la voce eventi climatici estremi la Germania ĆØ in testa con 167 miliardi di euro, poi Francia (120 miliardi) e Italia (111 miliardi).
Una piccola e media impresa (Pmi) su quattro, come spiega il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, ĆØ minacciata perchĆ© localizzata in comuni a rischio frane e alluvioni. Il dato preoccupante ĆØ che tali imprese presentano una probabilitĆ di fallire del 4,8% più alta di quella delle altre imprese, una volta che si sia verificato lāevento avverso. Si tratta di societĆ che realizzerebbero un risultato economico inferiore del 4,2% e una dimensione dāimpresa, in termini di addetti, anchāessa inferiore alle imprese localizzate in territori non esposti a rischi di frane e alluvioni.
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