Origini antiche, pratiche sostenibili e risultati quanto mai attuali. Lโutilizzo della terracotta per conservare e affinare alimenti โ dal vino al formaggio โ risale agli albori della civiltร umana: spesso dimenticato, oggi torna a entusiasmare produttori, critici e pubblico. DallโItalia allโOregon. Nel mensile di febbraio del Gambero Rosso abbiamo dedicato uno speciale ad anfore, giare e altri contenitori ancestrali. Qui un assaggio.
โLโanfora รจ la piรน moderna tecnica di produzione enologicaโ. Categorico e risoluto, a parlare cosรฌ รจ Paul J. White, giornalista dโorigine statunitense e degustatore esperto, autore del sito Wine Disclosures e corrispondente per diverse testate internazionali. White era tra i relatori dellโinteressante (nei contenuti piรน che nel titolo) convegno โLa terracotta per unโenologia di precisione professionaleโ in occasione dellโedizione 2018 de La Terracotta e il Vino, manifestazione organizzata dallโomonima associazione e dallโazienda Artenova nella bellissima Fornace Agresti di Impruneta: una Toscana dove dalle ceneri dellโattivitร della terracotta artistica ormai in declino รจ nato un piccolo distretto specializzato nelle anfore da vino.
โSiamo tutti stanchi del legno, e di avere vini tutti ugualiโ prosegue White il cui pensiero โ afferma โ รจ corroborato dagli assaggi della giornata e da anni di reportage sul campo. Certo potrebbe sembrare una forzatura affibbiare lโetichetta di modernitร al materiale di conservazione degli alimenti piรน antico della storia, diffuso da pressappoco 2000 anni in quasi ogni angolo del pianeta. Come sottolinea lโarcheologo armeno Arthur Petrosyan dellโUniversitร di Yerevan, la nascita della lavorazione della creta e della ceramica ha coinciso esattamente con lโinizio della stanzialitร delle diverse popolazioni dovuta alle pratiche di allevamento e coltivazione. Come a dire: senza terracotta non ci sarebbero state robe tipo olio, vino, birra, garum โ solo per fare qualche esempio โ e viceversa, nรฉ tanto meno gli scambi commerciali che furono allโorigine di imperi e culture.
Eppure, ad assaggiare oggi i prodotti realizzati in anfora (o, piรน propriamente, in giare o altri recipienti di terracotta e materiali affini, anche se ormai si รจ affermata la terminologia imprecisa) sembra davvero difficile tacciarli di arcaicitร . E se degustando i vini nelle tradizionali marani (le cantine georgiane dove poco รจ cambiato negli ultimi secoli) si resta stupiti nel trovare vini di grande personalitร , eleganti, puliti e talvolta cristallini, assaggiatori mediamente allenati faticherebbero davvero a individuare lโesatta tecnica di fermentazione o conservazione dei vini piemontesi, emiliani, austriaci, francesi, greci, armeni, australiani, portoghesi o statunitensi presenti alla manifestazione toscana. Come quelli di Beckam Estate Vineyards, in Oregon, dove, ispirato dai vini di Elisabetta Foradori, nel 2013 Andrew Beckham ha avviato lโAmphorae Project, con la realizzazione in proprio di contenitori e contenuto.
Un tesoro di conoscenze, pratiche e manualitร che si perde dunque nella notte dei tempi ma che รจ stato a lungo abbandonato, per lo meno nella lavorazione delle uve. Lโunica area del mondo dove si รจ continuato senza soluzione di continuitร a usare le anfore di terracotta per fermentare il mosto รจ la Georgia, una delle culle mondiali del vino e a suo tempo designata dal Soviet Supremo a far da cantina per lโURSS. Altrove, dallโArmenia al Portogallo, la tradizione si รจ spenta in maniera repentina o in un lento oblio, per rispettare diktat esterni o esigenze commerciali dettate da stili di vita in mutamento.
E in Italia? Diffuse soprattutto come contenitori per il trasporto fin dallโepoca romana โ non solo per il vino, ma anche per grano e olio โ anfore e giare sono via via scomparse quasi ovunque; ne sono rimaste tracce, ormai desuete, per lo piรน legate a usi regionali come i capasoni pugliesi (piccole giare per il vino) o gli orci toscani per lโolio, abbandonati quando si รจ capito che per questo prodotto anche la minima ossigenazione รจ deleteria: meglio utilizzarli per abbellire cortili e cantine, con il loro fascino vintage.
