Stati Uniti

"I dazi di Trump? Non è più tempo di essere diplomatici. L'Europa risponda in modo fermo". Parla Matteo Lunelli

Il ceo del Gruppo Lunelli non nasconde che a queste condizioni è impossibile avere una strategia negli Usa. E invita a guardare anche ad altri mercati

  • 14 Luglio, 2025

Basta porgere l’altra guancia a Trump. Dopo la notizia dei dazi al 30% per i prodotti europei, Matteo Lunelli, ceo del Gruppo Lunelli e presidente di Bisol1542 dice basta alla diplomazia: «Finora avevo pensato fosse giusto insistere sulla via diplomatica – commenta a Repubblica – ma dall’altra parte l’atteggiamento è cambiato, diventando aggressivo. Forse è il momento che l’Europa risponda in modo fermo. L’America è un alleato e un mercato importante, ma non si può porgere l’altra guancia sempre».

Ursula Von der Leyen – Donald Trump – 2020 – Official White House photo by Shealah Craighead

La fine del dialogo con gli Stati Uniti

«Se la posizione americana è questa, rischiamo di uscirne male, di essere completamente sopraffatti – spiega l’impenditore – Questa situazione potrebbe essere un’occasione per l’Europa di uscirne più compatta. Certo è assurdo pensare di incrinare un rapporto così antico e importante con gli Usa, ma l’Unione europea dovrebbe rispondere in modo più deciso. Ho sempre preferito il dialogo ma ora dovrebbero arrivare segnali di fermezza».
Pensiero condiviso da molti, in parte anche dal mondo sindacale. Non a caso, Coldiretti ha subito scaricato le colpe sull’atteggiamento arrendevole dell’Europa: «Purtroppo non possiamo che constatare, il totale fallimento della politica esercitata dalla Von der Leyen a danno dei settori produttivi e delle future generazioni. La Presidente deve spendersi per una soluzione vera, come non ha ancora fatto. In un momento delicatissimo per gli equilibri geopolitici ed economici globali, colpisce la totale assenza di coraggio e di visione strategica da parte dell’Europa».

Puntare su altri mercati

E sul futuro del vino Oltreoceano, Lunelli non nasconde le sue preoccupazioni, auspicando che i famosi tempi supplementari, prospettati dalla politica italiana, arrivino davvero: «A queste condizioni è difficile anche pensare a strategie. Magari c’è ancora spazio per un’azione negoziale. Sarò ottimista ma spero sia solo un passaggio della trattativa». Ma nel dubbio, meglio preparare un piano B: «Per il 2025 una parte delle spedizioni è già stata effettuata. Il 2026 ci preoccupa di più. Gli Usa erano il nostro primo mercato. Ora è necessario prestare maggiore attenzione a altre aree come Giappone, Cina, Corea, Vietnam, Tailandia e Middle East. Più vicino a noi, la Svizzera, che per la fascia alta è rilevante, come i paesi nordici».

 

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