Quando e come nasce unāidea? La domanda non ĆØ nuova, riecheggia anzi da millenni in ambiti diversi dalla cucina, per esempio in poesia. La cosiddetta ispirazione, secondo i filosofi, non era altro che enthousiasmos, ovvero lāeffetto dellāessere posseduti dalla divinitĆ ; da qui la mania e il divino furor rinascimentale, che per secoli profilarono alle spalle degli artisti un Elicona popolato di Muse. FinchĆ© a qualche avanguardista non venne in mente di solleticare la creativitĆ altrove, attraverso metodi tanto improbabili quanto spesso aleatori, che si trattasse di ācadavere squisitoā, il disegno corale dei surrealisti, dellāI-Ching, delle mappe astrali o delle macchie sulla carta di John Cage, la cui purposeful purposelessness mirava a emancipare lāopera da ogni intenzionalitĆ autoriale. Un metodo a parte (etimologicamente āstrada attraversoā) sugli strapiombi dellāElicona.
In cucina questa ātecnica dellāentusiasmoā ha una storia precisa e una fervida attualitĆ . Lāispirazione ĆØ stata fondamentalmente anarchica, accidentale, irrazionale, come il furor dei poeti, fin quando Ferran AdriĆ , allora trentatreenne, ispirandosi a modus operandi propri di altri ambiti, non ha inaugurato il suo taller, luogo fisico ben equipaggiato dove ospitare il processo creativo, con proprie fonti di finanziamento e personale distaccato: il modello di un sistema di innovazione che ĆØ tuttora attuale.
ElBullitaller, vero Lab dei Lab, fu ispirato dal soggiorno compiuto nello studio dello scultore Xavier Medina e iniziò a concretizzarsi nel 1995 presso il ristorante Talaia, dove Marc Singla, Carles Abellan e Sergi Arola portavano avanti le loro ricerche senza doversi preoccupare del servizio quotidiano del ristorante. Quando elBulli ottenne la terza stella nel 1997, conciliare le istanze della sperimentazione con la ristorazione quotidiana divenne sempre più arduo. Allora venne creato un taller vero e proprio presso il ristorante Acuario di Barcellona: parte della cucina serviva per il lavoro teorico, il resto per gli esperimenti. Vi si affaccendavano full time Albert Adrià e Oriol Castro, mentre Ferran faceva la spola col ristorante di Roses. à quindi datato 2000 il trasferimento in un palazzo settecentesco di calle Portaferrissa, sempre a Barcellona.
Era nato elBullitaller, dove la ricerca creativa per il ristorante correva parallela ad altre attivitĆ e progetti in corso di sviluppo. Qualcosa di intermedio fra lo studio di un artista (giustappunto il taller), un laboratorio scientifico, un coworking e un centro di ricerca e sviluppo, mirato a proporre ogni anno nuove idee al ristorante e dotato, oltre alla cucina tecnologicamente equipaggiata, di sala per le riunioni, connessione internet e biblioteca, in modo da poter ospitare tutte le fasi del processo creativo, dallāinvestigazione alla discussione, fino allāideazione e alle prove. Diretto da Albert AdriĆ e aperto inizialmente tutto lāanno, poteva contare su un budget di 250mila euro e impiegava non solo cuochi, ma anche professionisti di altre discipline. Nel frattempo elBulli fungeva da āliving labā per un feedback immediato da parte dellāutilizzatore finale.
A partire dal 2003, tuttavia, il funzionamento cambiò. Durante i 6 mesi di chiusura del ristorante di Cala Montjoi si portava a compimento la prima fase: investigazione, ideazione e creazione senza limiti, soprattutto di elaborazioni intermedie. Poi scattava la seconda fase: selezione delle idee, creazione di elaborazioni finali, messa a punto e composizione del menu. Questo perchĆ© si era notato che la creazione ininterrotta praticata dal 2000 al 2002 generava routine e distanza dal processo riproduttivo ed esperienziale, molto importante per la creativitĆ . Con la chiusura a pranzo dal 2001, inoltre, a Cala Montjoi cāera più tempo per lāinnovazione.