Si deve a Josko Gravner, caparbio vignaiolo di frontiera โ quella tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia โ lโintroduzione e la successiva diffusione della terracotta per la vinificazione italiana moderna, a cavallo tra il vecchio millennio e quello attuale.
Josko sentรฌ parlare per la prima volta dellโuso delle anfore per il vino negli anni โ90 da un amico che lavorava al WWF, di ritorno da un viaggio nella Georgia appena uscita dall’ex Unione Sovietica. Dopo le prime prove con una piccola anfora fatta arrivare da lรฌ, ha dovuto aspettare il 2000 per potersi recare in Georgia ad apprendere le tecniche tradizionali che lรฌ si erano mantenute nel corso dei secoli, e altri anni ancora prima di poter dare avvio alla produzione di vini in anfora con le sue uve: allโinizio chardonnay, sauvignon, pinot grigio e riesling italico, per il mitico Breg in anfora; poi solo ribolla, per lui espressione principale del territorio dove รจ nato e dove lavora. Da allora, grazie allโincredibile profonditร dei suoi vini e alla sua aura di contadino dai modi bruschi e il pensiero raffinato, il nome di Gravner รจ diventato un punto di riferimento assoluto per il vino in anfora.
Molti sono stati i viticoltori di tutta Italia che ne hanno seguito le orme, chi in maniera filologica e dichiarata, chi sperimentando con materiali e tecniche di vinificazione o affinamento diversi e adattando il contenitore a uve e ai territori specifici: dalla Nosiola in anfora di Elisabetta Foradori allo Zibibbo in pithos dellโazienda agricola COS (acronimo dei cognomi di Giambattista Cilia, Giusto Occhipinti e Cirino Strano) a Vittoria, in provincia di Ragusa. Passando tra gli altri anche per le interessanti realtร romagnole raggruppate nel progetto AN son miga FORA, guidato da Carlo Catani (giร direttore dellโUNISG di Pollenzo e artefice di Io Bevo Romagnolo) con lโobiettivo di favore scambi culturali e di conoscenze tra i vignaioli locali e i colleghi georgiani.
Oggi la terracotta si dimostra idonea anche per altri prodotti, riprendendo usi antichissimi o magari trovandone di nuovi. Ha origini remote ad esempio il Conciato Romano, formaggio intenso prodotto nellโodierna Campania fin dai tempi dellโantica Roma, se non prima. Le forme ottenute da latte vaccino, ovino o caprino e caglio di capretto, di dimensioni non troppo grandi, vengono conciate (ovvero condite, trattate) con l’acqua di cottura delle pettole (tipica pasta fatta in casa) che lo ricopre di un sottile strato di amido, e poi con una miscela di olio, aceto, erbe e peperoncino prima di stagionare a lungo โ da 6 mesi a 2 anni โ in orci di terracotta fino ad acquisire un sapore pungente e persistente. Il merito va proprio alla condizione quasi totalmente anaerobica delle anfore che oggi sono smaltate allโinterno per motivi dโigiene ma hanno un tappo in sughero che permette una lieve ossigenazione. Cosรฌ il formaggio rifermenta e si mantiene umido, e dopo almeno nove mesi diventa cremoso e intenso; prima, invece, รจ appena piรน delicato e rimane duro, da grattugiare o tagliare in scaglie come se fosse un tartufo.
Nel mensile di febbraio il racconto continua con altri prodotti in anfora, quali grappa, birra o aceto.
a cura di Luciana Squadrilli
disegno di Marcello Crescenzi
QUESTO ร NULLA…
Nel numero di febbraio del Gambero Rosso, in questi giorni in edicola, trovate il racconto completo con tutte quelle aziende che hanno creduto nelle anfore e nelle giare per produrre formaggi, grappe, idromele, birre, aceti. Un servizio di 12 pagine che include anche i pareri degli esperti, dall’enologo al produttore di anfore, i diversi tipi di terracotta esistenti al mondo e i 16 vini italiani in anfora che ci piacciono. In piรน la testimonianza dell’archeologo Marco Valenti che racconta com’era la piรน antica cantina del mondo scoperta in Armenia e il viaggio nei secoli della terracotta a firma di Federico Geremei.
Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store
Abbonamento qui.
Niente da mostrare
ResetGambero Rosso SPA
P.lva 06051141007
Codice SDI: RWB54P8
registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novitร del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
ยฉ Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd