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Una bistecca per domarli tutti: la Fiorentina cerca l’etichetta europea

La celebre costata toscana con l'osso a "T" punta al marchio STG, Specialità Tradizionale Garantita, per difendere la sua autenticità e per difendersi dalle imitazioni. Ma il percorso europeo è lungo e pieno di sfide

  • 24 Giugno, 2025

La Bistecca alla Fiorentina ha lasciato le griglie delle osterie per approdare nei corridoi istituzionali di Bruxelles. Nei giorni scorsi, Confcommercio Toscana, insieme a PromoFirenze e all’Accademia della Fiorentina, ha presentato ufficialmente la richiesta di riconoscimento come Specialità Tradizionale Garantita (STG). L’obiettivo è ambizioso: ottenere una tutela europea che ne codifichi la preparazione e ne difenda l’identità da imitazioni sempre più diffuse.

Non un territorio, ma un metodo da proteggere

A differenza delle denominazioni DOP o IGP, che vincolano un prodotto a un’area geografica, la STG si concentra esclusivamente sul metodo di produzione tradizionale. Secondo il regolamento europeo 1151/2012, infatti, per ottenere questo riconoscimento un alimento deve essere preparato secondo pratiche consolidate da almeno trent’anni, distinguersi chiaramente da altri prodotti simili e portare un nome tradizionale riconoscibile. La Bistecca alla Fiorentina, in questo senso, ha tutte le carte in regola: è documentata fin dal Rinascimento, legata alla festa di San Lorenzo, e ha attraversato i secoli mantenendo intatta la sua identità carnivora. Ma per Bruxelles non basta la storia: servono regole chiare, condivise e verificabili.

Una liturgia di fuoco e sangue

Chiunque abbia assaggiato una vera Fiorentina, sa che non si tratta solo di un taglio di carne, ma di un rito. La costata di vitellone o scottona, con l’osso a “T”, deve essere spessa almeno tre dita, cotta alla brace, al sangue, e mai oltre i cinque minuti per lato. Nessuna marinatura, nessuna salsa: solo carne, fuoco e rispetto. Eppure, in giro per l’Europa, proliferano versioni “libere” della Fiorentina: bistecche sottili, stracotte, servite senza osso o con carni di dubbia provenienza. È proprio contro queste contraffazioni che si muove la richiesta di riconoscimento STG.

Il nodo del disciplinare: tra Chianina e griglie a gas

Il vero ostacolo, però, non è la concorrenza estera, ma la definizione stessa di cosa sia una Fiorentina “autentica”. Il disciplinare dovrà stabilire con precisione ogni dettaglio: quali razze bovine sono ammesse (solo Chianina o anche Fassona e Maremmana?), quale tipo di cottura è consentita (solo brace o anche griglia a gas?), se il sale va aggiunto prima o dopo, se l’olio è ammesso. Non è affatto un processo rapido, basti pensare che la Pizza Napoletana STG ha impiegato anni per ottenere il riconoscimento, con un disciplinare minuzioso. Per la Fiorentina, il percorso si annuncia ancora più complesso, vista la varietà di interpretazioni locali e la sensibilità culturale legata alla carne.

Un rischio di riconoscimento “di facciata”?

Senza un disciplinare rigoroso e condiviso, il rischio è quello di ottenere un marchio poco efficace, facilmente aggirabile e incapace di proteggere davvero il prodotto. La STG, infatti, non impedisce che la bistecca venga preparata fuori dalla Toscana: ciò che conta è che vengano rispettati i criteri stabiliti. Ma se questi criteri sono vaghi o contraddittori, la certificazione rischia di diventare solo un’etichetta decorativa.

Una sfida culturale prima ancora che gastronomica

La Bistecca alla Fiorentina, del resto, non è solo un piatto: è un simbolo identitario, un patrimonio condiviso da allevatori, macellai, ristoratori e consumatori. La sua candidatura a STG è un tentativo di trasformare questa eredità in un valore riconosciuto a livello europeo. Ma per riuscirci, serviranno rigore, coerenza e la capacità di spiegare, anche a un funzionario belga, perché quella bistecca, cotta in un certo modo, con un certo taglio, è diversa da tutte le altre.

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