In Italia, lo spreco alimentare domestico continua a crescere: nel 2025 ha raggiunto livelli allarmanti, con un incremento del +17,9% rispetto all’anno precedente. Ogni cittadino butta in media 667 grammi di cibo ogni settimana, contro i 566 grammi del 2024. Lo certifica l’ultima indagine dell’Osservatorio Waste Watcher, presentata a Milano il 12 giugno per conto dell’IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati, alla presenza di Giorgio Donegani (presidente IIAS), Andrea Segrè (direttore scientifico dell’Osservatorio e fondatore di Last Minute Market) e Alessandra Baruzzi, coordinatrice nazionale di Lady Chef.
In un contesto tanto preoccupante, c’è però un dato in controtendenza che merita attenzione: i surgelati rappresentano appena il 2,2% del cibo sprecato settimanalmente. Tradotto in numeri, sono solo 14,9 grammi a settimana. Una cifra che conferma quanto il frozen food sia un alleato prezioso nella lotta allo spreco. Anche all luce dell’obiettivo europeo di ridurre gli sprechi del 30% entro il 2030.
Il motivo è semplice: i surgelati si conservano a lungo, sono porzionabili, già puliti, pronti all’uso e non hanno scarti. Caratteristiche che ne fanno una risorsa strategica, sia per il consumatore sia per l’industria agroalimentare. «Sprecare non rappresenta solo un problema domestico, ma riguarda l’intera catena agroalimentare – spiega Giorgio Donegani – I prodotti surgelati aiutano nella lotta al food waste perché riducono gli scarti in fase produttiva, ottimizzano l’uso delle materie prime e abbattono le emissioni. Con la surgelazione i nutrienti contenuti in un determinato alimento “si bloccano” e si previene lo spreco invisibile, cioè quella perdita di principi nutritivi inevitabile quando il cibo invecchia».
Il concetto di “long fresh”, ovvero cibo fresco a cui viene prolungata la vita utile – sostiene l’Istituto Italiano Alimenti Surgelati – si afferma così come paradigma virtuoso, in grado di conciliare sostenibilità e qualità.
Anche il congelamento domestico, se fatto bene, può aiutare a ridurre lo spreco. È fondamentale però rispettare alcune regole basilari. Gli alimenti cotti, ad esempio, andrebbero congelati entro 1–2 ore dalla preparazione, porzionati in contenitori ermetici, etichettati con data e contenuto. La conservazione media nel freezer di casa (a -18 °C) va da 1 a 3 mesi, a seconda del tipo di preparazione.
«I cibi cotti devono essere congelati appena raffreddati, non dopo molte ore – afferma la biologa nutrizionista Valeria Del Balzo – Solo così si evitano contaminazioni e proliferazioni batteriche prima del sottozero».
Una volta scongelati, andrebbero consumati entro 24 ore (se tenuti in frigorifero) e mai ricongelati senza un’ulteriore cottura. È anche buona norma riscaldarli sempre oltre i 75 °C. «Nel dubbio, meglio sempre riportare il piatto a una temperatura di sicurezza – avverte Giorgio Donegani nella sua veste di tecnologo alimentare – I 75°C sono sufficienti a neutralizzare la maggior parte dei microrganismi patogeni».
Anche per i surgelati industriali valgono buone pratiche: rispettare la catena del freddo, non superare la data di scadenza indicata e utilizzare metodi sicuri di scongelamento, come il frigorifero o il microonde.
«I prodotti surgelati possono essere conservati nel congelatore di casa fino alla data di scadenza indicata – sottolinea l’esperto di diritto alimentare Dario Dongo – ma è importante che la catena del freddo non venga mai interrotta».
Secondo Andrea Segrè, lo spreco è anche un segnale di fragilità culturale: «La soluzione non può limitarsi ai comportamenti individuali. Serve una svolta culturale: politiche pubbliche integrate, accesso a tecnologie efficienti, chiarezza sulle etichette e una pianificazione più consapevole da parte delle famiglie. I surgelati, in quest’ottica, diventano strumenti educativi: se usati bene, insegnano a gestire scorte e consumi». Nel corso della presentazione è emersa anche una critica ai CAM (Criteri Ambientali Minimi) che, pur ispirandosi alla sostenibilità, pongono limiti all’uso di alimenti surgelati nelle mense scolastiche e ospedaliere. «Una maggiore apertura ai surgelati nella ristorazione collettiva consentirebbe di ridurre perdite di cibo, costi operativi e impatto ambientale», è stato il messaggio unanime dei relatori nell’incontro di Milano.
La presentazione a MIlano dei dati dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher per IIAS (foto Food online)
Anche per la ristorazione – tra i settori più colpiti dalla carenza di personale e dalla necessità di standardizzazione – i surgelati possono rappresentare una risorsa ancora troppo sottovalutata. «Il sottozero deve trovare spazio anche nella ristorazione di qualità – afferma infatti Alessandra Baruzzi – Garantisce costanza, riduce gli scarti e migliora l’igiene. È un esempio concreto di sostenibilità operativa».
In conclusione, il cibo sottozero, se ben gestito, non solo non è “di serie B”, ma può rivelarsi una delle chiavi più intelligenti e versatili per ridurre sprechi, consumi e impatto ambientale. Serve solo una cultura diversa del consumo… e del tempo. E anche un salto di consapevolezza nei consumatori e di reset culturale.
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