La divisione del lavoro fra Ć©quipe creativa e di riproduzione era rigida; ma quando il ristorante era aperto, Albert e Oriol di sera tornavano a indossare la toque, dopo aver fatto ricerca la mattina. Durante il primo mese di apertura, la risposta del pubblico forniva un parametro cruciale: da qui si partiva per gli sviluppi a seguire, mentre al taller era la squadra a fungere in un certo senso da commensale. In questo modo, alternando ricerca e ristorazione, i risultati creativi furono ancora più imponenti nel dialogo serrato con le altre discipline: vedi la collaborazione con il designer Luki Huber fra il 2001 e il 2007 e la fondazione nel 2003 del Departamento CientĆfico insieme a Pere Castells e Ingrid FarrĆ©. Da qui nuove tecniche, nuovi prodotti, nuove combinazioni, ben oltre i piatti effettivamente serviti. Tutta una rivoluzione paziente, fatta di lavoro quotidiano e di rigore, ispirata da qualsiasi cosa, compresi problemi, fallimenti e complicazioni.
Alla fine la stessa ricerca per elBulli si separò da quella per le altre attività , con la creazione di due squadre attive in spazi diversi. Ecco quindi elBulliCarmen, laboratorio di 260 metri quadrati in calle del Carmen, zona Boqueria, indipendente dal ristorante. Era anzi attingendo al fatturato di Galaxia per il 20%, che elBullitaller ed elBullirestaurante si finanziavano negli ultimi anni.
āEd ĆØ stata la prima volta che la ricerca si ĆØ emancipata dalla ristorazione quotidiana ā spiega Davide Cassi, decano della cucina scientifica in Italia ā Si trattava di creare prototipi lavorando su idee generali o su tecniche, sperimentando su grandi categorie, che so, gli emulsionanti, secondo un approccio quasi industriale. Senza necessariamente ricorrere ai metodi di un laboratorio scientifico, con le sue misure precisissime, nĆ© vincolare la ricerca a un piatto. Insomma, un nuovo tipo di sperimentazione: non più il cuoco messo in moto dallāidea che compie le sue prove, ma il cuoco che esplora a 360 gradi e poi vede che succede. Tanto poi il piatto viene rifinito al ristoranteā.
Oggi il modello del Lab si ĆØ diffuso in tutto il mondo: oltre alla Spagna, dove continua a rivestire una straordinaria importanza (vedi lo sterminato laboratorio creativo di Enigma a Barcellona), ĆØ ormai radicato in Italia, allāinterno di strutture importanti ma non necessariamente dāavanguardia; fino in Polonia, Brasile, Colombia e perfino alle Galapagos, dove conosce declinazioni di volta in volta differenti. Non si tratta solo di tecniche di cucina, ma anche di concetti e iniziative improntate a valori di sostenibilitĆ e solidarietĆ ; in qualche caso perfino di momenti di socialitĆ e crescita culturale per tutto il team del ristorante. Ecco allora una selezione dei più avanzati Lab nel mondo.
Il Lab ha sede allāultimo piano del ristorante Arzak, a San Sebastian. Si tratto di uno spazio divisibile. Comprende una zona cucina con attrezzature (liofilizzatore, distillatore, stampante 3D, macchine per caffĆØ e gelatiere rifunzionalizzate), scrivanie per gli chef e i nutrizionisti, una piccola sala riunioni e una biblioteca separate da un muro di spezie e da una porta scorrevole. A lavorarvi sono principalmente Elena e Juan Mari Arzak, insieme a Xabier Gutierrez, Jon Gutierrez e Igor Zalacain, ma tutti i cuochi della brigata sono bene accetti per esplorare nuove idee. Ha orari simili al ristorante, ma ĆØ attivo soprattutto al mattino, cosicchĆ© la sinergia ĆØ fluida: Xabi e Igor possono scendere le scale in qualsiasi momento per fare assaggiare una preparazione o sottoporre un impiattato agli Arzak. Non ha fonti di finanziamento particolari. Oltre ai nuovi piatti, che nel tragitto dalla sperimentazione alla riproduzione vanno sempre adattati, vengono messi a punto i supporti per la presentazione e qualsiasi altro dettaglio del pasto, aspetti nutrizionali compresi. Tutto parte da un motivo ispiratore, cui seguono numerose prove relative a modi diversi per concretizzarlo, talvolta contrastanti con le intenzioni iniziali. āĆ difficile spiegare la creativitĆ , se potessimo farlo non sarebbe più taleā, sintetizza Elena.
