I ristoranti si svuotano, i mercati restano silenziosi e le botteghe chiudono prima del solito. Quello che sta succedendo nel cuore del Maryland, ma non solo, non è una crisi ciclica né un effetto post-pandemico. È la risposta diretta alla campagna di deportazioni avviata dall’amministrazione Trump, che da gennaio ha promesso un milione di espulsioni entro l’anno. Le incursioni dell’ICE, l’agenzia federale per il controllo dell’immigrazione, si moltiplicano: nei parcheggi dei centri commerciali, nei cantieri, nei ristoranti. I lavoratori migranti, si nascondono. E con loro sparisce anche la domanda: i consumi calano, le spese si riducono, la paura sostituisce la normalità.
Le politiche anti-migranti dell’amministrazione Trump e il clima di timore che ha scatenato, si riflette nella vita quotidiana di milioni di persone. Nel tentativo, infatti, di rafforzare il controllo delle frontiere, spiega un approfondito articolo del Washington Post, gli Stati Uniti stanno colpendo il cuore pulsante delle economie locali, ovvero la vita quotidiana di milioni di persone che, da decenni, reggono la base della produzione e dei servizi. Il risultato? Un effetto domino che sta già lasciando un segno tangibile sui numeri delle vendite, sulle abitudini dei consumatori e sulla stabilità stessa di intere comunità.
Non servono nemmeno più i bollettini economici per capire che in alcune città americane qualcosa sta cambiando. Basta entrare in un mercato di quartiere o passeggiare tra i tavoli vuoti di un fast food. La paura ha riempito lo spazio lasciato libero dai clienti. A Newark, in California, il supermercato latino è diventato un luogo silenzioso, con corsie deserte e scaffali ancora pieni. Lo stesso vale per ristoranti, negozi di abbigliamento e attività storicamente frequentate da comunità migranti. Anche chi è regolarmente presente sul suolo americano, vive nel terrore di essere fermato per errore, e molti preferiscono restare in casa, limitando al minimo le uscite pubbliche.
Secondo l’istituto di analisi Kantar, la spesa per cibo e bevande tra i consumatori ispanici è calata del 4,3% nel primo trimestre del 2025 rispetto all’anno precedente, e gli acquisti di beni non essenziali, come abbigliamento, sono diminuiti di oltre l’8%. Un andamento in netta controtendenza rispetto alla popolazione non ispanica, che ha mantenuto o addirittura aumentato i consumi in quelle stesse categorie. Le conseguenze di questa riduzione non si limitano al singolo quartiere: l’impatto macroeconomico è reale. Secondo l’Economic Policy Institute, nel 2023 gli immigrati hanno contribuito per il 18% al PIL statunitense, generando oltre 2.100 miliardi di dollari nel 2024. Ogni calo nei consumi di queste comunità rischia di avere effetti a catena sull’intera economia.
Se da una parte c’è chi evita di uscire, dall’altra cresce l’uso delle consegne a domicilio. In ristoranti frequentati da una clientela prevalentemente latina, le sale sono vuote, ma il numero di ordini da asporto è in aumento. Lo stesso trend è osservato da molte aziende: gli acquisti in negozio sono diminuiti del 9% nel primo trimestre, mentre l’uso di delivery e pick-up è salito di quasi 7 punti percentuali. Anche i colossi dei beni di largo consumo confermano il fenomeno. Keurig Dr Pepper e Burlington, per esempio, hanno dichiarato un netto calo di acquisti da parte del pubblico ispanico. In risposta, i clienti preferiscono prodotti a lunga conservazione, come zuppe in scatola e pasta, piuttosto che carne o alimenti freschi, nel timore di dover rinunciare a ulteriori uscite.
A peggiorare la situazione, c’è l’effetto valanga dei social network. Tra video virali, allarmi infondati e voci incontrollate, molte notizie si rivelano false, ma producono comunque paura. I commercianti cercano di fare da filtro, verificando prima di condividere, ma spesso è troppo tardi: la voce è corsa, i clienti hanno già cambiato abitudini, e la fiducia si è incrinata. Molti hanno costruito la propria attività pezzo per pezzo, credendo nel “sogno americano”. Oggi quel sogno sembra sbiadire.
Niente da mostrare
Reset© Gambero Rosso SPA 2025 – Tutti i diritti riservati
P.lva 06051141007
Codice SDI: RWB54P8
registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.