Il modello europeo

Buoni pasto fermi 8 euro: "Pranzo sempre più caro, aumentare la soglia esentasse"

Il buono pasto, pensato per tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori, rischia di fallire il suo obiettivo a causa dell’inflazione e di un valore esentasse troppo basso

  • 07 Luglio, 2025

Con il buono pasto da 8 euro la pausa pranzo rischia di essere sempre più una dieta forzata. L’importo esentasse, fino a oggi fissato a 8 euro per i ticket elettronici e 4 euro per quelli cartacei, copre ormai a malapena la metà del costo medio di un pranzo fuori casa, che si aggira intorno ai 12,50 euro. Una situazione limite che ha portato le aziende a chiedere un adeguamento anche in vista della prossima Legge di bilancio.

La richiesta di aziende e associazioni

A denunciare il rischio di un pranzo sempre più magro, spolpato da inflazione e caro vita, sono le imprese del settore e le associazioni di categoria che hanno rivolto l’accorato appello al governo per alzare la soglia di esenzione fino a 10 euro. Un innalzamento che vorrebbe replicare il modello europeo dove il valore esentasse medio supera gli 11 euro. L’Italia, infatti, è oggi ferma al tetto di 8 euro, aggiornato l’ultima volta nel 2020, che rischia di ampliare il gap danneggiando le imprese emittenti, i lavoratori e la filiera della ristorazione.

Un pranzo a metà. I numeri dei buoni pasto

Per circa 3,5 milioni di lavoratori che ne usufruiscono è diventato inevitabile integrare con denaro proprio la spesa per pranzare, vanificando così lo scopo originario dei ticket, ovvero di offrire una pausa pranzo senza gravare troppo sul bilancio familiare. Oggi, infatti, con un valore medio di 6,2–6,8 euro, i ticket risultano spesso insufficienti: solo nel 9% dei casi coprono integralmente il costo di un pranzo. Distribuiti da circa 150mila aziende e accettati in 170mila esercizi commerciali, il comparto dei buoni pasto genera oltre 4 miliardi di euro l’anno, sostiene 220.000 posti di lavoro e produce oltre 400 milioni di iva. Un eventuale potenziamento dell’esenzione potrebbe far crescere i consumi di circa un miliardo di euro, ma anche creare 14mila nuovi posti di lavoro, e 25?milioni di iva in più.

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