L’arresto del co-fondatore di Ben & Jerry’s durante un’udienza al Senato di Washington D.C. non è un’eccezione ma l’ennesimo capitolo di una vita dedicata all’attivismo, cominciata dietro il banco di una gelateria e mai davvero interrotta. Il 74enne imprenditore newyorkese Ben Cohen è stato ammanettato nell’aula del Senato mentre gridava: «Nella Striscia viene portato avanti con le nostre bombe un genocidio». Un’accusa lanciata durante la testimonianza del segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr., con cui Cohen ha voluto denunciare la politica estera statunitense e i tagli al programma Medicaid (assistenza medica gratuita o a basso costo a persone con basso reddito). «State uccidendo bambini a Gaza con le nostre bombe e tagliando l’assistenza sanitaria ai bambini poveri, qui». Il video del suo arresto, andato virale online, mostra un uomo calmo ma determinato, mentre viene strattonato e trascinato fuori dall’aula del Senato da agenti in divisa della U.S. Capitol Police. «Il Congresso deve allentare l’assedio a Gaza. Deve far entrare il cibo. Si deve dare da mangiare ai bambini che muoiono di fame», ribadisce davanti alle telecamere.
Fondata nel 1978 insieme all’amico e compagno di studi Jerry Greenfield, Ben & Jerry’s non è mai stata una semplice gelateria. Dal primo negozio a Burlington, nel Vermont, i due fondatori hanno costruito un’impresa che ha saputo fondere gusto e giustizia sociale, anticipando temi come la sostenibilità ambientale, il commercio equo e l’etica d’impresa. Una parte fissa dei ricavi – il 7,5% – è stata destinata a progetti sociali e l’azienda è tra le prime ad aver ottenuto la certificazione B Corp, a conferma del suo impegno per un impatto positivo sulla società e sull’ambiente. Il Benefit Corporation è un movimento globale di aziende che usano il business come forza positiva. La certificazione viene rilasciata da un ente no-profit internazionale, che valuta l’azienda secondo standard molto precisi su responsabilità sociale (come vengono trattati i dipendenti, le comunità e i fornitori), impatto ambientale (uso delle risorse, emissioni, sostenibilità), e poi trasparenza e governance (come vengono prese le decisioni e con quali valori). Anche dopo l’acquisizione del marchio da parte del gigante Unilever nel 2000, Ben & Jerry’s ha mantenuto un consiglio direttivo indipendente e la libertà di portare avanti battaglie politiche e sociali spesso scomode.
Ben & Jerry’s ha fatto dell’impegno politico una delle sue cifre distintive. Già nel 2016, ben prima dell’eco globale seguita alla morte di George Floyd, il marchio aveva pubblicamente dichiarato il proprio sostegno al movimento Black Lives Matter. Una presa di posizione che si è tradotta anche in iniziative concrete: nel 2020 è stato lanciato il gusto “Change the Whirled” (un gioco di parole tra la parola per “mondo” e il termine whirled, riferito al “vortice” di gelato montato sul cono) dedicato al giocatore di football americano e attivista Colin Kaepernick, con i proventi destinati a progetti per la giustizia razziale. Un approccio simile ha guidato la campagna per la legalizzazione della cannabis, con il motto “Legalization without justice is half baked” stampato persino sui furgoni aziendali. Non basta depenalizzare, sostiene l’azienda, se non si affrontano le conseguenze sociali della guerra alla droga, in particolare sulle comunità afroamericane.
Ben Cohen, anche dopo aver lasciato la guida dell’azienda, ha continuato a incarnare in prima persona i valori della sua creatura. L’arresto avvenuto pochi giorni fa, durante l’udienza al Senato USA per protestare contro i bombardamenti su Gaza e i tagli a Medicaid, non è un caso isolato. Già nel 2016 era stato fermato a Washington durante le proteste “Democracy Awakening” per la riforma del finanziamento della politica. Nel 2018, invece, fu arrestato nel Vermont per aver inscenato una protesta sonora contro il posizionamento di jet F-35 vicino a zone residenziali. Più recentemente, nel 2023, ha partecipato a una manifestazione contro la detenzione di Julian Assange, bloccando l’accesso al Dipartimento di Giustizia. L’ultimo arresto di Cohen a Washington conferma la coerenza di una vita intera spesa a dimostrare che anche un gelato può essere politico. E che a volte, per difendere i propri valori, ci si deve far portare via in manette.
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