Il Lab di Modest Amaro ha avuto sede per molti anni nelle vicinanze del ristorante di Varsavia, ma proprio adesso sta traslocando presso la sua fattoria (Forgotten Fields Farm). āLa prima volta che ho sentito un cuoco parlare del suo Lab, mi ĆØ sembrato qualcosa di pretenzioso e snob. A che sarebbe servito? Poi, una volta aperto lāAtelier, con 3 mesi di sold out di fronte, ho capito che non sarei più riuscito a creare alcunchĆ© in quella concitazione, che avevo bisogno di attrezzature, tempo e spazio per fermarmi, pensare e sperimentare. CosƬ ĆØ nato il Lab, che sta al ristorante come il concetto allāesecuzione. Oggi lāAtelier serve unāesperienza basata su ciò che vi creiamo, non gli esperimenti, ma il loro risultato. Ć al cuore di tutto ciò che facciamo: una cucina estremamente progressiva, radicata nel potenziale della natura. Per fortuna i clienti non vedono i fallimenti, i tentativi interminabili, le idee mancate, i processi infinitiā.
Inizialmente il Lab lavorava a sprazzi, come un pop up, poi la ricerca ĆØ stata pianificata e documentata. Vi accede tutto il team, che può disporre di evaporatore rotante, disidratatore, strumenti per la fermentazione, sottovuoto, germogliatore, centrifuga e anche alcune attrezzature fatte in casa. āMa la tecnologia più importante ĆØ la passione. Immagino un giovane chef con una cassa di pomodori e nessun obiettivo particolare, se non il desiderio di provare tutto il possibile. Schiuma, gel, fermentazione, succo, pasta, disidratazione, distillazione. Un milione di modi per squadernare il prodotto e la sua bellezzaā. Per molti anni le risorse sono arrivate da cene speciali tenute al suo interno, con la presentazione di nuovi piatti e di ricette destinate a non ricorrere, come incontri ravvicinati con gli habituĆ©. Il focus attualmente ĆØ sulla biodiversitĆ , i semi, la coltivazione di vegetali dimenticati. Significano nuovi gusti e combinazioni, nel cuore della natura con un approccio scientifico e strumenti derivanti dalle biotecnologie. Le fonti di ispirazione sono tre: lo spirito del tempo, con ingredienti presenti una sola settimana; lo spirito del luogo, con ingredienti non solo microstagionali, ma provenienti da un unico habitat, come la foresta; lo spirito della tradizione, vedi lāuso delle conserve (fermentazioni, affumicature, stagionature, frollature, marinature, distillazioni eccetera) in inverno; oltre alle suggestioni mutuate da altri campi ed esperienze.
Più che di Lab, Eneko Atxa preferisce parlare di un centro per il design e lo sviluppo di idee. Ć situato ad Azurmendi, Larrabetzu, separatamente dal ristorante, e si compone di due spazi, uno per il pensiero e la discussione, lāaltro per lāesecuzione, più direttamente al servizio della cucina. Ć attivo tutto lāanno, anche quando il ristorante ĆØ chiuso, forse il momento dove le idee ribollono meglio. Sono presenti gli strumenti più comuni insieme alle ultime tecnologie, come ultrasuoni, centrifughe, un prototipo di cattura aromi, liofilizzatori, distillatori… Vi lavora una squadra dedicata, guidata dallo chef Iker Barrenetxea, ma Atxa passa praticamente ogni mattina prima di trasferirsi al ristorante. Non ha fonti di finanziamento proprie. āLavoriamo al design di esperienze per il ristorante, non solo piatti da inserire in menu, ma progetti legati alla sostenibilitĆ , al benessere e allāimpegno socialeā, spiega lo chef basco. āIn questo momento, oltre a studiare le proposte per il 2020, siamo impegnati in una prova sulle proteine dallāimpronta di carbonio negativa. Inoltre lavoriamo a progetti sullāalimentazione di anziani e atleti, solo per fare un paio di esempi. Ma restiamo quotidianamente in contatto con il ristorante e qualsiasi informazione ĆØ condivisa fra le due entitĆ . Si tratta di divisioni dello stesso progetto. Non sono mai riuscito a definire con esattezza come creiamo un piatto, ma cāĆØ una formula che impieghiamo spesso. Consta di una colonna su cui annotiamo i prodotti a disposizione e unāaltra che elenca tecniche e strumenti per trasformarli, più una terza per le idee che abbiamo maturato. E cosƬ via, finchĆ© non riusciamo a cucinare le ideeā.
