A tavola

Tutti vogliono l’insalata in busta anche se costa cinque volte quella sfusa. Ecco i numeri

Tra praticità e sostenibilità, il comparto delle insalate pronte si prende una bella fetta di mercato delle verdure. Aumenta la domanda di qualità

  • 01 Luglio, 2025

Pratica e sempre più presente nei carrelli della spesa. L’insalata imbustata, simbolo della cosiddetta IV Gamma (prodotti freschi, lavati e pronti al consumo), si conferma un segmento in espansione, capace di generare un giro d’affari superiore al miliardo di euro. Nel 2024, il comparto ha registrato vendite per 1,085 miliardi, pari a 157mila tonnellate di prodotto, grazie all’impegno di circa 30 mila addetti. Un prodotto di largo uso che è stato anche protagonista di una delle nostre ultime degustazioni alla cieca.

Utile, veloce ma costosa

Per quanto riguarda il prezzo, il confronto con il prodotto sfuso è significativo: un cespo di lattuga fresco costa meno di 2 euro al chilo, ma una confezione da 100 grammi imbustata può arrivare a 99 centesimi, l’equivalente di quasi 10 euro al chilo ovvero cinque volte di più. Tuttavia, la comodità vince: i dati elaborati da NielsenIQ per Unione Italiana Food mostrano che, nel solo periodo gennaio-maggio 2025, le vendite hanno già superato i 440 milioni di euro. Le sole verdure rappresentano oltre 422 milioni, con un incremento del 2,3% rispetto all’anno precedente.

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Insalate monovarietali in testa

Il segmento frutta, pure essendo ancora marginale rispetto alle verdure, ha comunque totalizzato 17 milioni di euro, in crescita del 7%. Tra le preferenze dei consumatori spiccano le insalate monovarietali (+6%), mentre calano leggermente quelle miste (-2,9%). Positivo anche l’andamento delle verdure pronte da cuocere, con un +5,7%. Secondo il rapporto di Unione Italiana Food, oltre alla praticità, la IV Gamma si distingue anche per l’impegno ambientale. I prodotti, essendo già lavati e porzionati, generano scarti minimi al consumo. Ma anche la fase produttiva adotta pratiche sostenibili: impianti fotovoltaici, tecniche agricole a basso impatto ambientale, ridotto consumo idrico e niente pesticidi. Gli scarti di lavorazione vengono infine destinati principalmente all’alimentazione animale, secondo una logica di economia circolare. Tra le aziende di riferimento c’è Bonduelle Italia, ma il modello più avanzato d’Europa si trova alle porte di Milano: si chiama Planet Farm e coltiva verdure in vertical farming, all’interno di stabilimenti chiusi, con un controllo totale su luce, clima e qualità dell’aria.

IV Gamma e l’alta cucina

Planet Farm, fondata da Luca Travaglini e Daniele Benatoff, non punta solo alla quantità, ma anche all’eccellenza gastronomica. L’azienda è in grado di coltivare oltre 40 varietà di ortaggi e collabora con importanti chef per sviluppare insalate gourmet. Tra i nomi coinvolti figurano i fratelli Cerea che hanno firmato una ricetta a base di foglie di senape, rucola, tatsoi e lattughino biondo, accompagnati da scampi, arance, uovo pochè, mandorle caramellate e pop corn.

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