Cambio di presidenza

La Danimarca proverà a cambiare l'Europa anche a tavola

Il paese nordico dal 1° luglio ha assunto la presidenza del Consiglio dell'Ue e punterà moltissimo sull'educazione green, anche a tavola, spingendo verso un'alimentazione più vegetale

  • 04 Luglio, 2025

Stringere relazioni, confrontarsi, dialogare, portare numeri e fatti. La perspicacia è anche questo e con questo metodo la Danimarca ha deciso di avviare una strategia di “diplomazia plant-based” destinata a diventare modello per Bruxelles. Il Paese, che dal 1° luglio scorso ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione europea, non è nuovo a questo tipo di iniziative. Da qualche anno infatti il governo sta puntando molto sull’educazione e sulla creazione di una cultura alimentare che prediliga i cibi a base vegetale.

A cosa punta la diplomazia “a base vegetale”

L’obiettivo di Copenaghen è chiaro: costruire un settore agricolo capace di ridurre le emissioni, generare lavoro qualificato e aprire mercati internazionali. Tra le misure adottate finora figurano l’aggiornamento delle linee guida nutrizionali per allinearle maggiormente alla dieta per la salute planetaria della Commissione EAT-Lancet, il sostegno alle startup e la formazione continua per il personale di cucina professionale. Ora, diverse organizzazioni hanno unito le forze per formare l’iniziativa “Danish Plant-Based Diplomacy”, che mira a ispirare la Commissione Europea, il Parlamento Europeo e gli Stati membri a perseguire politiche simili a base vegetale. Una serie di azioni concrete che prevedono l’invio di delegazioni presso parlamenti e ambasciate e la partecipazione a eventi di networking e tavole rotonde.

Come si è sviluppata la politica vegetale danese

Nel 2021 il governo danese ha stanziato circa 168 milioni di euro per sostenere la produzione e il consumo di alimenti vegetali, creando una vera e propria azione nazionale per cibi plant-based. A ottobre 2023 è stato formalizzato il “Plant? Based Foods Action Plan”: un insieme articolato di misure su agricoltura, consumo, educazione, ricerca e export, saldamente radicato nell’accordo agricolo-politico del 2021. Contestualmente, Danimarca ha previsto di imporre una tassa sulle emissioni agricole da allevamenti a partire dal 2030, rafforzando la coerenza tra politiche climatiche e alimentari. Nel 2024, è stato inoltre lanciato un fondo da 67?milioni di euro per l’innovazione verde e la ricerca su agricoltura e proteine alternative, inserito in un pacchetto da 2?miliardi di euro per la transizione climatica. Il piano – primo al mondo – promuove l’intera filiera: sostegni agli agricoltori, formazione per chef, campagne nelle mense pubbliche, ricerche su proteine alternative e incentivi all’export.

Comunicazione e diplomazia

Nell’implementazione di politiche alimentari di questo tipo ha svolto un ruolo fondamentale l’operato del segretario generale della Vegetarian Society of Denmark, Rune?Christoffer Dragsdahl, che è riuscito ad arrivare ai vertici delle politiche nazionali tessendo alleanze tra agricoltori, scienziati e startup. Grazie al suo approccio inclusivo, che ha evitato i termini ideologici “vegano/vegetariano”, il piano ha ottenuto ampio appoggio dalle forze politiche, comprese quelle di centro-destra. Il programma “Plant-Based Foods Action Plan” ha previsto due fasi di finanziamento di cui la prima ha sostenuto 35 progetti come la formazione di chef vegetariani e corsi dedicati ai legumi nelle scuole agricole. Le risorse hanno tuttavia superato ampiamente le domande, segnalando un settore affamato di investimenti. La tabella di marcia danese prevede anche una rivoluzione agricola. Entro il 2030, infatti, sarà introdotta una tassa sulle emissioni dagli allevamenti — la prima al mondo — e il 10?% delle terre agricole sarà convertito in foreste, piantando fino a un miliardo di alberi. L’obiettivo di Copenhagen è duplice: ridurre l’impronta climatica dell’agricoltura e creare opportunità economiche — fino a 27.000 nuovi posti di lavoro  — attraverso un approccio strategico e collaborativo.

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