Ć il Lab di Ciccio Sultano, ubicato a Ragusa (Ibla) nello stesso palazzo settecentesco La Rocca, che ospita il Ristorante. Funge da salotto per gli ospiti e cantiere di idee, dove tutto lo staff si prepara e affina le proprie capacitĆ . A Cantieri Sultano sono concentrati gli uffici, una cucina calda e fredda ad alto contenuto tecnologico per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di nuovi piatti, lāamerican bar, il dehors che si affaccia sulla vallata e la seconda cantina, dedicata ai grandi vini siciliani. I 160 metri quadrati di superficie sono suddivisi in parti uguali tra i laboratori di cucina e le altre attivitĆ . Cantieri Sultano apre appena arrivano i cuochi ed ĆØ a disposizione dei clienti dalle 12.30 fino alla chiusura del ristorante. Naturalmente ĆØ anche uno spazio per organizzare eventi, che ha giĆ ospitato cene, happening di artisti come lāappuntamento con la Scuola di pittura di Santa Rosa, set fotografici e incontri didattici. Vi lavorano 13 cuochi, che si dividono, secondo le necessitĆ , tra Cantieri Sultano e Duomo. Non ha una contabilitĆ propria, ma rientra nel progetto Sultano. La continuitĆ con il ristorante ĆØ totale, dal punto di vista della cucina e dellāaccoglienza.
Il Lab del ristorante di Jefferson Rueda ĆØ situato nellāedificio COPAN, vicino al bar di Dona OnƧa a San Paolo, Brasile. Ć composto di cucina, ufficio con tavolo per lāelaborazione di nuove idee, libreria e sala meeting. Durante gli orari di lavoro ĆØ sempre attivo, grazie al personale del ristorante, ed ĆØ guidato dal fratello dello chef, Washington Rueda. Sono presenti molti strumenti, utili per elaborare nuovi piatti: forno combinato, disidratatore, celle per la frollatura eccetera. Le risorse arrivano da tutti i ristoranti del gruppo: Casa do Porco, Dona OnƧa’s Bar, Hot Pork e Ice Cream Shop. Sono allo studio idee sempre nuove, tutte lanciate da Jefferson Rueda: quando qualcuno deve portare avanti una ricerca, trova le porte aperte.
Il Lab, o ācreativity kitchenā, ĆØ ubicato sotto il ristorante Disfrutar a Barcellona. Ć stato inaugurato nello scorso mese di dicembre ed ĆØ sempre attivo nei giorni di apertura del ristorante, parallelamente alla produzione giornaliera. Il lavoro ĆØ guidato da Oriol Castro, Eduard Xatruch e Mateu CasaƱas, i tre chef patron del ristorante, e condotto da due cuochi che vi lavorano in esclusiva. Gli utensili sono quelli che ogni cucina professionale dovrebbe possedere: piastre a induzione, stufa, forno a vapore e a convezione, freezer, frigorifero, ma anche Ocoo, macchina per il sottovuoto, Pacojet, Thermomix, disidratatore e liofilizzatore. Il progetto ĆØ finanziato dal lavoro quotidiano, senza investitori esterni. Allo studio cāĆØ tutto quello che si può: ingredienti, tecniche, sapori⦠Ma anche il design di nuovi piatti e mise-en-place. In questo modo vengono create circa 80 ricette lāanno, testate su piccole tavole e talvolta riservate agli habituĆ© a fini di personalizzazione. Ma non cāĆØ un solo metodo creativo: lāidea può sorgere ovunque e in qualsiasi momento. Assaggiando un nuovo prodotto, mangiando, viaggiando, guardando la televisione, in un negozio. Ciò che conta, assicurano gli chef, ĆØ il lavoro per realizzarla.
Il Lab di Enigma ĆØ situato dentro il ristorante. Comprende una cucina aperta e una piccola libreria. Ć attivo dal lunedƬ al venerdƬ, dalle 11 alle 18. Oltre alle attrezzature più comuni, ci sono nuovi strumenti inviati per essere testati, liofilizzatore, macina in pietra per il cacao, disidratatori, sottovuoto, sifoni, fermentatori eccetera. Albert AdriĆ vi lavora con il team creativo di Enigma, composto di 2 o 3 elementi. Le risorse arrivano dai 5 ristoranti del gruppo elBarri (Enigma, Hoja Santa, Bodega 1900, Tickets e Pakta). Lāobiettivo ĆØ quello di conoscere e capire i prodotti di stagione e come elaborarli creativamente nei diversi locali. Da Enigma in particolare si cerca di creare piatti sorprendenti composti solo di 2 o 3 ingredienti. Essendo diversi gli sbocchi, ĆØ molto facile assegnare ogni nuovo piatto o tecnica alla tavola più appropriata. Il punto di partenza ĆØ il calendario di oltre 300 prodotti di stagione. Le prove iniziano 2 o 3 settimane prima del loro apice qualitativo, in modo da potere tenere la ricetta un poā più a lungo in menu.
Risale al 2018 il Lab di Giuseppe Iannotti, inteso come luogo fisico distaccato dal Kresios di Telese. Ma giĆ prima era presente un laboratorio di ricerca e sviluppo con strumentazione propria. Sono 35 metri quadrati progettati da Andrea Viacava con cucina Marrone, su misura ed ergonomica, isola centrale con piccola brasiera per fondi che diventa piastra al cromo, bollitore che diventa steamer, angolo degli ultrasuoni, Josper e robata, Gastrovac e Ocoo, mantenitore che diventa stanza delle fermentazioni e soffitto aspirante. Il Lab ĆØ attivo tutti i giorni, in orario non di servizio, senza personale distaccato. āMa stiamo cercando di collaborare con Pere Castells per sviluppare progetti che siano divulgativi, oltre la ricerca sui piatti, le emozioni, gli scogli. Il Lab ĆØ nato come luogo di condivisione con i cuochi della brigata e gli altri chef, in collaborazione con le ditte coinvolte. Ma potrebbe interessare anche altre aziende, magari alimentari, per progetti di consulenze. Si finanzia con queste attivitĆ , ma ĆØ anche il luogo dove facciamo una parte delle produzioni, soprattutto le più lunghe e tecnologiche, in modo da tenere sempre sgombra la cucina durante il servizio. Al Kresios la creativitĆ prende le mosse dalla parte emozionale, poi ragioniamo sulla tecnica e sullāingrediente, di pari passo. Vedi lāOmaggio alla liĆØvre Ć la royale, un civet ma senza lepre nĆ© sangue, completamente vegetaleā.
Il Lab della Madonnina, del Clandestino e di Aniko si chiama The Tunnel. āPerchĆ© quando fai ricerca sei al buio e lo spazio ĆØ tutto neroā, scherza Moreno Cedroni. Si trova nel garage di casa, a cento metri dal ristorante di Senigallia. Tanto che sarĆ visitabile da ogni cliente dopo il pasto. Si estende su 50 metri quadrati ed ĆØ suddiviso in due ambienti: uno per le macchine (liofilizzatore, bagno a ultrasuoni, evaporatore rotante, pentola a pressione sottovuoto, pentola a pressione coreana, sonicatore, 2 celle per maturare pesci e carni, gelatiera Principessa e integrazioni sempre nuove, anche di attrezzi non nati per la cucina), lāaltro per le fermentazioni. Il responsabile della ricerca ĆØ Luca Abbadir, affiancato dallo chef; ma dovrebbe presto entrare in squadra un giovane laureato in chimica, per una sommatoria di idee. Gli orari sono ritagliati fuori dal servizio, la mattina e il pomeriggio. Ci sono preparazioni programmate e prove, che vengono organizzate quando cāĆØ più tempo. āMa ciò che esce dal Tunnel deve fornire idee e note supplementari, senza stravolgere la cucina del ristorante. Puoi liofilizzare ricci e ostriche, distillare il gin, sbiancare bitter e vermouth. La ricetta comunque nasce dopo: variando la testura e il profumo di un prodotto, non puoi che trattarlo diversamente al ristorante, dove prima e dopo si fa il lavoro sporco. Il metodo creativo finora ĆØ stato empirico, una prova dopo lāaltra. Ma spero che diventi più scientificoā. Il Tunnel si finanzia in parte grazie a un progetto di ricerca e sviluppo, che fornisce un credito dāimposta.
Il principale Lab del gruppo Paco Perez, che conta 11 ristoranti, ĆØ ubicato a Llançà , presso il ristorante Miramar. Comprende una cucina dove vengono plasmate le idee e un ufficio per la catalogazione. Ć sempre attivo, ancor più durante la bassa stagione, quando la ricerca si svolge praticamente ogni giorno. Sono presenti liofilizzatore, Rotaval, bagnomaria di congelazione, anti-griddle, fermentatore coreano, stampante 3D, conciatore per il cioccolato oltre alle attrezzature di base come forno ed essiccatore. Vi lavora un addetto, sotto la supervisione di Paco Perez e del suo chef Luis Alonso. I finanziamenti arrivano in gran parte dalle attivitĆ extra del gruppo, anche se alla fine rientrano nei costi del ristorante. Lāoggetto di studio principale, oltre i vari cambi di carta, ĆØ il mare. Ć stata per esempio sviluppata una polvere congelata di alga codium liofilizzata, chiamata MA?, che apporta un ittico molto intenso a prezzi contenuti; verrĆ lanciata nel 2020.
Anche Arco by Paco Perez a Danzica, dove ĆØ chef Antonio Arcieri, ha un suo lab non completamente separato, ma equipaggiato delle stesse tecnologie del Miramar, più due celle di fermentazione, una secca, lāaltra umida. Si investigano soprattutto le conserve e i fermentati del Nord Europa, da un punto di vista mediterraneo. Come a Llançà , a ogni prova segue un report a Paco Perez. Il contatto telefonico fra i due Lab ĆØ permanente. Si parte sempre da un motivo ispiratore, studiato a tavolino, poi tramite prove, fotografando e catalogando ogni passaggio, anche quando la sperimentazione fallisce, perchĆ© potrebbe tornare utile o evolversi in qualcosa di diverso.
Andoni Luis Aduriz definisce il suo Lab un ādipartimento di I+Dā, ovvero Investigazione e Sviluppo, che non si limita a creare piatti ed esperienze, ma si alimenta collaborando a progetti di svariata natura. Queste sinergie arricchiscono un patrimonio di conoscenze interdisciplinari, che aiutano a capire la propria cucina e a considerarla da altri punti di vista. āLa ricostruzione del Mugaritz dopo lāincendio del 2010 ci ha obbligati a chiudere il ristorante e a dedicare interi mesi alla creativitĆ . Da quel momento, in maniera volontaria, le settimane che vanno da metĆ gennaio a metĆ aprile sono consacrate a progettare, provare e implementare i risultati di ogni stagione. In questo modo il cosiddetto periodo di creativitĆ ĆØ stato istituzionalizzato e si ĆØ stabilita la leadership di una squadra di I+D, che dispone degli strumenti necessari per tradurre le idee in rappresentazioni di diversa natura. Ć lāasse attorno al quale si annodano relazioni vincolanti fra tutti i dipendenti del Mugaritz, non solo sala e cucina, ma addetti alle prenotazioni e alla comunicazione. La squadra ĆØ composta di 4 persone dotate di profili peculiari, focalizzati ora sullāestetica e il design, ora su aspetti prettamente scientifici, in grado di interpretare diversamente il progetto. Coordinandosi lavorano ogni anno alla proposta di 70 piatti. Poi ciascuno guiderĆ diversi progetti liminariā.
āLāI+D dispone della propria cucina e del proprio laboratorio di idee. Gli strumenti principali sono la creativitĆ e il tempo. In questo spazio niente ĆØ impossibile e lāerrore non fa parte del vocabolario. Si provano nuovi sapori, si degustano nuovi ingredienti, si concretizzano follie e si sfidano limiti. Spesso occorrono anni perchĆ© le idee si realizzino, ma niente ĆØ inutile, tutto serve per avanzare e continuare a evolvere⦠Uno dei compiti principali del Laboratorio sta nel conferire senso e coerenza ai diversi dipartimenti, esercitando il suo controllo nella fase della riproduzione, in modo che quanto ĆØ stato progettato resti costante nel tempo. La creativitĆ può essere organizzata, ma non troppo. Noi ci dividiamo in gruppi e ci coordiniamo, ma le idee devono fluire. Quando se ne mette una in tavola, questa inizia ad appartenere a tutti coloro che lāascoltano ed ĆØ partendo dal dialogo che possono prosperare le sorpreseā.
Anche il ristorante Muyu dello chef Marco Salamanca, ubicato nellāisola di San Cristóbal, GalĆ”pagos, ed entrato questāanno nella compagine 50 Best Discovery, dispone di un Lab. Consta di un unico spazio, che dovrebbe raddoppiare questāanno. Ć attivo durante il giorno e in parte la sera. La strumentazione, per carenza di risorse, ĆØ perlopiù alternativa, improvvisata e riciclata. Il liofilizzatore per esempio ĆØ fatto in casa. Ma la speranza ĆØ quella di poter procedere a nuovi acquisti. Vi si adopera un gruppo di giovani, che fanno parte di un progetto pilota della Galapagos Foundation, chiamato Young Scientists. Ed ĆØ proprio la fondazione a finanziare il tutto. Allo studio ci sono i vegetali spontanei o coltivati delle Galapagos, che possono essere impiegati in cucina e al bar, nonchĆ© lo sviluppo di nuovi prodotti. Un lavoro pionieristico, sfociato nel primo catalogo delle piante commestibili dellāarcipelago.
Il lab di Heinz Beck ĆØ nato insieme alla nuova Pergola di Roma, 12 anni fa. Misura una ventina abbondante di metri quadrati: si tratta di unāunica saletta con liofilizzatore, Gastrovac, centrifuga ad alta velocitĆ , distillatori a rotazione e liofilizzatori. Ć sempre attivo, le macchine anche durante il servizio; il personale e la contabilitĆ sono gli stessi del ristorante. Qui si sviluppano le idee dei piatti, si appronta la mise-en-place ad alto tasso tecnologico e si portano avanti i concetti. Vedi il filone della cucina salutare, approfondito da 20 anni, volto a massimizzare la digeribilitĆ , tesaurizzare i micronutrienti in cottura e fornire un apporto nutrizionale ideale. āA seconda dei periodi ci sono diverse linee su cui calchiamo di più o di meno, dieci anni fa per esempio era la liofilizzazione; ma prossimamente ci saranno sorprese. Da qualche mese stiamo lavorando a una nuova linea: non un piatto, ma proprio un altro filoneā.
heinzbeck.com – romecavalieri.com
Quique Dacosta lo chiama āstudio di creativitĆ ā: si tratta di uno spazio adiacente alla cucina di servizio, in grado di assorbire il suo dinamismo e il suo realismo. āLa nostra idea ĆØ che non debba essere un satellite indipendente, senza contatto con la ristorazione quotidiana, i suoi prodotti, la stagionalitĆ , la dinamica del personaleā. Si tratta di una cucina con piano centrale, ergonomico e versatile, che si prolunga naturalmente nel ristorante. Gli strumenti sono i più vari: da griglie e robata a tecnologie sofisticate, quali stampanti e prototipi creati da ricercatori. Ad azionarli sono Juanfra Valiente, jefe de creatividad, Carolina Ćlvarez, un paio di cuochi e allāoccorrenza un pasticciere.
Nei primi tempi il lavoro sulla creativitĆ per la carta primaverile ed estiva si concentrava in autunno e in inverno, quando il ristorante era chiuso. āQuesto in qualche maniera pregiudicava la nostra complicitĆ con le stagioni e ci impediva di finalizzare i piatti al 100%, rendendoci perfino prevedibili. Ci siamo presto resi conto che per il nostro modo di intendere la cucina, improntato alla stagionalitĆ e allāispirazione estemporanea, avevamo bisogno di creare sul momento. Quindi abbiamo iniziato a sperimentare 365 giorni lāanno. I piatti studiati a febbraio sarebbero entrati in carta nel febbraio successivo. Oggi poi siamo ancora più complici, non solo della stagione, ma anche del presente. Lavoriamo giorno per giorno. Centriamo freschezza e dinamismo, ci sentiamo più viviā.
Le risorse arrivano dal bilancio del ristorante, con ricadute sui quattro locali di Valencia (El Poblet, Vuelve Carolina, Llisa Negra, Mercatbar), sulla divisione Catering ed Eventi e su ArrosQD a Londra. āVolevamo che la creativitĆ e il ristorante non fossero universi paralleli, ma linee convergenti. Anche se ogni spazio ha la sua atmosfera, perchĆ© il piatto vive momenti differenti, dalla sua ideazione alla ripetizione. Adesso abbiamo creato una terza cucina consacrata allāelaborazione di concetti di ampio respiro, in modo che non interferisca con la concentrazione del servizio. Lāidea resta il detonatore di tutto: il primo passo ĆØ metterla su carta. Si stabiliscono i parametri cucinando mentalmente e inizia la ricerca su ingredienti, sapori, varietĆ ; parallelamente si investiga lāelaborazione degli alimenti attraverso tecniche e strumenti. Ne conseguono testure che devono essere adeguate allāidea. Se si tratta di una nuvola, le consistenze non possono essere rigide, ma volatili, eteree, delicate. Una concatenazione che deve restare fedele allo stile e al linguaggio Quique Dacosta, brand che siamo orgogliosi di rappresentareā.
Praticato dal 2003, ĆØ il Lab più strutturato dāItalia, da intendersi però come attivitĆ di ricerca distaccata dalla quotidianitĆ del ristorante, piuttosto che come spazio fisico. Ć infatti durante la chiusura stagionale del ristorante, da dicembre ad aprile, che Mauro Uliassi ritaglia circa 45 giorni, da metĆ febbraio a fine marzo, da dedicare alla messa a punto del nuovo menu, chiamato appunto LAB, allāinterno della cucina di Senigallia, ma a porte chiuse. Vi lavora dalle 9 di mattina alle 7 di sera 6 giorni su 7 insieme a Mauro Paolini, Luciano Serritelli, Michele Rocchi, Yuri Raggini, Andrea Merloni e Alessio Orlando. La strumentazione ĆØ la stessa del ristorante: Rotovac, Ocoo, Pacojet, Thermomix, affumicatore, essiccatore, Greenstar, centrifughe⦠Rientra nel suo budget, sotto la voce studio e miglioramento. I filoni di ricerca sono finora stati i più vari, dai salumi dei monti Sibillini ai tagli dimenticati del pesce. Vengono esplorati seguendo un percorso naturale: il Lab immette in una strada, che nel tempo porta a un crocevia dopo lāaltro. āTu cerchi e trovi. Qualcosa di meraviglioso, che ci fa sentire fanciulliā. Oltre le ricette, sono stati messe a punto tecniche originali, sempre finalizzate al gusto, ad esempio per dissalare e abbattere le alici o nellāutilizzo degli āinsaporentiā, ingredienti che possono fungere da esaltatori come il sangue, le ostriche o gli anemoni di mare. Dopo un mese di rodaggio con il ristorante aperto, le ricette acquisiscono un carattere definitivo: Uliassi, palato diapason, le assaggia ripetutamente, al fine di padroneggiarne la variabilitĆ e perfezionarne i dettagli.
a cura di Alessandra Meldolesi
disegni di Marcello Crescenzi
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